Del nostro meglio di Carmela Scotti

Del nostro meglio

Introduzione

Che cosa accadrebbe se il frutto cadesse dall’albero senza il bisogno di una gravità perché è il taciuto a creare un allontanamento insormontabile? Di quelli che forse nemmeno il tempo potrebbe scalfire . Silenzi e parole nascono dalla stessa matrice: la ferita, per questo l’atto del vivere è una gara a premi il cui giudizio si basa sulla profondità. Non esiste però un confronto sul dolore, solo perché non vi sono sofferenze piccole e grandi ma solo l’adattamento alla sofferenza. Ci si adatta per non soccombere ma il pericolo è dietro l’angolo quando tutto si muta in una crudele abitudine. Se il gusto delle lacrime diventa abitudine allora vuol che dire si è smesso persino di vivere. Il cammino è lungo e tortuoso ed è un gioco di specchi tra affidare e appartenere, due verbi che giocano una partita a scacchi al buio contro il destino che nonostante tutto attende silente la sua occasione per beffarsi del soggetto di turno. In realtà entrambe le azioni celano la loro complessità perché l’affidarsi agli altri è un bisogno ma anche un pericolo quando amore è sempre stato un termine evanescente racchiuso tra le pagine di un dizionario di cui non si comprende il significato . Come fosse una lingua straniera, eppure si possono essere stranieri anche all’interno del codice familiare in quanto relazione e reciprocità si cestinano autonomamente. Le parole da dire sarebbero così tante eppure muoiono tutte prima di nascere e s’insediano nella gola dei segreti, quella casa in cui anche gli odori profumati e stantii smettono di essere tali. L’appartenenza invece cammina a braccetto con la radice, spesso per rabbia e delusione, si vorrebbero estirpare ma lì si apre il bivio emozionale secondo cui la gioia è un sentimento collettivo mentre la sofferenza, un fatto rigorosamente privato che se scoperto si vive come un oltraggio alla propria anima. Sempre se esiste qualcosa che si possa definire veramente nostro. Così il bambino di ogni età cade e piange ininterrottamente alla prima vista del sangue grida ma la richiesta d’aiuto resta inascoltata si perde nel vento proprio mentre si alza e ricade nuovamente perché il gioco della sopravvivenza si resetta ad ogni caduta e la vera difficoltà è ricominciare con il peso di una ferita in più .

Aneddoti personali

Questo è il primo libro che leggo dell’autrice su  consiglio  della cara Camilla che mi ha contattato . Ḕ stato un viaggio che ho dovuto centellinare perché è un romanzo che inevitabilmente sconquassa quando inizi a pensare alla fragilità dei rapporti   umani che mostrano tutte le crepe se non curati quotidianamente.   La  parola  colpisce   come   lama  introspettiva ,e  non   nego  di   aver   subito  un  ‘  alternanza   emotiva  di  amore  e  odio  con  tutti  i   personaggi   tranne  con     Dora     che  invece   ho   amato   per  il  suo   portare  luce  e  brio  anche   all’  interno    della  caverna   più  buia  .  Parla tanto di musica ed io ho avuto per tutto  il   tempo nelle orecchie, l’ultima struggente canzone di Paola  Turci    Fiore di ghiaccio parto da questo brano per provare a raccontare nella recensione tutte le emozioni che mi ha regalato di cui l’essere rappresentata dalla mia amica Silvia è stata la ciliegina su una buonissima torta che anche quando lascia il sapore un po’ amaro del cioccolato  fondente non smetteresti mai di mangiare .

