Il bosco di là di Lorenzo Marone

Il bosco di là

Matteuccia porta con sé un segreto e sul corpo ormai vecchio ha cucite le cattiverie della gente, come tante punture di spillo. Ha passato gli anni dell’amore a fare la guerra, insieme a sua madre Angelina e all’amata amica Gentile. È stata partigiana per necessità più che per scelta, ha fatto parte di quella generazione per la quale compiere il proprio dovere val più di qualsiasi atto d’eroismo. Era staffetta, portava agli uomini nel bosco viveri, medicinali, armi, comunicazioni, ma non s’era mai sentita guerriera, vedeva le cose a modo suo. Alla fine del conflitto non ha più trovato la voce e s’è ritirata dal mondo degli uomini, preferendo andar dietro l’invisibile. Sin da bambina ha imparato a conversare con il vento e il temporale e nei momenti di stanca torna a rifugiarsi sotto la grande quercia, nel bosco di là, come lo chiamano quelli del paese, che la considerano una comunista, una femminista, una matta, perché ormai in pochi si ricordano del passato che si porta dietro. Quel passato che le ha tolto la parola e la segue come un’ombra scura da una vita intera. Quel passato che ora è venuto a presentare il conto.

Introduzione

Accanto a te non ho paura, una promessa d’amore eternamente riconosciuta tra una quercia e una donna. Si specchiano e si osservano con gli occhi dell’anima raccontando i dolori più intimi. Una dalla terra è nata, l’altra ne ha avuto cura fino all’ultimo respiro, però un cerchio magico invisibile le legherà per sempre, sono alla ricerca di un attimo di pace ma è solo una vana speranza, perché entrambe conoscono profondamente il mondo degli uomini e sanno che non è possibile. Fino a quando serpeggerà il seme dell’egoismo libero di riprodursi autonomamente, sovrastandosi l’un l’altro uccidendo ogni attività di cooperazione. Un canto di libertà strozzato dal pianto che si perde nell’infinito e nella concretezza delle stelle, perché quando una stella muore non fa rumore e tutto si ripete nella sua inesorabile ciclicità, quasi come se nulla fosse accaduto. L’istante però non è uguale al precedente perché c’è quel come se carico di sofferenza e poesia che ci inchioda senza appello alle nostre responsabilità, verso la civiltà, il mondo circostante e noi stessi. Si resta così imprigionati in un climax della colpa che sembra non aver mai fine. L’espiazione consentita risiede nella memoria collettiva e privata, un fiume traboccante di paura e sangue nella perenne attesa di una foce per la purificazione. Due donne osservano i loro figli e mosse da compassionevole pietà, generano il vento del perdono che soffia prepotentemente narrando una storia tra i mille sussurri del tempo, intonando una canzone intrisa di quell’agognata libertà di cui non si comprende pienamente il valore. Resistiamo per chi e per cosa quando lo spettro della solitudine ci ingloba facendo perdere il senso pieno dell’esistere. Viviamo idealmente per noi e per gli altri cercando di trovare qualcuno che ci tenga la mano e che diventi la continuazione del nostro mondo, perché ogni atto d’amore alla fine si riassume in questo: celebrare la vita donandosi completamente.

Aneddoti personali

Con questo libro c’inseguivamo da qualche tempo, ne avevo captata la forza in tempi non sospetti ed ero convinto che il mio amico Lorenzo fosse tornato con una grande storia delle sue. È un autore che ha sempre abituato molto bene i lettori, scava nell’animo umano con un tocco impercettibile. Improvvisamente quel tocco leggero si trasforma in orma e quindi in concreta presenza, perché le sue storie restano impresse nel cuore. Dopo diversi scambi sul social, ho avuto la fortuna di conoscerlo personalmente, durante una presentazione del libro Tutto sarà perfetto. Un romanzo che ho amato follemente e Libero è ancora presenza indelebile nei miei ricordi. Poter abbracciare Lorenzo è stata un’emozione indescrivibile, è una persona cui voglio veramente molto bene e spero di poter rincontrare presto. Quella presentazione è stata magica anche per un altro motivo, seduto vicino, c’era Giuseppe la persona che mi ha regalato questo libro. Di origine siciliana, in vacanza con la famiglia, era lì perché amico dell’autore, ma non avrei mai potuto immaginare che sarebbe diventato uno dei più cari anche per me. Per Natale ci siamo regalati dei libri a vicenda e trovare Il bosco di là è stata una sorpresa bellissima. Il precedente romanzo per me non ha mantenuto le attese, perché è molto psicologico e intimo ma con poca trama ed essendo questo uno dei punti di forza è come se venisse a mancare la cifra che l’ha sempre contraddistinto. Leggendo Il bosco di là ho avuto fin da subito una sensazione diversa, c’era qualcosa che mi ha incantato e travolto fino alla fine. Anche qui s’indaga tra le altre cose il rapporto uomo – natura ma lo fa in maniera differente che scoprirete leggendo innanzitutto la recensione. Sappiate che durante la lettura, ho detto spontaneamente questa frase: Bentornato mio amico. Questo libro amici e amiche è un vero gioiellino e spero di raccontarlo come merita .

