Il saraceno in Ballarò di Clarissa De Rossi

Il Saraceno in Ballarò

L’omicidio di una prostituta nigeriana nei dintorni del mercato di Ballarò porta una ventata di novità nelle attività del commissario Lo Galbo. Questa volta non si tratta del solito caso di criminalità organizzata. C’è qualcosa in più che lega vicende locali a storie di Paesi lontani. Tutto sembra essere avvolto da un alone inafferrabile di mistero e magia. Ma il Commissario sarà aiutato da una fattucchiera a prendere la giusta direzione nelle indagini e scoprirà il potere dell’amuleto che ha ritrovato tra le mani della ragazza. Riuscirà così a insinuarsi tra i pensieri dei personaggi… Basterà questo per fare luce sui fatti e rendere così giustizia alla vittima?

Introduzione

Vagare tra le città alla ricerca di una meta perduta perché di quel domani non c’è certezza peccato che per alcuni questa non sia una frase di un celebre componimento ma un marchio indelebile sulla scura pelle. Una pelle che è solco di racconto di sentieri impervi, da attraversare in cui l’oscurità del sole e della luna cadenza i giorni su un calendario immaginario che sembra avvicinare l’uomo alla costa, essa non è più un miraggio ma lo diventa forse quella felicità di cui si è tanto sentito parlare ma che a un uomo solo davanti al proprio destino non ha mai sorriso nemmeno una volta. In quel sorriso beffardo ancora di speranza l’uomo ci annegherebbe, anche se questo vorrebbe dire affidarsi all’ignoto perché la storia personale diventa un ammasso di fogli sparsi di vivida memoria ed esitante grafia, perché ci si chiede cosa sia giusto raccontare e cosa tenere annidato tra le stanze segrete del cuore. Ci si ritrova magicamente in un teatro seduti in una comoda poltrona aspettando l’inizio di uno spettacolo abbagliante che rivelerà verità e menzogna scavando su ruggini che non sono poi così antiche se creano in gola un richiamo strozzato che si chiama rimorso. La poesia sfugge se non è subito colta e allora resta la nuda tragedia che si disvela ai nostri ignari occhi in tutta la sua crudeltà. Ed eccola al centro della scena Donna Fortuna che sussurra un Vieni come fosse un romantico, ti amo con la sua voce suadente tanto che i pensieri sembrano prendere forma come se lei riuscisse a leggerti l’anima. Squarci di sguardi che contengono tutta l’acqua del mondo, una coperta di magia e onde anche a costo di bruciarsi. Acqua e fuoco che lotta sulla pelle dell’uomo che non sa più a quale santo votarsi quando il confine è ampiamente superato.

Aneddoti personali

Ho conosciuto questo bellissimo romanzo rovistando tra i titoli della casa editrice Robin. L’ho scelto per quell’orgogliosa appartenenza territoriale, poi vedendo la straordinaria trasmissione Ali di libri condotta dalla bravissima Alice, ho compreso di aver fatto ancora una volta la scelta giusta. La vera sorpresa però è stata una volta iniziata questo viaggio e scoprire di sentirlo cucito addosso quasi come se fosse una seconda pelle. Una parte di me, mi stava chiamando ed io non ho potuto far altro che assentire. Sono rimasto letteralmente abbagliato dallo stile metateatrale che spero di raccontarvi al meglio attraverso la recensione. Nonostante sia stato rapito, ho voluto centellinare proprio per non sentirmi presto orfano di Salvatore Lo Galbo ma soprattutto di questa spettacolare esordiente di cui mi auguro possa uscire altro materiale da assaporare. Mi auguro inoltre di poterla incontrare presto per ringraziarla personalmente di tutte le emozioni che ha saputo donarmi .

