L’amico armeno di Andrei Makine

L’amico armeno

Il narratore tredicenne vive in un orfanotrofio in Siberia durante i giorni del morente impero sovietico. A scuola, difende il nuovo arrivato, Vardan, dai bulli e lo accompagna a casa, in un quartiere malfamato e popolato da ex prigionieri, avventurieri e da una piccola comunità di famiglie armene, trasferitesi lì, a 5000 chilometri dal loro Caucaso natio, per stare vicini ai loro cari imprigionati nel carcere del paese. In questo “regno d’Armenia”, come viene ironicamente chiamato, spiccano figure magnifiche: la madre di Vardan, Chamiram; sua sorella, Gulizar, bella come una principessa; Sarven, il vecchio saggio. Vardan però passa molto tempo a letto, a causa di una misteriosa malattia; ma con il suo amico coltiva un sogno: trovare il tesoro di un monastero abbattuto, che potrebbe far arricchire tutta la comunità e permetterle di abbandonare quel luogo inospitale. Quello che per loro è un gioco attira però l’attenzione delle autorità sovietiche e le conseguenze saranno gravi per tutti.

Introduzione

Quante volte ci siamo fermati a osservare dalla finestra di una camera il cielo notturno sempre più scuro da farla apparire una notte senza stelle almeno fino a quando un piccolo bagliore lo colora. Era un miraggio dello sguardo assonnato e stanco da trasfigurare la realtà? Una dolce sirena cui si tenta di dare ostinatamente un volto, sfocato ormai tra le pieghe del tempo, al punto tale che si prova a indovinarne i contorni. La donna misteriosa sembra accennare un sorriso prima di tornare nell’oblio dei ricordi. Come soddisfatta della visione, può ritornare in quella casa a forma di guscio di noce, dove nasconde la concretezza passata e la sfera onirica in cui si è trasformata, mutazione genetica comandata dalla memoria, ma basta una chiave per riaprire il cassetto segreto ed ecco come una magia, ci si riappropria di tutto quello che si credeva perduto nei molteplici fotogrammi che segnano il percorso chiamato vita. Seguendo la scia dei ricordi che dal cielo torna sulla terra per arrivare a posarsi sul cuore come il riparo di foglie d’autunno che sperano di tingersi del color vitale anche nell’ultimo istante, prima di cadere stremate al suolo e abbracciare il sonno eterno. Arrivati a un ultimo atto, si desidera ardentemente indossare il vestito migliore perché è l’ultimo gesto per riassumere un’esistenza e renderla dignitosa. A volte però non è possibile perché l’angelo della morte coglie impreparati e compie, l’ennesimo gesto ingiusto . inutile arrovellarsi sui perché, non ce ne sono, ma ecco spuntare dal nulla dei fiori candidi, simbolo della purezza delle anime salite al cielo troppo presto. Circondati dal silenzio notturno, sembra possibile ascoltare le loro voci che insieme alla sirena denominata Infanzia intonano un nuovo canto. Un inno alla stessa vita e mentre l’uomo immobile li osserva incantato dal melodioso suono e dalla vastità del cielo si ritrova inaspettatamente a muovere impercettibilmente le labbra. La parola è quasi un sussurro ma cela al suo interno una forza traboccante di riconoscenza e speranza. Così i ricordi prendono il sopravvento e in una nuova notte d’ispirazione si tramutano in un romanzo ricco d’emozioni e sogni, pagine macchiate d’inchiostro e lacrime mentre si erige soltanto quella parola che nella sua semplicità si pronuncia con la voce rotta dall’emozione e non può che essere un sentito grazie.

Aneddoti personali

Sono molto felice d’iniziare la collaborazione tra il blog e La nave di Teseo con questo libro che fin dall’uscita avevo percepito come incantevole. Sentivo che c’era qualcosa di magico al suo interno e devo dire che la lettura breve ma molto intensa mi ha permesso di affermare che il mio sentore ancora una volta non si è sbagliato. Ho scelto volutamente d’iniziare con questo per un motivo particolare e cioè rompere il veto non scritto che si è creato ultimamente intorno alla letteratura a causa della guerra che sta giustamente monopolizzando le cronache. La letteratura non può soccombere anzi è la migliore arma che abbiamo per resistere. Non è giusto che da entrambe le fazioni gente comune e artisti pagani colpe che non sono certamente loro. Non bisogna compiere un secondo genocidio, altrimenti non possiamo sentirci meno colpevole di chi lo commette. Ci sono diversi modi per uccidere. Leggendo mi sono apparsi indistintamente quattro miei amici carissimi Angelo, Giovanna, Giovanni e Stefano e allora approfittando dei segnali, ho consigliato loro di leggerlo. Ringrazio l’ufficio stampa che mi ha dato l’opportunità di leggere questa perla che mi ha emozionato tantissimo fino alle lacrime e quando un libro tocco, le corde del cuore allora significano che ha trovato la sua casa .

