Una fiamma introspettiva tra ossessioni e sacralità .Adrian Nazareno Bravi sulle orme di Caboto e lo strabiliante viaggio interculturale di un ragazzo alla ricerca del suo vero nome .

Esistono tante storie, tutte contengono al loro interno una loro magia ma poche possono considerarsi degli autentici viaggi straordinari. Se il regno che conosci è immerso dall’acqua non si può immaginare che proprio quell’elemento purificatore abbia un ruolo rappresentativo di condanna e salvezza è quando la bussola abbandona il nord che inizia un inesorabile giro di vite di cui non si conosce la vera rotta. Luce e tenebre filtrate da una finestra della camera e l’immersione nei libri fanno credere che tra i due mondi esista un ponte dialogico solido eppure spesso è partendo dal niente che si basa la costruzione del tutto. L’immaginazione può essere ancora nella disperazione ma anche un vortice oscuro nella pace e di tutto questo , Ugolino ne è ancora ignaro ma lo imparerà vivendo la più grande delle avventure. Si è sempre sfamato di libri ma non sa cosa possa celarsi nel termine fame quando entra in gioco il sangue della vendetta. Le acque che percorreranno saranno più fredde del Cocito e osserverà atti oltre il confine dello sbranamento. Inferno e Paradiso sono soltanto coordinati, l’uomo vive in un perenne Purgatorio in balia delle proprie ossessioni. Non sono le pagine di quel Gherardesca di cui si trova a portare il nome a segnare il suo destino bensì l’incontro con una nuova incarnazione d’Ulisse, l’ultimo il più pericoloso, quello che ormai non ha più nulla da perdere. Ugolino è un adolescente taciturno, una foglia d’autunno che deve trovare il suo colore. Nel suo piccolo mondo le parole hanno un senso, lui non lo comprende pienamente eppure si tuffa nel loro mare alla ricerca di una forma embrionale d’affetto che non riscontra nei genitori. Ogni volta che incrocia il loro sguardo, vede soltanto una notte senza stelle. La famiglia di Ugolino è impregnata di commercio, vuole fuggire da quel mondo e ricercare un posto da poter chiamare casa, perché quella in cui è cresciuto non lo è più o forse non lo è mai stata veramente. Un mondo cui sente di non appartenere ma in cui è inglobato, nella scacchiera commerciale è trattato come una merce di scambio. Non è il destino a fare scacco matto a Ugolino bensì il padre che compie un gesto strategico formalmente per salvare l’onorabilità del figlio ma in realtà difesa la sua poiché in quello sguardo spento alberga lo spettro della vergogna. Il protagonista è, infatti, descritto dall’autore come un moderno Polifemo. Il suo solo occhio è per lui e il lettore, l’unica finestra sul mondo ma nonostante ciò riesce a descriverlo senza alcuna opacità e in tutta la sua brutalità. Ugolino salpa su una nave per essere membro della nuova spedizione capitanata da Sebastian Caboto per raggiungere le Isole Molucche in Indonesia ma la Storia cinquecentesca narra che lì la ciurma non arriverà mai. Compirà, infatti, un folle volo spiegato perfettamente nel titolo. Ogni marinaio ha la sua Moby Dick e quella di Caboto è la più classica ma anche la più insidiosa: l’avidità. Con il suo animo avido di ricchezza e successo spingerà l’equipaggio oltre il confine della perdizione ma paradossalmente sarà lì che il giovane protagonista troverà il vero sé. Tra il paradiso immaginario e la fitta boscaglia sorge un fiume narrativo che unisce i due elementi ma per farli combaciare, il linguaggio deve spogliarsi di ogni artificiosità e ritrovare l’essenza di codice comunicativo per fondarsi su nuove basi. Pur mantenendo per tutto il romanzo, lo stile del diario di bordo l’autore attua un vero e proprio spartiacque: nella prima parte si ha una narrazione storico narrativa in cui riecheggiano i classici d’avventura, nella seconda un accurato resoconto antropologico. Questo accade perché il protagonista è catturato dagli Indios. Da questo punto in poi l’autore è come se analizzasse una celebre poesia di Kipling dal punto di vista narrativo e antropologico mantenendo inalterata l’eticità del componimento. Un romanzo quello di Bravi che per struttura ricorda le Cronicas de Indias invita l’uomo a eliminare ogni pregiudizio e ogni sovrastruttura mentale a favore di una cultura integrativa affinchè i tanti nessuno si sentano ovunque qualcuno. Il protagonista è sfigurato ed è un fattore importante per il suo viaggio interiore perché si confrontano due culture sulla marcatura delle diversità che può diventare uguaglianza solo se son tutti gli esseri umani a volerlo, riscoprendo il senso comunitario del vivere. Ugolino muore e rinasce in un posto che immaginava abitato da selvaggi, da esseri senza un dio e in cui scopre la pluralità del suo vultus. Un confine straordinario tra realtà storica geografica e fantasia, un connubio in cui con le dovute differenze l’autore fa vivere un suo alterego e compiono insieme una danza ritualistica tra la brace dei ricordi. Un uomo ritorna bambino e il bambino diventa uomo, i loro passi sono orme sulla sabbia che nessun mare potrà cancellare Un romanzo intrinsecamente spirituale oltre ogni credenza, cerimoniale di vita e di morte in cui è donata anche a chi credeva di non meritarla una nuova possibilità d’amare. Segnando un immaginifico orizzonte nel confine tra terra e cielo, onde e nuvole convergono in un solo nome .