Aggiustare l’universo di Raffaella Romagnolo

Aggiustare l’universo

Ottobre 1945. L’anno scolastico inizia in ritardo. È il primo dell’Italia liberata e non è semplice ripartire dalle macerie. La maestra Gilla guarda con angoscia quei muri che fino a poche settimane prima alloggiavano nazisti. È arrivata a Borgo di Dentro per sfuggire alle bombe che martoriavano la sua Genova, e come tanti giovani ha combattuto e ha rischiato la vita, scommettendo sulla costruzione di un futuro migliore che altri compagni non vedranno. Ma ora non vuole pensare a quello che la guerra le ha tolto, e le ventitré allieve di quinta elementare che ha di fronte sono una ragione sufficiente per tenere a bada la tristezza. Al suono della campanella è rimasto un posto vuoto, in prima fila. La bambina a cui è destinato raggiunge la classe poco dopo, accompagnata dalla bidella e da un biglietto del direttore. Si chiama Francesca e arriva dal vicino orfanotrofio. È preparata, diligente, ma non parla e Gilla nei suoi occhi riconosce subito la tristezza di chi si trova solo in un mondo cui non appartiene. Per entrambe c’è stato un prima e c’è stato un dopo. Ma se Gilla del passato vorrebbe liberarsi, per Francesca è l’unico posto in cui desidera tornare. Perché lì sta la sua famiglia, quella per cui il suo nome era Ester e con cui viveva a Casale Monferrato, prima che i “provvedimenti per la difesa della razza” impedissero a suo padre di insegnare, a suo nonno di vendere stoffe, a lei e sua madre di condurre una vita degna di questo nome. L’ultimo ricordo felice di Ester è una gita sul Po. Dopo, solo la colpa di essere ebrei. Ora dei genitori non sa più nulla, e la speranza che tornino a prenderla, come le hanno promesso, l’abbandona un po’ ogni giorno. Gilla ha intuito cosa nasconde l’ostinato silenzio della bambina, e sa che per riparare ciò che si è rotto servono calma e pazienza. Le stesse che usa con un vecchio planetario meccanico che la sera aggiusta sul tavolo della cucina, formulando lezioni immaginarie per le sue allieve.

Introduzione

Quante lezioni s’imparano nella vita, non si smetterebbe di più contare e forse avverrebbe quel contatto infinito che collega terra e cielo in attesa di una risposta che tarda ad arrivare. Le più importanti sono però quelle che permettono ai vacui gusci di noce di riappropriarsi della propria consistenza. Una marmellata di parole tetre e oscure cui l’intriso significato è diventato ormai un brivido sulla pelle in mezzo alla torbida foresta che si disperde esattamente come la farina dei sogni e la polvere di stelle nelle notti in cui sparisce persino la luna. L’immaginazione a volte può essere pericolosa perché ti fa ricordare tutto quello che si è perduto. Mentre il dolore dilaga nel cuore e dal pentagramma, si diffondono note di nostalgie come fossero accorate preghiere, improvvisamente qualcosa nel meccanismo della sofferenza s’inceppa e mette in comunicazione una bambina e la sua maestra perché troppo spesso ci si dimentica della magia della scoperta che può diventare il canale della salvezza. La fiducia è quell’arma che difesa le ultime briciole d’umanità perché chi deve ricucire una ferita causata dal distacco dall’amore da esso può sempre ricominciare .

Aneddoti personali

Ho comprato questo libro ancora prima che fosse candidato allo Strega perché nonostante ne abbia letti davvero tantissimi, non mi stancherò mai di leggere storie sulla Seconda guerra mondiale che sanno anche regalare qualche emozione. In questi mesi è stato candidato al suddetto Premio ma sia io sia il mio amico Enrico che l’ha recensito prima di me sui suoi canali, ci meravigliamo del fatto che rispetto agli altri se ne parla relativamente poco. Nonostante non aggiunga nulla di nuovo è davvero un buon libro . Ḕ stata una lettura veloce ma intensa. Mentre leggevo ho avuto tre immagini fisse nella mia mente la mitica prof di scienze del liceo Gisella B. che in quegli anni è riuscita a far appassionare alla geografia astronomica un amante delle materie umanistiche come me. Una vera impresa ma ci è riuscita e i suoi insegnamenti mi sono ritornati utili per la lettura di questo romanzo. Le ultime due sono le mie amiche Clelia L . e Vincenza A. entrambi formidabili insegnanti che sono la perfetta incarnazione della protagonista. Questo è, infatti, il romanzo perfetto per loro e spero che lo leggano. Ringraziando davvero di cuore l’autrice per averlo scritto mi auguro che il libro sia letto da tanti giovani per non dimenticare.