Recensione

La vita è una lunga e impervia traversata di cui non si conosce il vero confine. Ognuno ha il suo da attraversare e non sempre la sera specchiandosi ci si riconosce ancora. I pensieri prendono forma scuotendo l’anima e mutando il corpo. Tramutarsi in un osso di seppia o in un coccio di bottiglia alla perenne ricerca di quell’interezza che ormai appare sempre più vivida solo nei meandri di un sogno. Solcare il suolo tracciare passi per creare orme di storie. Un romanzo quello della De Rossi che sviscera in ogni sua parte la radice d’appartenenza. Ci sono diversi modi, infatti, per sentirsi profugo. Vaga l’esule senza meta alcuna, un aroma di speranza misto a incoscienza lo porta ad avventurarsi nell’ignoto, una spiaggia che ricorda Mondello eppure non ci sono appigli e non gli resta altro che viaggiare in cerca di quella risposta che nemmeno le stelle questa volta sembrano possedere. In fondo Ulisse dopo tutte le epiche avventure omeriche è dovuto ripartire perché il combattimento contro la sua ombra non era terminato. Doveva risucchiargli l’ultimo barlume di vita, condurlo a un passo dalla morte per tramutarlo in leggenda. Non è solo la traversata che accomuna le esistenze ma anche il folle volo. Scottarsi col fuoco, ricercare la panacea dell’acqua pur portandosi dentro il sole della verità. Un’arma incandescente e terrorizzante che fa scuotere le pareti di una casa. Ne esiste una quarta di parete che separa il lettore e il narratore come fossero spettatori di un canovaccio che invece stanno scrivendo insieme ex novo. Un testo che si rinnova ogni volta perché a mutare è percezione e prospettiva dello sguardo. La profondità resta immobile e oscura perché tutti gli occhi hanno una miriade di storie sospese nel tempo immemore dell’attesa che aspettano solo di essere raccontate. Questa sera si recita a soggetto potremmo dire ma è un concetto complesso che colpisce senza riguardo nel divenire dell’azione stessa dello scrivere quanto del vivere e così lettori e personaggi si ritrovano nudi e spogli di tutto anche della sbarra del preconcetto che crea un giudizio ancor prima di aver analizzato nel profondo la circostanza. Solo così in questa stasi d’incertezza possono ritrovare il primo battito di vita e condirlo di quella meraviglia che credevano perduta. Il cielo è di carta ma lo è anche il mare, con l’onda di sangue morte e miseria che si fa notizia. Inchiostro di parole senza aria che narrano di un futuro che fu e di un passato che sarà. In una’indagine, infatti, l’arco esistenziale si capovolge. A questo e alla multiculturalità della sua amata e odiata Palermo pensa il commissario Salvatore Lo Galbo mentre con il fidato collega Maurizio indaga sulla macabra morte di una ragazza nigeriana. La tema della migrazione è affrontata con estrema profondità e accuratezza dall’autrice anche grazie alle esperienze lavorative. Anche il commissario tuttavia vive la condizione di Nemo profeta in patria cammina per i vicoli della città ma appare talvolta un estraneo perché per lui quest’indagine non è solo il riscatto dopo aver partecipato al maxiprocesso ed essersi reso protagonista di alcune insubordinazioni ma anche un dialogo itinerante con i colori della sua anima e quella degli altri. L’introspezione nasce dalla possibilità del personaggio di sviluppare le celate abilità telepatiche. La narrazione si addentra all’interno della mafia nigeriana e il superpotere permetterà ai lettori di conoscere la profonda umanità del commissario. Sfruttando l’espediente del manoscritto e degli appunti l’autrice rivela uno stile meta teatrale nell’accezione pirandelliana del termine. Il focus del racconto è il variegato mercato di Ballarò ma il filo conduttore di tutto è la straordinaria potenzialità della voce. Voci che cuntano di vita amore, morte e inganno. Mentre emergono crepe sul muro della disillusione due narratori atipici muovono i fili. Sono un puparo e Santa Rosalia emblemi della cultura siciliana che qui l’autrice personifica. La scrittura così diventa ricca di simboli. I narratori sono infelici perché gli abitanti hanno perso candore e fantasia e per questo loro malgrado si ritrovino a raccontare l’altro volto isolano del male. I quindici capitoli si caratterizzano per una tensione narrativa, lunghe digressioni impregnate d’attualità e i momenti di pura commedia dati dal sapiente utilizzo del dialetto e dal personaggio di Sarina, l’ingombrante madre del commissario in cui è radicata una Sicilia arcaica ma accogliente che non nega a nessuno l’abbraccio di madre. Un’epopea di sfortunati che tra mistero e magia occulta tracciano la mappa emozionale di una storia sensoriale. Non si può smettere d’amare né di vedere né di sentire per questo anche se tutto cambia per poi in realtà non cambiare mai bastano le note di un tango della gelosia intriso di rabbia passione e dolore per continuare a danzare nonostante tutto nella fissità delle pieghe del tempo.

Conclusioni

Un noir atipico molto attuale che diverte incitando alla riflessione.

Voto

5/5

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