

Chi di noi non ha mai avuto l’istinto di partire senza una vera meta solo perchè sci si sente schiacciati dalle responsabilità , da molteplici doveri che uccidono i diritti d’esistenza recriminati dalla nostra coscienza allo specchio di un ‘immagine che fatichiamo a riconoscere come nostra. Ologramma di un presente effimero , promotore di un futuro incerto ma convinto narratore di un passante splendente . Tre voci che sembrano non uscire eppure emettono suoni concreti che diventano prima macchie d’inchiostro libere e indipendenti e poi trovano finalmente la forma per cui sono nati : il canto unitario del viandante .Un canto sofferto e solitario che parla a tutti senza distinzione di terra o epoca ,si muove silenziosamente seguendo l’armonia del cuore in subbuglio con la mente perchè insieme cercano di decifrare un ‘ emozione irraggiungibile . Un libro dove autori e lettori iniziano la folle corsa degli amanti nei meandri di un bosco oscuro ma allo stesso tempo cosparso della bellezza naturale che non è terreno ma è un eco infinito che ha l’arte di disegnare i molteplici schemi della memoria . La natura perde la bellezza angelica per compiere un viaggio apparentemente senza rotta ma che vuole in realtà dialogare col nostro io di filosofia e vita per trovare la chiave per emettere degnamente un nuovo respiro che si liberi di tutte le abissali ansie e trovi nelle stelle le sue risposte . Come Orlando in cerca di Angelica l’essere umano narrato in questi racconti raggiunge la pazzia perdendosi nell’ esatto punto in cui inizio e fine coincidono . Alla fine c’è solo un appuntamento che non può più essere rimandato ed è quello il momento esatto termina di narrare la sua storia. Lo scrittore non ha una verità universale in tasca e non è detto che seguendo le briciole di pane si ritorni a casa , perchè nel cammino si possono trovare uccelli pronte a mangiarle e confonderci nuovamente nel labile confine tra morte e rinascita . In questo libro diviso in nove racconti per tre sezioni si attua un processo analitico e metamorfico della sostanza vitale che diventa alito , parola , sussurro , suono immagine e ricordo ma in ognuno di queste forme ci ricorda soltanto quanto sia importante confrontarsi con se stessi . Tutto si ferma infatti nella nostra personale scogliera dei misteri perfettamente rappresentata da Stefano Bonazzi . Fermi come fotogrammi o istanti che gli autori tentano di catturare con pagine intrise di malinconica poesia e s varietà stilistica i personaggi stanno decidendo come affrontare il loro fine ultimo . Nessuno di loro può andare avanti così eppure chissà se in loro esiste ancora un barlume di vita . Per quale motivo tenere ancora accesa la luce fioca di una candela se risultano essere imprigionati nel silenzio della notte in quell’ oblio chiamato solitudine ? Questo è l’istante in cui s’ interrompe ogni racconto l’attimo in cui Narciso vede la sua immagine , Orfeo la sua Euridice ,un istante esistenziale che da solo ha la forza di cambiare tutto . Cosa fare a quel punto ? Restare fetmi nella scogliera ascoltando il vento che smuove i capelli? Compiere un ultimo passo per specchiarsi nel mare e con il viso rigato dal pianto lasciarsi annegare senza pensieri ? Oppure vedere per la prima volta i propri fantasmi e provare ad affrontarli mentre una fitta nebbia riempie il cielo assorbendo ogni possibile orizzonte . In ogni caso si rischia e si cambia . Non resta altro che avvolgere in un abbraccio il vecchio sè , fare riposare le stanche membra e permettere alla ritrovata consapevolezza l di raggiungere a nuova riva , dove il luogo lontano nella sua ciclicità è diventato ancora una storia da raccontare e spetta a noi scrivere l’atteso ed emozionante finale .