Dopo la Tempesta di Daniele Sartini

Dopo la Tempesta


Viareggio, giugno 2019. Sono passati dieci anni dall’incidente ferroviario che causò 32 morti e 25 feriti. Sauro Lucchesi e suo zio Osvaldo Baglini sono i superstiti di una famiglia che la Tempesta, come il Baglini ha ribattezzato l’incidente, si è portata via. Sono uomini di generazioni e abitudini diverse, costretti a imparare a conoscersi, a convivere per provare a spartirsi il peso del dolore. Sauro inaugura la sua agenzia investigativa. Osvaldo, impiegato di polizia ormai in pensione, lo aiuta nella prima indagine. Quella che sembra una semplice investigazione, commissionata da una donna per il presunto tradimento del marito, si rivelerà essere il frammento di una vicenda molto più grande e pericolosa. Durante questa loro prima indagine, che si svolgerà tutta a Viareggio e nelle località limitrofe, Sauro e Osvaldo dovranno fare i conti anche con le ferite che condizionano tutte le loro relazioni. La Tempesta si aggirerà ancora per le strade di Viareggio. Avrà le gambe di chi è rimasto. Di chi è consapevole di “essere più morto dei morti veri”.

Introduzione

Un susseguirsi di voci che nelle notti d’estate riecheggiano nell’aria interrompendo l’eterno   riposo.    Ogni voce ha il suo assolo che termina ogni anno prima   che sia suonata l’ultima nota, quella in cui persino il cuore più indomabile s’incrina un po’. Lacrime di dolore solcate nella roccia dell’anima. Un masso che resta impassibile nelle pieghe del tempo mentre ogni elemento sembra disegnare quei dieci, un’infelice maledizione che sembra aver dato  un  calcio a tutta quella piccola straordinaria felicità che era la loro quotidianità. Un’intera popolazione colpita dal dolore che sgorga dalla stessa matrice ma muta la sostanza dei contorni. Immagini nitide che hanno ormai l’amaro profumo dei ricordi.  Passi scanditi dal fragore delle onde, una nenia avvolgente che imprigiona il cor ragazzo nel silenzio della notte.   Tiepida carezza alle vite sospese. Si continua a tessere la tela inevitabilmente ma nulla è più come prima perché ogni istante è racchiuso in una miriade di ormai che aspettavano seduti sulla loro panchina che qualcuno li raccontasse con malinconica poesia in un congiungimento tra biografia e attualità che arriva al culmine mostrando del reale il suo lato più oscuro. A chi ha la fortuna di poter ancora raccontare perché sopravvissuto a un’immane tragedia l’oscurità non fa  paura perché di quest’ultima ha conosciuto il vero volto .

Aneddoti personali

Quando ho visto questo libro sul sito della casa editrice mi sono subito innamorato della suggestiva copertina, poi mi sono addentrato nella sinossi e mi ha totalmente rapito. Una volta ricevuto mi sono messo subito a canticchiare quella canzone del 1988 in cui Marcella raccontava una storia d’amore abbastanza travagliata racchiusa nel ritornello “ tu cuore non hai ma dopo aspetto che ritorni contando tutti i giorni .” Qui però c’è tanto cuore perché tutto nasce dalle ferite non ancora rimarginate, di quelle che non si scorderanno mai. Per me questo è stato il romanzo delle sorprese, innanzitutto perché aprendolo ho trovato la bellissima prefazione della mia amica Gaja Cenciarelli e poi più di tutto la storia e lo stile di Daniele. Era il primo che leggevo di quest’autore e mi ha conquistato perché pensavo che andasse in una direzione e invece mi ha condotto fino alla fine tra gioia, risa, rabbia e commozione nella sgangherata quotidianità di questi due protagonisti indimenticabili cui auguro lunga vita. Mi sono divertito ed emozionato tantissimo e spero di sapervi trasmettere tutto questo nella recensione.

