Feuilleton milanese a tinte noir. Fotogrammi d’empatia per il commissario De  Vincenzi

L’articolo 3 della nostra Costituzione ricorda che tutti gli esseri viventi, in quanto tali, sono uguali di fronte alla legge senza distinzione alcuna. Troppo spesso però ci si accorge che il tempo della burocrazia rallenta quella della giustizia e non sempre dopo il tramonto si arriva a vedere una nuova alba. L’autore con questo nuovo romanzo non vuole solo regalare ai lettori qualche ora d’allegrezza ma fare in modo che anche attraverso la lettura si riacquisti il senso civico e la fiducia nelle istituzioni che negli ultimi anni si è un po’ perduta. Si può parlare di convivialità e condivisione solo se nell’animo è ramificato l’albero della gentilezza. Tutto il corollario di personaggi che si divide tra realmente esistito e inventato si specchia negli occhi del protagonista e non solo impara a vedere il mondo con occhi diversi ma percepisce nello sguardo uno scintillio d’umana comprensione. Lo scrittore riprende il principio base su cui si fonda lo ius ovvero l’equità e lo rende il tratto distintivo del suo protagonista, mostrando così che un altro volto della giustizia è possibile. Il colore della giustizia in questa pagina è quello delle emozioni .Dietro ogni storia c’è un raffinato lavorio per quanto riguarda la ricerca storica veramente accurata al punto da creare un ponte dialogico tra fantasia e verità. Vi ricordate i romanzi a puntate? Tutti quelli appartenenti alla nostra adolescenza erano pubblicati inizialmente in questa modalità E allora prendete un po’ dello spirito avventuriero di D’Artagnan o il senso di vendetta di Edmond Dantes , aggiungete un pizzico dei drammi familiari dickensiani e per finire condite il tutto con le pennellate crude e vere di Balzac e avrete Il mistero della torre del parco . Beh Crovi in realtà attua una mossa letteraria ancora più raffinata di ciò che è stato detto finora. Nei romanzi ha sempre utilizzato il crossover poiché gli appassionati del genere sapranno benissimo che in realtà il commissario Carlo De Vincenzi è nato nel 1935 dalla penna di Augusto De Angelis , qui l’omaggio assume però le caratteristiche di un escamotage meta teatrale L’autore fa in qualche modo dialogare Augusto e Carlo come fossero un padre e un figlio che scambiandosi metaforicamente ogni qualvolta il ruolo dibattono idealmente sulle questione umane arricchendole di parallelismi letterari e filosofici . Il materiale su cui però entrambi preferiscono attingere è la vita quotidiana. Nonostante un divario generazionale, i due hanno delle verosimiglianze. Come nelle opere pirandelliane il personaggio si ribella all’autore, rivendicando una propria autonomia in nome di un’agognata libertà che però si rivela un cielo di carta. Basta un soffio per farlo crollare e mettere autore, personaggio e l’umanità intera di fronte alle proprie limitazioni. Ed ecco entrare in gioco Crovi perché la partita di De Vincenzi è tutt’altro che finita. La sua autonomia si caratterizza per una quotidianità solitaria e piena di ossessioni che si dissolvono solo davanti alla tavola imbandita di pietanze preparate dalla portinaia Matilde Maria Ballerini. Il loro rapporto ricorda un po’ quello tra Luigi Ricciardi e Rosa, Matilde è una donna semplice ma dotata di acume e gentilezza e De Vincenzi le fa leggere in anteprima i racconti per ricevere un suo insindacabile giudizio. Sono tutti episodi di cronaca nera cui il commissario ha assistito che tracciano un preciso ritratto della Milano degli anni Venti e Trenta del Novecento occupandosi di ogni classe sociale. Fotogrammi d’empatia che permettono al simpatico personaggio di risolvere le situazioni intricate in cui si trovano invischiati tra gli altri Benito Mussolini, Umberto di Savoia, Alfred Hitchcock, Antonio Gramsci. Il tema centrale dei racconti è quello della memoria e dei ricordi, di quanto loro possano essere pericolosi. Non tutti, infatti, possono emergere o essere trascritti. Ci sono riferimenti espliciti alle stragi che videro coinvolta Milano e non solo. Teatro d’orrore e di dolore che vede ancora una volta pagare il popolo che qui rialza la testa e si riprende la scena. I protagonisti sono, infatti, nuotatori, barcaioli, ladri, militari, padri, figli che raccontano al commissario la loro storia nera poi Carlo e Luca per dirla alla Morbidelli donano a ognuno di loro ma anche ai lettori un naso rosso. Il mistero della torre nel parco è un romanzo d’appendice atipico perché si tinge di tinte noir e ci ricorda che esistono due tipi di clown quelli che fanno ridere e quelli che fanno piangere ma entrambi pur avendo funzioni diverse nascono dalla stessa matrice emotiva: la malinconia. Solo se una storia è malinconica, può sopravvivere al tempo e sconfiggerlo. De Vincenzi non può morire perché ha imparato a imbottigliare fama e morte il segreto è dissacrarle con una risata. In fondo come si dice, la fantasia distruggerà il potere e una risata vi seppellirà. E mentre diamo il volto ancora una volta, dell’indimenticabile Paolo Stoppa al commissario leggiamo queste nuove avventure che fanno tanto bene al cuore perché raccontano una realtà in cui il male è sconfitto e vincono ancora i buoni sentimenti .

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