C’è un cadavere sui bastioni di Porta Venezia . Un cold case per la magliaia Delia
Introduzione
Siamo tutti burattini nelle mani di chi crede di essere semplicemente più furbo. La favola del lupo e dell’agnello che si ripete a ripetizione in un gioco forza dalle innumerevoli ripercussioni. Basta un solo attimo per perdere quella giovinezza che fa camminare leggiadri anche in un soffice letto di nuvole e coperte di sogni. Tutte magiche possibilità realizzabili in quel regno che all’apparenza che sembra fatato. Ciò che abbaglia con la sua inconfutabile bellezza nasconde in realtà celate oscurità. L’occhio lucente e torbido della verità che si perde nelle ombre intrappolando la fissità di un preciso istante negli abissi della memoria. Quando le acque si agitano, riportano antichi segreti che come detriti macchiano condotte che appaiono irreprensibili. Voci che con stravaganza e malinconia cantano di un passato che non è mai tale, quando nel silenzio dell’anima di un’esistenza beffarda e ingannevole si ode una misteriosa colonna sonora, l’unica possibile. Si resta impassibili, immobili come bambini di fronte allo stupore, alla meraviglia della scoperta se nell’aria riecheggia un suono impercettibile agli altri, ma non a te, quello inesorabile della colpa, perché non bisogna lasciare porte aperte col passato, anche gli spifferi potrebbero un domani scuotere la coscienza.
Aneddoti personali
Ho conosciuto Mauro molto prima di questo libro, durante dirette e commenti Facebook dei gruppi della Bottega del giallo e Il Covo della Ladra. Un uomo piacevolissimo con cui confrontarsi sulle letture e sulla vita è sempre un piacere perché ha il prezioso dono di farti sentire a tuo agio in ogni situazione. Ogni momento passato con lui è sempre arricchente e rappresenta veramente l’amico che tutti vorrebbero e dovrebbero avere. Per noi che in un modo o nell’altro lo conosciamo, è una grande fortuna. La prima volta che ho sentito Mauro, ho avuto l’impressione di conoscerlo da sempre ed è solo con le persone speciali che capita questo e ti soffermi a pensare cosa tu abbia fatto per meritarlo. Grazie a Barbara, Mariana e Manuel per averlo portato nella mia vita. Passa il tempo e la mia amica e collega Roberta mi parlava sempre della Frilli Editore ma io non scrivevo mai perché vedevo che già diversi blogger più navigati e importanti avevano la collaborazione, sennonché decido di seguire un po’ l’editore prima di propormi. Durante il Salone del libro Carlo è stato tra quelli che mi ha tenuto compagnia e così mi sono proposto. Grazie quindi anche a Roby per la caparbietà e i consigli è merito anche tuo se questa collaborazione è iniziata. Non potevo non iniziare da lui. Ho divorato il libro che mi ha divertito e regalato quella vena malinconica che solo le belle storie sanno lasciare .
Recensione
Avere vent’anni. Non permetterò a nessuno di dire che è l’età più bella della vita. L’ incipit del romanzo di Nizan disvela la malinconia intrisa in queste pagine. Una giovinezza che fugge via efferata senza che si faccia più prendere, perché nel frattempo è arrivato l’ultimo atto fatale, il canto strozzato di un cigno che vede la bellezza sfiorire, l’alito di vita dissiparsi nel nulla e nei solchi del terreno resta soltanto lui, un corpo inerme senza identità. Un corpo barbaramente ucciso che perde anche ogni umano aspetto e come una scolorita foglia autunnale ridipinge i colori del vento in attesa che qualcuno racconti la sua storia e lo riappropri della sfumatura giusta e vera della sua memoria. Nel nuovo e appassionante romanzo di Biagini la locuzione C’era una volta, non porta all’interno di un regno fantastico ma negli squarci di un tempo che fu. Racconta di un mondo intrappolato e abbagliato dal progressismo di ogni epoca. In fondo anche per Tommaso Marengon è stato così. Milano negli anni Ottanta ha rappresentato la nave progressista, dove tutto lo abbagliava e lo incuriosiva perché non aveva né conoscenza, né coscienza delle sue effettive possibilità. Tutto gli sembrava raggiungibile e alla sua portata, una divinità che arriva a sedersi sul trono dell’Olimpo ma si rivela un Prometeo che si scontra col fuoco delle sue azioni. Una luce del sole troppo accecante per chi lo vuol ammirare da vicino e così si annega nel mare della perdizione senza fine ma nemmeno un vero inizio. Nei trentuno capitoli con uno stile semplice e scorrevole Biagini con un ritmo serrato racconta la triste parabola di un giovane infatuato da giochi di bimbo che mai adulto lo faranno diventare. Quando il disincanto riscuote mente e membra per Tommaso, è troppo tardi, lui è una pedina, un burattino che solo con i fili muove i suoi passi. Un sentiero che non lo porta verso casa, ma lo invita a percorrere la selva più oscura della stessa notte. Milano lo seduce con un corpo suadente e velato di donna che fa toccare il cielo con un dito e lo tinge inaspettatamente di blu. L’autore per tutto il libro compie parallelismi con Pinocchio disseminando indizi e personificazioni tra le pagine. Come Collodi anche Biagini creando due alter ego tra passato e presente si affida al colore nero delle storie, al valore intrinseco della fiaba che non rassicura, ma ridipinge un universo pieno di uomini neri e streghe con sembianze metamorfiche mascherate di bontà. Un romanzo che ha nella ricerca identitaria e nel passato la cifra di riconoscimento. Toccherà alla simpatica magliaia Delia,perfetta raffigurazione di una realtà ancestrale e al fidato commissario Masini destreggiarsi tra luci e ombre di un cold case che nasconde un’agghiacciante e sorprendente verità dalle amare lacrime. Delia ritroverà per caso delle vecchie foto che le permetteranno di riavvolgere i fili della notte del destino ma ogni soggetto raffigurato cercherà di fermarla in tutti i modi. Il lettore s’immerge nel gelido e freddo inverno milanese del 1985, al centro dell’antico e storico divario tra ricchi e poveri e gli arrampicatori sociali nel mezzo. Delia compirà il gesto d’amore per regalare al giovane quel qualcosa di speciale cantato dal gruppo che vinse quell’anno Sanremo, magari nella vita bastasse mettere un se davanti alle emozioni. Posto che ognuno ha la sua balena da affrontare e che il nostro Pinocchio incontrerà le versioni maligne di Lucignolo, Gatto, Volpe e Fata, che ruolo avrà Mangiafuoco? E soprattutto chi è? Qui il celebre burattinaio è la nuda personificazione del lusso che nel suo astrattismo uccide ogni concretezza, mietendo solo vittime in un vero e proprio gioco al massacro. Un noir divertente ma amaro un po’ come la vita che nel fluire dei ricordi assomiglia sempre più a un’autentica fotoromanza.
Conclusioni
Consiglio questo giallo a tutti quelli che ancora non conoscono la magliaia Delia, un personaggio indimenticabile che qui risolve un’indagine spinosa capace di tenere incollati i lettori fino alla fine con ironia e argute riflessioni esistenziali .