Recensione

L’essere umano si caratterizza per la sua intransigenza e la prova più complessa è donarsi una seconda possibilità anche quando il destino la pone. Eppure è un altro l’abbraccio o il suono della voce che vorresti sentire, non ci si accorge nemmeno della mano tesa perché quel braccio non è il suo. Le scale non erano arrivate nemmeno a un milione quando il suo leggiadro passo danzante ha mutato direzione e il ronzio dell’amore è cessato di colpo. Il fischio di un treno che ha distrutto immaginazione e quotidianità. Restano brandelli e squarci di luna per i gusci di noce senza domani. Anime intrappolate nella foschia che non riescono più a cogliere la cangiante bellezza della natura perché sono pupazzi di neve con la coperta di foglie d’autunno. Non hanno più nemmeno la forza di piangere perché le lacrime cadono come pioggia sull’umida terra. Gocce che toccando il suolo si cristallizzano come il profumo incessante dei ricordi. La nitidezza del cielo abbraccia la montagna e si perde nel fragore delle onde mentre il sole fa sentire la sua presenza nella spiaggia dell’assenza, i primi piedi nudi corrono verso l’immaginifico orizzonte, segno indelebile che è sopraggiunta per non dimenticare un’altra estate. Nella duplicità del vivere è uguale e diversa alla precedente come le altre fino allora. Se solo si potesse riavvolgere il nastro e riportarlo a quel giorno che è stato alba e tramonto di tutto, un quadro intriso d’amore e di morte. La fatalità non è un superpotere ed è per questo che la sopravvivenza ha un retrogusto amaro che troppe volte si scontra con la mancanza. Una di quelle che prima si credeva fosse una semplice e stupida canzone d’amore, pagheresti tutto l’oro del mondo per risentirla ancora una volta, ora che è rimasto soltanto un grido strozzato di gabbiano. A raccontare la cruda essenza di tutto questo ci sono Osvaldo e Sauro due antieroi, il nudo ritratto di ciò che resta della loro famiglia, mimesi involontaria della sofferenza. Nonostante la drammaticità l’autore cosparge il romanzo di velata ironia. Un’arma introspettiva che diverte ma scava nel profondo mostrando ai lettori il volto dell’abisso. Il giovane Sauro Lucchesi ha deciso di aprire un’agenzia investigativa privata denominata Sip ad aiutarlo lo zio Osvaldo Baglini poliziotto in pensione. Nella loro prima indagine si ramifica un legame solido ma ricco di sfumature che aprono un varco ai confronti generazionali. Ricevono la chiamata di una moglie che chiede di pedinare il marito, sembrerebbe un banale tradimento ma è il focus per trattare una piega sociale torbida e di estrema attualità. Lo stile è variegato, il ritmo scorrevole l’autore converge magistralmente sia il comico sia il tragico affinando il tutto con quella malinconia esistenziale che scardina i cuori. Osvaldo in particolare è tratteggiato come un moderno Schiavone, un uomo più anziano del commissario manziniano ma con cui condivide acume e verve. Nei vari capitoli si sussegue una saggezza popolare disarmante che diventa lo strumento per sciogliere l’intricata matassa. I temi fondamentali sono la sopravvivenza e il ritorno ad amare, perché un battito talvolta può risvegliare dall’apatia e ricordare che esiste per tutti una nuova mattina. Dopo la tempesta si può collocare come noir mediterraneo ma è soprattutto una danza di corpi rotti che nel loro ultimo ballo tentano faticosamente di ricomporsi. Come fosse il verso di una poesia vola nel limpido cielo un albatro racchiudendo nelle ali e nella voce tutta l’umana solitudine separando definitivamente terra e mare e il loro dolore si muta in una silenziosa preghiera che ancora aspetta la sua risposta .

Conclusioni

Una trama intrigante, due protagonisti profondamente umani per un noir capace di divertire ed emozionare talmente tanto  che non  riuscirete a dimenticare .

Voto

5/5

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