Nei ricordi d’infanzia di Grace e Jeannie c’è una piccola isola poco al largo della costa di Cork, in Irlanda, esposta ai venti e alle tempeste dell’Atlantico. Passano lì gran parte dell’anno, per molti anni, con la madre e la sorella più piccola, Em. Il padre è quasi sempre assente; è un autore di successo che descrive nei suoi libri la vita quotidiana su un’isola di una famiglia riscattata dalle false promesse del capitalismo. Uno stile di vita incorrotto, verdure coltivate nell’orto, niente scuola, e giornate trascorse a contatto con la natura, allo stato selvatico. Una donna e le sue tre figlie trasformate in un esperimento sociologico negli anni Sessanta, per farne materia da best seller. Un giorno, però, accade l’irreparabile: un incidente, un gioco di bambine, che distruggerà per sempre un già fragile equilibrio. Per questo l’isola viene abbandonata, ma ne seguiranno altre due, l’isola di Wight in Inghilterra e Procida in Italia. I tre luoghi scandiscono le fasi di crescita di Grace e Jeannie, le due voci narranti che si alternano nel ripercorrere una storia di separazione, follia, colpe, turbamenti e recriminazioni. Il passato, sepolto e rimosso, torna progressivamente a galla nel presente, con domande rimaste troppo a lungo senza risposta, fino a una resa dei conti che straccerà il velo di un patto scellerato.
Introduzione
Quante volte ci siamo soffermati a guardare le cartoline di luoghi esotici con la promessa che un giorno li avremmo visitati? Non sempre riusciamo a concretizzarlo . Siamo tutti il Bianconiglio che conta gli attimi che poi come un climax indecifrato gli sfuggono e così si tramutano in occasioni perse. Il tempo passa inesorabilmente e noi siamo impotenti, scorre indisturbato come un fiume di cui riusciamo a cogliere soltanto apparentemente la maestosità, ne ascoltiamo il suono armonioso come la nenia che da bambini qualcuno ci cantava per farci addormentare e finalmente acchiappar le stelle. I sogni sono proiezioni di ciò che vorremmo accadesse nella realtà, ma la romantica finzione si scioglie come neve al sole quando arriva il momento del risveglio. Esso ha al suo interno il trauma della mancanza e della continua negazione Siamo continuamente alla ricerca di qualcosa che non abbiamo e invece non apprezziamo ciò che c’è. Il lontano ha sempre affascinato di più del qui e ora, è la maledizione dell’ignoto, che coinvolge al punto tale l’umana curiosità che una volta quella conosciuta determinata cosa, non solo ai nostri occhi perde d’interesse ma anche di significato. È come quando manteniamo quella promessa con noi stessi e il luogo esotico lo visitiamo veramente. Sono scatti che manteniamo fissi nella memoria come fosse un fermo immagine. Se diventasse parola, si spoglierebbe di meraviglia e gli altri non riuscirebbero mai a vederla con lo stesso sguardo. Quello che spesso ci dimentichiamo è che quel luogo è solo una porzione di mondo che ci mostra soltanto le cose belle, ma per conoscerlo davvero, spogliato del suo abito più elegante, bisogna viverci e allora sicuramente cambierebbe la prospettiva. William Wall nel suo romanzo ci racconta di tre bambine alla scoperta del loro “ piccolo mondo antico “. Un viaggio ancestrale a tratti primitivo per seguire l’evoluzione dei personaggi che scoprono i binomi contrastanti del bene e del male, attraverso tre isole che inevitabilmente disegnano i contorni delle loro anime. . Quanto può essere realmente sottile la linea che coinvolge luci e ombre. Lasciano quel retrogusto amaro del caffè senza zucchero che si mostra però nella sua nuda essenza.Aneddoti personali
Ho conosciuto la casa editrice Nutrimenti grazie alle dirette del mio amico Antonello. Ancora prima delle storie a colpire sono indubbiamente le copertine che sono veramente magnetiche e bellissime non solo all’esterno ma soprattutto all’interno. Chi ha comprato almeno un loro libro sa cosa intendo, se non l’avete ancora fatto, questo è il momento giusto. Per quanto riguarda le storie cercano di compiere a ogni pubblicazione una rivoluzione personale non solo come casa editrice ma anche all’interno del genere in cui inseriscono i loro autori. Sono arrivato a Il turno di Grace consultando le novità di Febbraio. Mi colpì subito perché amo particolarmente le saghe familiari. Nonostante William Wall sia un autore affermato all’estero in Italia, questo è il suo esordio come romanziere. Per me è stato una vera sorpresa ed esorto la casa editrice a pubblicare altri suoi romanzi. Per sapere cosa ne penso v’invito a continuare la lettura ma una cosa voglio dirvela non vi aspettate il tipico romanzo famigliare perché non solo impone una sua cifra stilistica, ma vi sorprenderà positivamente, facendovi leggere qualcosa di diverso.Recensione
