La fuga di Anna di Mattia Corrente

La fuga di Anna

La moglie, dopo una vita intera passata accanto al marito, è uscita di casa ed è scomparsa. Trascorso un anno lui decide di lasciarsi tutto alle spalle, saluta Stromboli, l’isola in cui hanno abitato, gli oggetti consueti e le abitudini quotidiane, e si mette in viaggio alla ricerca di lei. Anna e il vecchio Severino, la speranza di ritrovarla e ricondurla a sé. Inizia così un peregrinare per la Sicilia, nei luoghi che hanno segnato la loro esistenza. Non è solo un’indagine nel passato, un’immersione nella memoria, un esame delle proprie azioni e delle proprie scelte, dalle quali emergeranno le verità fino ad allora eluse, devastanti e impietose. È anche un confronto con i fantasmi, con gli uomini e le donne che potevano essere e non sono stati, perché traditi o violati da chi avevano attorno. In questo racconto di voci, di punti di vista e di ambiguità che emergono man mano, Anna vive non vista. Affiora nello sguardo di Severino, che sistema e riscrive il passato mentre prova a comprenderlo, assieme alla storia di una donna che malvolentieri ha obbedito agli ordini, il primo quello perentorio della madre: una femmina nasce per diventare moglie di un uomo e madre di un figlio. Questo era il suo destino, ma in prossimità della fine, compiuto il tragitto che per tutti le spettava, Anna ha guardato avanti, ha scrutato se stessa ed è sparita nel nulla. Cercando di essere libera come voleva suo padre, che ha abbandonato la famiglia quando lei era ancora una ragazzina, rompendo un ordine e creando il caos. Perché, sembra dire il romanzo attraverso i suoi personaggi e nella scrittura di un autore che affronta a sua volta una strada rischiosa, ogni libertà contiene una violenza, ogni rinuncia una ferita che non si può rimarginare, ogni scelta che ci rende felici è causa del dolore di qualcun altro. Ma la comprensione e l’accettazione di questa verità brutale richiede l’esperienza di tutta una vita.