Recensione

Tutte le famiglie felici sono uguali, ogni famiglia infelice lo è a modo suo. Un incipit glaciale che cela al suo interno una squarciante verità. Si ha sempre paura di vederla negli occhi questa donna che rovina gli equilibri senza invito. Eppure su cosa si basa un equilibrio se basta una piccola scossa per scuoterlo dal torpore della quotidianità? Ogni relazione si fonda sulla fragilità , menzogne edulcorate intrise di zucchero a velo finché qualcuno non recita la formula e avviene il disincanto . Tutti siamo eroi e il nostro superpotere nascosto è riuscire a sopravvivere nel sentiero impervio della vita. L’essere umano si aggrappa alla radice d’appartenenza quando per ogni caduta perde l’orientamento della sua bussola, convinto che sappia la direzione, mentre è vittima di un incessante sbandamento. Che cosa accade se però quella corda di violino sembra non suonare armonicamente col tutto? Sembra quasi di assistere attoniti alla replica della serie in cui la calda e rassicurante voce della Sandrelli invita il telespettatore ad essere parte integrante di quella grande famiglia ma poi le parole si scontrano apertamente col cigolio del cancello e si comprende che qualcosa stride ed è nell’ ingranaggio che va cercato l’inconfessabile segreto . Anche se la notte prima di addormentarsi si leggono le fiabe si è sempre soli ad affrontare il buio, perché l’isola che non c’è un’idealizzazione mentale e nessuna polvere fatata può salvare dall’avvolgimento delle tenebre. Tutti imbellettati, manichini ingessati col sorriso migliore per lo scatto della memoria che sbiadisce nella nebbia dei ricordi. Eppure a un certo punto per Claudia si è aperto il sipario dell’apparenza ed è rimasta travolta dal teatro degli orrori. Per lei però non è finzione e il suo canovaccio è pieno di cancellature e lacrime. Buchi sulla pelle, ferite indelebili di un’adolescenza sgangherata, come forse lo è stata tutta la sua vita perché dalle reminescenze scolastiche ricorda che il libro di grammatica parlava di un complemento di origine e provenienza, magari fosse così semplice per comprendere quella della sua perenne infelicità . Ḕ un percorso tortuoso che il lettore compie per dare un significato ai cardini di quel cuore malandato che nel nome di Fausto e Caterina continua a battere e non bastano Dora e Nina a portare la primavera se prima non si è superato il conto aperto con l’inverno. L’autrice compie un’acuta introspezione sul senso di colpa e sull’imperfezione perché spesso anche questi come la verità possono essere distorti. Non c’è comodità per la coscienza, è così che la prorompente voce richiede ascolto. Lo stile è sia povero sia arricchente secondo le esigenze narratologiche ma non rinuncia mai a una tagliente caratterizzazione. Donne allo specchio in un’ alternarsi di ruoli chi è la madre? Chi la figlia? Interrogativi che s’incrociano in un antagonismo cieco e irrisolto che aspetta la carezza nel vento come un telo del perdono sugli errori commessi. Ognuno dà la caccia alla sua Moby Dick e nella rappresentazione di quell’ossessione è destinato irrimediabilmente a perdersi. Il romanzo è un climax incandescente sulla rabbia, perché ogni essere umano ne cela il volto. Fausto è un medico stimato e irreprensibile questo controllo maniacale trova la valvola di sfogo in Caterina, in questo poligono relazionale che hanno instaurato e spera di espiare col morboso desiderio di paternità e nel regalare a quello scricciolo tutta l’amorevolezza di cui ha bisogno. L’autrice mostra tutta la fragilità di Caterina attraverso le sue molteplici ambiguità. La donna in qualche modo si ciba della violenza di Fausto perché come canta Nina Zilli per lei “ non sono più lividi, ci gioca” ma ogni gioco contiene la sua trappola. Lei è disposta a tutto pur di dare un figlio al marito ma non è pronta ad accettare di portare in grembo una bambina perché quella creatura col minimo sforzo ottiene tutte le attenzioni che lei non ha mai avuto da quell’ uomo che sembrano contendersi . Una donna che annega nelle apparenze e nelle frustrazioni ma che al culmine dell’esasperazione compie un gesto che segnerà per sempre la vita della figlia. Dai fiori del disamore non possono germogliare sentimenti ed è da questa complessa macchinazione che nasce Claudia, voce narrante di donna nel cuore di bimba. Un personaggio a fasi. Nessun Orfeo tenta di salvarla dagli Inferi bensì Viò un’amica ribelle e Dora una zia hippie che prende a pugni le delusioni e la stessa solitudine con i colori della sua spensieratezza. Per Claudia il romanzo è un viaggio d’iniziazione che parte dai confini della morte per raggiungere la vita. Una moderna Sandy dai mille colori che continua a disegnare sul muro la madre come una signora Trudy con lo sguardo di Ursula la spietata Strega del Mare e nel viso cerca affannosamente i contorni. Nel loro disgiungimento anche le voci dei fiori di ghiaccio possono emozionare, mentre parte una nuova playlist in cui le note ci ricordano che “ bisogna imparare ad amarsi per perdonarsi “ e questi pianeti distanti si scrivono nonostante la pessima grafia, ma la parola “ scusa “ continua a restare lì sospesa nelle pieghe del tempo .

Conclusioni

Un’autrice dallo stile indimenticabile per un romanzo che tocca le corde più segreto dell’animo umano.

Voto

4/5

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