Che cos’è il gioco? Ci siamo chiesti perché ci sono lingue in cui giocare e suonare si dicono allo stesso modo ? L’autore si rifà al significato intrinseco dato da Hulzinga secondo cui il gioco vincola e libera allo stesso tempo ma ha il suo interno il contrasto , la tensione e l’equilibrio in continuo oscillamento che comporta il raggiungimento di un proprio ritmo e armonia . La melodia che ne sussegue nel romanzo è tutt’altro che armoniosa e delicata, si spoglia dell’aspetto ricreativo e si mostra nella sua profonda crudeltà. C’è un continuo utilizzo del numero tre, parti in cui si divide il libro, isole e protagoniste. Il numero tre nell’ottica dantesca e religiosa simboleggia la perfezione invece qui perde l’aurea divinatoria e racchiude diverse personalità che sono l’esatta rappresentazione dell’imperfezione e della brutalità umana, nel senso selvaggio del termine. L’obiettivo principale è cavalcare le onde della disperazione e sopravvivere, primeggiare anche a costo di ferire un proprio simile. Grace, Jeannie ed Emily si ritrovano a recitare un ruolo, sono vittime del loro padre, una presenza assente solo fisicamente ma che opprime le loro esistenze condizionandole, come se fossero personaggi dei suoi romanzi. Tom Newman è, infatti, uno scrittore di successo che ricorda in qualche modo Carmelo Catalanotti di Camilleri. Cerca di conoscere e manovrare la psiche delle sue figlie, sfruttandole per i suoi scopi e fare in modo che il suo atroce segreto non sia rivelato. Qualcosa inaspettatamente incrina il suo equilibrio e quello degli altri personaggi. Il gioco diventa qui l’atto di ribellione tra i confini della fiction e della realtà. Tom è come il burattinaio che muove i fili delle marionette. A un certo punto le marionette si ricordano di non essere automi e avere un cuore e in questo processo di ribellione che va in scena la lezione pirandelliana dove il personaggio prende il sopravvento e finalmente vuole assaporare quella vita che gli è stata a lungo negata. Tom si ritrova a essere prigioniero dei suoi stessi fili circondato dalle braci della sua ardente solitudine. L’uomo in qualche modo però si vendica costringendole a vivere perennemente come piccole donne. Wall tuttavia si discosta dal romanzo alcottiano perché il fardello qui non indica il peso delle responsabilità per una maturazione, ma simboleggia il senso di colpa. Grace e Jeannie crescono solo anagraficamente, restano effettivamente sempre piccole perché durante l’infanzia hanno subito un trauma, ed è come se il tempo si fosse fermato in quel preciso istante. Sono pietre levigate d’immane bellezza ma che a uno sguardo più attento nascondo cicatrici insanabili e segrete chiuse nel cassetto della loro personale storia. Il romanzo è costituito da sedici capitoli impregnato in queste atmosfere tetre con una scrittura perfettamente cupa e cruenta, ma al suo interno è possibile trovare l’evocazione della luce. Il mondo che circonda i personaggi è descritto con dovizia di particolari nella sua pienezza di colori con tutte le possibili sfumature, tutto ciò fa da contraltare all’aridità emotiva che alberga nei loro cuori. Particolare è anche il registro linguistico utilizzato. Tutto ciò che è male e negazione è descritto con un’impressionante varietà terminologica. I termini invece per indicare il bene sono volutamente carenti. Non è un romanzo sui sentimenti, non c’è spazio per l’amore. L’autore non ci parla mai di felicità, ma utilizza sempre il termine eccitazione. Le ragazze seguono gli esempi dei genitori Tom e Jane sfruttando il loro corpo come arma di seduzione. Le loro attenzioni inizialmente convergono tutte su Richard Wood. Un uomo che una volta spogliato della sua connotazione sessuale si ritrova a essere semplicemente un soggetto condannato all’infelicità perché ha il suo, interno un morbus senza nome che Montale definisce male di vivere. L’uomo cerca di alleviare questa condizione con la poesia che qui è una cura palliativa ma fino a quando riuscirà a tenere a bada la bestia che è in lui? La parola “eccitazione” non è qui utilizzata solo con il significato sessuale ma anche per indicare qualcosa di proibito, una felicità effimera che ha una scadenza, perché quanto prima torneranno nella stasi più profonda. Il turno di Grace è un romanzo introspettivo che ricorda tantissimo le tragedie classiche, rappresentazione di ogni tipologia di essere umano dove intrigo e vendetta regnano sovrani. Un finale al cardiopalma dove il furor è protagonista e lascia soltanto una devastante scia di desolazione dove nessuno ha veramente vinto e tutti ne escono sconfitti. Un romanzo familiare un po’ atipico dove tutti tra segreti, intrighi, ossessioni e follie sono alla continua ricerca dell’agognata serenità.Conclusioni
Consiglio a tutti questo libro per chi vuole leggere qualcosa di diverso, un romanzo che tratteggia con maestria la cattiveria umana .