Introduzione

La vita non è mai come s’immagina né come la descrivono gli altri, una sua caratteristica imprescindibile è l’imprevedibilità è questo che ho imparato solo stando con te amore mio. Non so più se ho il diritto di chiamarti così. Affianco queste due parole alla tua persona così evanescente ma concreta nei miei ricordi. Amore mio è il riassunto di una vita ad aspettarti una carezza sentita, una risata insieme, un tenero bacio guardando il tramonto dalla finestra che saluta giornalmente il mare. Ti ho amato più di me stesso e solo adesso me ne rendo conto, mi sono relegato all’ultimo vagone di questo treno che qualcuno prima di noi ha chiamato vita. Dall’ultimo vagone si ha una visione globale del tutto potresti obiettare, ti assicuro che riguarda solo chi è disposto a vedere. Io per anni non l’ho fatto, altrimenti non saremmo arrivati a questo punto. Credevo di avere una vita piena come la luna nelle notti d’estate e invece l’unica caratteristica del nostro matrimonio è stato il vuoto che ti ha contraddistinto, t’inghiottiva come una voragine, l’infelicità lentamente ha inglobato anche me che senza rendermene conto mi stavo spegnendo. Non è una recriminazione nei tuoi confronti cara Anna, come potrebbe sembrare . ma una constatazione contro me stesso che per troppo amore te l’ho permesso. Un bilancio di tutti i miei sbagli e dei tuoi, ma mai veramente nostri, perché anche negli errori c’era questa maledetta linea divisoria che non ci ha fatto sbagliare insieme. Che cosa siamo stati per tutti questi anni? Forse nemmeno più Anna Mazzone e Severino Greco se ci pensi ma un loro doppio uscito pure male. Rido con le lacrime a questo punto, lacrime amare come un caffè senza zucchero. È l’unica cosa che resta ormai, quando si raggiunge questa fallimentare consapevolezza. Mi siedo sul letto e per la prima volta dopo anni mi vesto elegante, non so nemmeno io perché, o forse lo so e più semplicemente non te lo voglio dire, perché la mia vita non ti appartiene più. Non sono più l’uomo giovane agile e scattante che hai sposato anni fa, i miei gesti sono lenti ormai. Mi osservo allo specchio e sorrido. Sai che ti dico Anna? Io egoisticamente mi assolvo , perché non posso vivere il tempo che mi resta con questo peso. Non sono bravo come te. Hai sopportato per anni Anna ma perché? Il nostro noi per te era tutto un ruolo ritagliato dalla società che ci chiede continuamente doveri . Penso purtroppo che anche la nascita di Antonio facesse parte di quei doveri non è così? Anna Mazzone divenuta signora Greco , agli occhi della società poteva considerasi una buona moglie . Avevi fatto il tuo dovere, quello che tutti si aspettavano da te. Sai proprio il giorno del parto il destino mi ha fatto conoscere una donna. Tu ed io sappiamo che sono tornato da voi, era lì il mio posto. Diventavo padre e tutto sarebbe stato diverso anche con te. Per anni ho visto lei come una tentazione invece la trappola del dovere era scattata anche per me. Per questo assolvo anche te. Spengo la luce di quella che una volta era la nostra camera e raggiungo il soggiorno e la cucina. Mi sembra di rivedere Antonio bambino che rovescia il latte sul tavolo e tu subito pronta ad asciugarlo. Ci sono però macchie che non se ne vanno. Dal suo ruolo di figlio Antonio è stato più padre di me, perché mi ha ricordato quando talvolta sia importante ribellarsi. Pur nella loro imperfezione i tuoi uomini ce l’hanno fatta senza di te e sappi che la donna che non volevi per lui, gli è ancora accanto. Forse sa scegliere meglio di noi non credi? Te ne sei andata Anna ad inseguire i tuoi fantasmi bisogna prenderne atto . Guardami un’ultima volta Anna, davanti a te c’è un uomo con la valigia che si accinge a partire. Chiudo la porta della nostra casa e sento il telefono squillare. Non riapro, non rispondo sarà Antonio, infrango una promessa, lo chiamerò più avanti per tranquillizzarlo e per quel pesce rosso che non voglio avere sulla coscienza. Vuoi sapere, dove vado? Alla ricerca di quella felicità che da quando mi hai lasciato credevo perduta . Quella felicità che auguro a me ma anche a te.
Con infinito amore
Severino

Aneddoti personali

Questo romanzo e di conseguenza anche Mattia entrano nella mia vita attraverso il nostro amico comune Mario Falcone che qualche mese prima dell’uscita mi segnala che presto per Sellerio sarebbe uscito un suo amico. Con il beneficio del dubbio mi segno la cosa, poi mi mette in contatto anche Mattia e scopro che Mario mi ha fatto un’ottima pubblicità, riempiendomi di elogi sulle recensioni che non penso di meritare ma che comunque fanno indubbiamente piacere. Non prometto niente, perché dovevo capire se il libro voleva essere raccontato da me. I libri sono come gli abiti puoi raccontare solo quelli che sono congeniali al tuo modo di essere. Perché chi legge nota tutto. Eccoci arrivati a qualche giorno fa quando mi sento chiamare da questa storia. Alla fine posso dire che è stato un rapporto molto intenso. Si è rivelato un libro sorprendente, prende pian piano, delicatamente tocca le corde dell’animo e pagine e cuore si riempie di tutte le emozioni contrastanti dei personaggi. Un romanzo che porterà nel cuore in attesa del prossimo. Augurandoti una carriera costellata di successi caro Mattia, sono certo di una cosa che da adesso amico mio, ti sarò sempre accanto. Ti voglio bene