Recensione

Il mondo piange e non si sa perché, ma improvvisamente ecco che dal frutto della disperazione nasce un arcobaleno. Si trasformano tutto in una festa, una comunione di colori e suoni che sembra un risveglio primaverile dopo un gelido inverno. La natura invece indossa il suo vestito migliore, per un eterno saluto dall’angelico tocco che si perde nel vento. Quello stesso vento che col suo soffio sembra parlare e narrare una storia d’amore e ribellione senza tempo. È così vivido il ricordo di lei, da far sembrare quello tra Eros e Tanatos un confine meno invalicabile. Uno sguardo nel perduto orizzonte per ritrovare la via, nonostante si sono tutti figli di Anankè, macchie d’inchiostro già scritte mascherate da libero arbitrio. Oltre il fiume della vita cosa c’è? Il valore dualistico della memoria. Quella privata si tutela attraverso attimi catturati casualmente mediante fotografie, ma quella collettiva? Le storie arrivano in soccorso affinchè quelle delle occasioni non sia più solo una poetica ma diventi Kairos il tempo delle possibilità e si possa trasformare in una concreta opportunità per sviluppare il senso etico e civile in ognuno di noi. Con uno stile di chiara matrice lucreziana e ovidiana Marone raccontano la continua metamorfosi ambientale che si contrappone alla fossilizzazione umana che mostra l’inevitabile caducità. Soffia il vento della grande Storia del Novecento, odore di guerra con risposta al richiamo del sangue. Matteuccia Siniscalchi ha detto sì e in attesa che le Parche spezzino il filo, nella perenne sospensione dell’esistenza raggiunge il fronte. Matteuccia è un personaggio complesso che l’autore racconta magistralmente. In lei riecheggia ad esempio il personaggio di Emily della Montgomery, entrambe parlano al vento, alle piante e agli animali. La spensieratezza di Matteuccia però è ostacolata da un male di vivere che riconosce tra lei e gli altri simili. C’è l’incomunicabilità tra la massa e il diverso, per questo Matteuccia si ritagliano il proprio locus amoenus, il bosco di là, un posto dove poter essere se stessa, in cui regna la fantasia che fa sperare che un mondo diverso è possibile. Matteuccia è costretta a crescere in fretta e con lei muta anche il significato del bosco. È come se l’autore desse alla siepe leopardiana una connotazione storico- sociale trasformandola in un muro tra nazisti /fascisti e partigiani. Matteuccia deve decidere da che parte stare. Come può essere d’aiuto una donna a una società che la vorrebbe relegata tra le mura domestiche? Una donna che vuole essere onesta, coraggiosa e leale nonostante tutto verso la famiglia, il Paese e, se stessa, combattendo per quell’ideale di libertà in cui crede fermamente. Durante questo processo di maturazione, molteplici sono i personaggi che la accompagnano: una famiglia conservatrice con qualche anima ribelle, il gatto Esopo, l’asino Dioniso e l’amica Gentile. Il rapporto tra le due amiche ricorda quello tra Oliva e Liliana descritto dalla Ardone. Un romanzo impregnato di cultura classica e mitologia, che come un armonizzante flauto di pan, riporta i lettori alla centralità del tutto. Nei dieci capitoli che suddividono il romanzo, ognuno fa la rivoluzione come può, chi con il rumore, chi con il silenzio. L’autore modifica parzialmente l’usus scribendi utilizzando arcaismi e uno stile onirico. Mentre Cerere dalle radici profonde della terra piange questa nuova Proserpina, l’anziana Matteuccia porta i segni del tempo sul viso come solchi dell’anima levigati su pietra. La testimonianza secolare come la quercia simbolismo di un rinnovato dolore e dell’antica fiamma. Uno spirito guerriero quello di Matteuccia che impara a sue spese che dietro una vittoria, c’è sempre una sconfitta. Un libro dove gli elementi naturali sono personificati, perché sono gli unici a sapere realmente cosa significhi amare. Si erige il muro della colpa e della vergogna mentre cielo e mare rimembrano le lezioni di Sepulveda e Andersen, vola soltanto chi osa farlo perché siamo tutti figlie dell’aria e Matteuccia come una sirenetta solo incontrando anime buone tornerà finalmente a sorridere.

Conclusioni

Consiglio vivamente la lettura di questo libro a tutti quelli che vogliono una storia emozionante e toccante come una fiaba .

Voto

5/5

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