Recensione

Che colore ha la fantasia e quanto può essere pericoloso anche sognare? Sembra impossibile invece è una dura e inaccettabile realtà. C’è chi può togliere anche la forza di sognare? Chi è quest’avversario in preda di un delirio d’onnipotenza ? È banale e sconcertante al tempo stesso perché l’uomo è il peggior nemico dei suoi simili. Dalla cima della montagna del suo egocentrismo guarda tutti infinitamente piccoli e laboriosi come formiche alla perenne ricerca di un riparo ma il nemico per dimostrare la bruta superiorità arriva prima e schiaccia tutto indistintamente. In queste pagine suddivise in otto micro sezioni, l’autore compie un viaggio tortuoso ma emozionante tra i ricordi di una’amicizia indelebile che come un fuoco arde incessantemente nel suo cuore. Lo stile nel suo magnetismo colpisce per la profonda delicatezza, come un pittore che si accinge a terminare la sua opera, compie le ultime pennellate con uno sguardo analitico al tutto che si sta mostrando al suo sguardo. Un romanzo attento anche ai contorni che separano terra e cielo nella scia del perduto orizzonte, perché lo sguardo vaga sempre oltre il conoscibile e il finito. Tra le pagine l’autore racconta un’amicizia magica che ha segnato la sua adolescenza, prendendo per veritiere le affermazioni pascoliane, Makine alimenta di nuova luce il suo fanciullino, proprio riecheggiando il periodo dell’astrattismo con inaspettata concretezza. Hans e Konrandin di Uhlmann qui cambiano pelle e diventano Andrei e Vardan ma la matrice emotiva resta la stessa. Lo scrittore tratteggia se stesso come un moderno Pecorin e il lettore esattamente come in Lermontov deve ricostruire l’intera figura. Andrei è un giovane siberiano colmo di sogni in cerca di un riscatto sociale e personale dalla condizione di senza. Ha il tipico sguardo di chi pensa di essere il solo a soffrire di questa marcatura Vardan lo sveglia da quest’illusione e la realtà irrompe nella vita di Andrei con disarmante atrocità. Attraverso Vardan l’autore conosce la storia del popolo armeno che continuamente lotta per una sua indipendenza ed evitare il genocidio. Così il protagonista conosce Chamiram e Gulizar che lo colpiscono per compostezza e seducente bellezza, mostrando il desiderio di conoscere territori fisici e immaginari fino a quel momento inesplorati. Entra in contatto con il saggio Servan e la sua “panchina d’accoglienza per le anime sole “ e il suo insegnante di matematica Ronin che si rivela uno dei personaggi più intensi del romanzo. Ponendo l’adolescenza come una terra di mezzo, quella di Andrei si popola di tutti questi personaggi solitari ma dirompenti che gli fanno comprendere che tutti sono costretti nella vita a portare un personale fardello e sono senza qualcosa o qualcuno. Tutti i personaggi sono mutilati nel corpo e nell’animo, portano valorosamente i rudimenti culturali ma rinnovano la propria identità nella loro impetuosa sopravvivenza. Non ha importanza se sei mutilato dalla guerra o dal destino, l’importante è essere vivi e Andrei deve imparare a prendere a morsi quella vita indipendentemente dal complemento di origine e provenienza che segna la sua esistenza. Solo così si rispettano i morti. Andrei diventa così l’ombra di Vardan, lo protegge dai bulli, gli sta accanto durante la malattia e insieme imparano il valore della reciprocità. Non esiste una scienza veramente esatta perché la visione del mondo muta in base alla prospettiva dello sguardo. Chi è Vardan? Questo è l’interrogativo che accompagnerà il lettore per tutto il romanzo , il giovane nel suo corpo gracilino racchiude diversi personaggi come ad esempio il candido sciasciano che sveglia le coscienze , Italo Orlando della Susani messaggero dei secoli che parla alle generazioni mostrando verità rivelatrici nell’ ignoto . Beth March dell’Alcott e Nemecek di Molnar che nella loro fragilità insegnano con dignità a non aver paura del confine sospeso tra vita e morte. La guerra sembrava uno spettro ma diventa tangibile quando colpisce brutalmente il microcosmo dei protagonisti. Come Asja Lacis che spiegava il teatro ai bambini russi mediante il combattimento, Makine si nutre dell’innocenza dei giovani e parla di sopravvivenza utilizzando un antico gioco: la caccia al tesoro. Bisogna sempre alimentare la fantasia soprattutto tra le macerie della disperazione. Andrei e Vardan non crede in Dio anzi come in Gosse lo spogliano dell’aurea mistica e spirituale e se il poeta britannico arriva a rivolgere le sue preghiere a una sedia qui diventa tale e quale a un uomo come loro. Per i due pirati improvvisati il tesoro diventa l’avventura della speranza cui aggrapparsi per non soccombere. Chi si salverà? In una biografia ambientata nei primi anni Settanta che dialoga con le generazioni e con tutte le epoche della grande Storia , tra povertà e miseria due giovani emarginati dalla società diventano un simbolo di rinascita per riuscire a toccare con un dito il cielo e tingerlo dei colori dell’ arcobaleno .

Conclusioni

Consiglio questo libro a tutti quelli che cercano una lettura molto attuale riuscendo a emozionarvi oltre l’immaginabile .

Voto

5/5

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