Recensione

La libertà è un valore imprescindibile, ineguagliabile, indissolubile. Un elenco aggettivale che potrebbe continuare all’infinito, ma resterebbero solo parole perché la realtà è completamente diversa. Questo è uno di quei valori, infatti, che continua a essere uno dei punti fondamentali negli studi sull’identità. Muta, infatti, da uomo a donna come una questione genetica eppure è un seme che come un veleno annida nei meandri del corpo, insidiandosi nelle stanze più segrete dell’anima. Di libertà si può anche morire quando essa è per troppo tempo negata. È così che l’autore ci presenta Anna. La giovane come Oliva dell’Ardone vorrebbe ribellarsi a quella società schematica, ma essa la risucchia e ingabbia senza possibilità di proferir parola. Anna non ha la stessa forza di Oliva ma la strofa di una canzone di Pino Daniele riecheggia indisturbata nell’aria. Tratteggia Anna combattiva che ha un mondo da cambiare e si siede in perenne attesa. La fuga di Anna è, infatti, il romanzo dell’attesa che si riassume perfettamente nella copertina decisamente simbolica. Un abito da sposa e una sedia racchiudono i due atti della vita dei protagonisti. Anna che si sposa e anni dopo il marito Severino ormai anziano che attende il suo ritorno a casa. Anna è scomparsa da più di un anno, perché è fuggita e non comunica più sue notizie? L’uomo innamoratissimo crede che la donna, le stia chiedendo una nuova prova d’amore e con la consapevolezza che sia ancora viva inizia a cercarla. Messina è colta nel pieno del suo modus vivendi ma sono narrati soltanto i cambiamenti tra il vecchio e il nuovo mondo. Nei ventisei capitoli l’autore con uno stile incantevole che utilizza sia italiano sia dialetto, trova il connubio perfetto tra luogo, cuore e memoria. Il viaggio iniziatico ed esistenziale di Severino serve ai lettori per conoscere la storia della famiglia Mazzone, fotogrammi narrati con nitida concretezza prima che nella mente dell’uomo diventino uno sbiadito ricordo. Come in Dante anche qui ricorre il numero tre, però perde l’aurea perfetta per mostrarsi nella nuda imperfezione. Severino compie rispetto a Dante il viaggio inverso parte da un ipotetico paradiso e scende negli inferi della sfera emotiva e della psicologia umana. Uno dei temi ricorrenti nel romanzo è quello del doppio. S’inizia dicendo che Anna ha una gemella di nome Nina, sono uguali in tutto ma non nella personalità e soffrono entrambe perché non possono esprimere la loro unicità. Il doppio si ripropone tra le pagine in un’altra sfumatura perché in realtà i veri protagonisti della storia sono Anna e il misterioso padre Giuseppe, gli altri personaggi ruotano attorno a loro con la funzione di duplicazione e opposizione degli stessi. Si riscontra la capacità dello scrittore di tracciare magistralmente tutti i personaggi anche quelli minori come ad esempio Daniela, Patrizia e Silvana. Tutti i personaggi hanno un loro passato, presente e futuro, anche quando il loro arco narrativo si conclude in poche pagine. Giuseppe e Anna sono rotti nel corpo e nell’ anima , tentano di ripararsi come si fa con i giocattoli ma si può soltanto rattoppare e poi un giorno quella ferita chiederà il conto per rimarginarsi . Entrambi sono malati di un morbo antico presente in ogni secolo chiamato infelicità. Un sentimento che schiaccia sovrasta e soffoca, perché incondizionatamente condannano senza appello i loro cari a provarlo ugualmente. Un romanzo toccante ed emozionante in cui un padre e una figlia nonostante le pieghe del tempo sono uniti dallo stesso intimo e fatale destino mentre sulle note di Renato Rascel ballano il loro magico valzer.

Conclusioni

Consiglio di leggere questo romanzo a tutti quelli che amano emozionarsi con i libri sapendo di portarli nel cuore per sempre .

Voto

5/5

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