Recensione

Un alunno del tempo è solo come un orologio che non sa mai l’ora canta Vecchioni in una canzone che tratteggia inesorabilmente l’inquietudine di un’epoca. Ogni secolo ha la sua e l’essere umano è sempre stato equipaggiato con armi, giocattoli e bottoni e la vita è il travagliato sentiero per comprenderne il corretto utilizzo. Sono strumenti di difesa contro un invisibile e insidioso nemico. I giocattoli sono la creazione e la relativa protezione dei sogni, le armi la difesa della carne e i bottoni i rattoppi per celare le ferite dell’anima. Nel periodo in cui le barche esistenziali sono alla deriva ci si rivolge agli insegnanti come un faro nella nebbia nei molteplici interrogativi senza risposta. Coloro che devono educare cioè tirare o condurre fuori attraverso un’accurata analisi della sfera interiore. Sanno che l’etimologia della vita è un battito che non può andare disperso e che per infondere speranza bisogna attraversare i canali del dolore. L’atto del generare è persino per i sentimenti una danza oscillante tra gioia e sofferenza. Nel 1946 non si possono insegnare i colori del buio a chi ne è il vivido ritratto ma l’orbita del cuore traccerà la via per eliminare la diffidente distanza tra lei e quei particolari pianeti che ammaliano con la loro magia soprattutto a luci spente. Per lei essere guida è una missione, è un destino scritto nel suo nome. Lei si chiama Virgilla e spaesata si chiede come possa trasformare il volto cruento dell’inferno in un accogliente paradiso nonostante le tangibili reti della fatiscenza. Loro non sono Dante ma un gruppo di principessine senza corona. A preoccuparla maggiormente è Francesca Pellegrini la bambina proveniente dall’orfanotrofio vicino, è molto dotata ma nonostante questa spiccata intelligenza le parole sembrano un eco lontana come il suo cuore. Un’indagine acuta e coraggiosa per scoprire il dolce e drammatico segreto di una bambina che comprenderà quando può essere emozionante la comunione di anime. Un romanzo delicato che narra accuratamente la storia degli ebrei e di Genova tra macerie e ricostruzione. La narrazione è divisa su due piani temporali quello della famiglia Sacerdoti e quella di Gilla e la famiglia Leone che s’intrecciano con i partigiani. Lo stile è semplice e scorrevole. Il libro ha un’impronta narrativa e didattica, tra le pagine sono inseriti documenti autentici che permettono al lettore di addentrarsi nei meandri della cultura ebraica e le limitazioni del periodo. Un romanzo in cui il mondo scientifico e quello letterario s’intrecciano attraverso l’incantesimo delle parole per rendere il cielo un meccanismo da tingere d’azzurro su cui cancellar le nubi. Per la propria difesa la religione si può convertire ma non l’amore che può mutare o restare inalterato nella sacralità del tempo. Un romanzo tenero sul candore emotivo di rigogliosi boccioli di toccante amicizia e taciuto amore. Una donna che sfrutterà i segreti del padre orologiaio per aggiustare le crepe del loro universo e il suo personale planetario per tracciare una nuova rotta. Un’insegnante e un’alunna che come una canzone di Renato Zero conoscono la poeticità del riscatto perché Gilla guarda Francesca e sente che può farcela a sconfiggere e ribaltare quella sorte maledetta e l’eredità più segreta è un ricamo della cura che le permetterà un giorno non troppo lontano di spiccare il volo ma intanto le donerà la certezza che tutti possono volare .

Conclusioni

Un libro toccante su una delle pagine più sanguinose della Storia

Voto

4/5

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