Il profumo di un mondo lontano (La casa del caffè ) di Fenja Luders

Il profumo di un modo lontano (La casa del caffè )

Una delle città commerciali più vivaci d’Europa, l’aroma seducente del caffè e la figlia di un mercante con grandi ambizioni, decisa a essere artefice del proprio destino nonostante le numerose difficoltà. Amburgo, 1912. Karl Deharde è il proprietario di una ricca società di import-export di caffè grezzo nel dinamico e variopinto quartiere conosciuto come la Città dei magazzini. Dopo la morte prematura della moglie, le figlie di Karl ­­­− Mina e Agnes − sono cresciute nella villa dei nonni. Mina ha un carattere forte e cerca di sfuggire appena può alle rigide regole della società e della sua casa. Fa visita al padre in ufficio quasi tutti i giorni dopo la scuola; trascorre ore seduta accanto a lui alla scrivania, ascoltando in silenzio mentre negozia con agenti e intermediari o assaggia campioni di caffè. Mina ha il caffè nel sangue, ma sia lei sia suo padre sanno che, come donna, non potrà rilevare l’attività e non c’è un erede maschio. Tuttavia, Mina non si arrende e decide di restare fedele ai propri sogni contro ogni previsione. Quando Karl si ammala gravemente, però, si vedrà costretta a scegliere tra dovere e indipendenza, amore e famiglia.

Introduzione

Un tocco di polvere fatata e si vola nell’isola che non c’è questo il sogno di bambini che da adulti ricorderanno con benevola nostalgia . Ci sono storie che hanno il potere di far viaggiare nel tempo alimentando ancora una volta la linfa dei sogni, troppo spesso trascurata. Storie come questa che analizza con apparente semplicità il sacrificio, l’onore e gli impervi sentieri dell’amore. Una musica che trasporta come fosse una fiaba sonora e che regala ai lettori qualcosa d’inaspettato che si credeva perduto una buona ventata d’ottimismo .

Aneddoti personali

Fin dal titolo ho avvertito una magia che ho fortunatamente ritrovato all’interno delle pagine, è stata una lettura molto piacevole e di pura evasione. Non ci sono particolari pretese se non quella di accompagnare il lettore tra le pagine di una storia d’altri tempi. Una protagonista da ammirare e amare per il coraggio e la determinazione. Entrare all’interno di una famiglia e sentirsene parte integrante. Un plauso all’autrice e alla traduttrice perché il romanzo è veramente ben scritto e ottimamente tradotto. Ringraziando la casa editrice per l’opportunità mi auguro che siano pubblicati in Italia anche gli altri due volumi di questa saga appassionante ed emozionante .

Recensione

Donne piccole come stelle, qualcuno le vuole belle così inizia una delle canzoni più iconiche di Mia Martini manifesto di alcuni uomini che vedono come un oggetto, un trofeo da esibire. Una canzone che purtroppo abbraccia ogni epoca, il grido di sopportazione e pianto di tutte quelle rimaste senza voce. L’autrice racconta qui i primi semi di una’emancipazione ancora in divenire perché alcune ideologie sono dure a morire. Mina fin dall’inizio è presentata come una Lady Oscar capovolta, per lei essere donna è un limite e una condanna perché vorrebbe continuare gli studi e realizzarsi nel settore medico ma è un universo precluso nella società novecentesca. Il padre la educa come tutte le ragazze dell’epoca ma lei compie la sua piccola grande rivoluzione. In realtà la strada del suo destino è ancora più impervia perché la voce del sangue richiama la sua radice e le chiede coraggiosamente di firmare un emozionante quanto incosciente contratto con la Storia. Un romanzo in cui l’orgoglio deve abbattere i muri implacabili del pregiudizio e la determinazione tenere a bada i vorticosi cortili del cuore perché realizzare e amare sembrano tracciare un sentiero opposto non destinato a incontrarsi. Amburgo accoglie e ammalia come un dipinto variopinto segnando il tramonto di un’epoca. Karl Deharde è il proprietario di una società d’import – export di caffè. Un giovane e attraente vedovo con uno spirito combattivo destinato a piegarsi alla volontà di una malattia che non gli toglierà però la forza di sorridere e d’amare. L’uomo ha un legame viscerale con la primogenita Mina per cui sogna un futuro roseo e felice. La felicità però non bussa da qualche tempo alla porta della sua famiglia da quando la moglie Elise è misteriosamente deceduta. Il suo fantasma sembra aleggiare per tutta l’abitazione come fosse un inconfessabile segreto. Mina è ribelle, autoritaria e sognatrice ed è la lente d’ingrandimento con cui l’autrice descrive dettagliatamente la rabbia e la fame della classe operaia. Prendere a morsi quella vita senza accontentarsi di briciole di niente ma mostrare l’altra porzione di cielo senza far credere di essere nati dalla parte sbagliata. Lo sguardo di Mina s’incrocia con quello di Edo un giovane di origine ebree che sono stato adottato e pur amando la sua famiglia cerca incessantemente notizie per capire quale sia veramente il suo terreno. A completare la famiglia ci sono l’irrequieta Agnes, la rigida nonna Hiltrud custode di tutti i segreti e la dolce e comprensiva Sophie che ha un enorme peso sul cuore. La loro vita ordinaria e tranquilla è sconvolta dall’arrivo di Frederik un giovane scapestrato che deve svolgere in azienda una sorta di tirocinio. Quale segreto nasconde e perché non può seguire gli affari della sua famiglia in Guatemala? Ben presto è affiancato a Mina tanto da restarne inconsapevolmente attratto, ma l’amore s’intreccia all’ambizione in un gioco di potere in cui si mostrerà l’altro volto del dolore. Il romanzo è costituito da venti lunghi capitoli, ha un ritmo scorrevole, il tratto è piacevole e delicato, aspetti perfettamente mantenuti nell’ottima traduzione di Alessandra Petrelli. Un romanzo che indaga sul sacrificio come marchio indelebile sulla pelle e un velo di nostalgia copre i corpi danzanti mentre la mente vaga in un mondo lontano in cui Mina addirittura sente non solo il profumo del caffè ma anche quella di un’infanzia spensierata, la cui innocente allegria non farà più ritorno. Tra amori contrastanti, limitazioni sociali segreti e profondi dolori il primo capitolo di un’appassionante saga in cui un’unica frase sembra abbracciare e consolare. Hai il caffè né il sangue, celando però tutti i pericoli al suo interno. Lei indossa un abito elegante che simboleggia tutto quello in cui non si sente rappresentata ma solo sfortunatamente ingabbiata fissa da lontano la sua città, ne conosce ogni angolo, eppure è come se la vedesse per la prima volta perché ha un conto aperto col destino, adesso tocca a lei scrivere le pagine di quel diario dare il suo aroma a quel caffè che tanto ama. La fissa per l’ultima volta Amburgo nel suo sguardo di bimba perché d’ora in poi sarà tutto diverso. Dovrà combattere nella fossa dei leoni e diventare donna lasciandone il segno con due armi speciali, l’indomito coraggio del padre e l’intelligenza e lo sguardo della madre.

Conclusioni

Una saga appassionante capace di regalare tante emozioni. 

Voto

4/5

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