La mossa del matto . L’Iliade di Bobby Fisher di Alessandro Barbaglia

La mossa del matto . L’Iliade di Bobby Fosher

«Cosa succede a chi rifiuta il mondo per giocare solo a scacchi se poi gli scacchi lo fanno diventare campione del mondo?” La mossa del matto è la storia di una vita, quella di Bobby Fischer, e il tentativo di rispondere a questa domanda partendo dalla ricostruzione della finale del campionato mondiale di scacchi del 1972, la sfida del secolo, quella tra il “matto” americano – Bobby Fischer – e il campione in carica: il leggendario scacchista russo Boris Spasskij. Giocata in piena Guerra Fredda, quella sfida USA-URSS è molto di più di una “semplice” partita di scacchi. E se Spasskij è un gentiluomo, un fine stratega, uno che sa come va il mondo, Fischer è un essere furioso. Di più: Bobby Fischer è una contraddizione vivente. Ha un quoziente intellettivo molto al di sopra della media ma crede ai predicatori radiofonici che profetizzano la fine del mondo, non ha la licenza elementare ma è un genio degli scacchi, un gioco che ha monopolizzato la sua esistenza da quando, a sette anni, ha imparato a muovere i pezzi su una scacchiera di plastica leggendo il foglietto delle istruzioni. Le sue bizzarrie sono innumerevoli: tutti lo aspettano a Reykjavík, sede del campionato, ma lui non c’è. Si fa attendere finché non verranno accolte alcune sue peculiari richieste, tra cui quella di aumentare il premio in denaro per il vincitore. Fa pensare ad Achille che, offeso, rifiuta di prendere le armi: se ne sta nella sua tenda, ritirato nel cuore del conflitto di cui è il baricentro. I suoi nemici sono i Troiani, quelli di Fischer sono i Russi. L’assedio dura dieci anni, e il dominio troiano resiste, al pari di quello sovietico sulla scacchiera. E le analogie non finiscono qui… Barbaglia, a cinquant’anni esatti dai fatti, ci offre una ricostruzione dettagliatissima della sfida del secolo, sulla base di un imponente materiale documentario. E la illumina con lo sguardo dello scrittore, che in questo scontro epico riconosce le figure archetipiche di uno dei miti fondativi della nostra cultura, l’Iliade, in cui si scontrano la ferocia di un guerriero assetato di sangue e l’intelligenza calcolatrice di uno stratega.

Introduzione

Che cosa può passare nello sguardo di un uomo che si specchia negli occhi di un altro uomo cercando di decifrarlo. Trovare la risoluzione di un arcano che sembra quasi dare all’ipotetico vincitore la possibilità di possedere le chiavi del mondo. Tutte le serrature possono essere aperte, oppure no ? Ḕ un semplice gioco di combinazioni. Ecco che la mente umana ha prodotto sulla carta, l’ennesima frase contraddittoria. Sul fatto che sia un gioco non ci sono dubbi ma l’elemento sbaragliante è celato in quel semplice. L’arte del giocare è una delle cose più difficili che possano esistere. L’essere umano è portato per natura a recitare il ruolo del leone, a cercare una supremazia che sia ammessa, marchiata sulla pelle della malcapitata preda. Le leggi universali compiono giri immensi per poi rimanere bloccati sempre nello stesso bivio per secoli. Due strade possibili. Muore la preda, a perire è il leone perché negli ultimi secondi di quella che sembrava un’interminabile battaglia dall’esito segnato, la preda infilza e mette a tappeto l’avversario. Ecco questo è soltanto uno scenario, ma potrebbe anche intervenire un terzo elemento che rovescia la partita. Se fossimo davanti ad un libro di filosofia, lo chiameremmo terza via, ma nella vita spesso non si possiedono tutte le risposte e bisogna ritenersi fortunati se si riescano a parare gli irrefrenabili colpi. Non è importante trovare a tutti i costi, un nome a questo nuovo elemento, non serve. Basti sapere che è apparso per una funzione specifica: ricordare che non c’è veramente re alcuno, perché esiste sempre qualcuno più potente . Ḕ così che l’uomo e la supremazia giocano una partita ossessiva dove almeno uno dei due è inafferrabile. Non c’è parità. La parità esiste solo nel gioco. Per ottenerla però i due giocatori devono denudarsi di qualsiasi artifizio e mostrare all’altro la propria essenza. Senza fare entrare l’interiorità perché il tremolio e l’incertezza sono sintomo di sconfitta. Implacabili come Bobby e Boris. Uomini e personaggi di un personale emisfero dove il nudo corpo diventa un foglio bianco su cui tracciare il più fantastico dei racconti. Un mondo senza fine perché loro sono soltanto inizio. Per questo sono nati. Per questo momento in cui si osservano e vedono nell’altro la continuazione del proprio mondo. Il foglio bianco si riempie di parole ma è il silenzio della notte a compiere un’inaspettata mossa, tramutando le misteriose ombre in un meraviglioso linguaggio.

Aneddoti personali

Come Alessandro è entrato nella mia vita per non uscirne più, è una storia nella storia che voglio raccontarvi. Inizio col dirvi che è tutta colpa o merito inconsapevole del caro Lorenzo Marone e del suo indimenticabile Libero Scotto. Basta tergiversare è arrivato il momento di raccontare questa meravigliosa storia d’amicizia . Ḕ una delle solite e torride estati trapanesi, quando le mie amate libraie mi fanno sapere che Lorenzo sarebbe venuto a presentare Tutto sarà perfetto in città. In un luogo che inizialmente è inaccessibile per disabili, comunque riesco a entrare e mi metto in prima fila in attesa che arrivi il mio amico per abbracciarlo. Le sedie vicino a me erano occupate da una coppia che credevo fossero turisti. Scopro attaccando bottone che lui in realtà è siciliano. Lì ho incontrato quello che sarebbe diventato uno dei miei più cari amici che si chiama Giuseppe. Inizia così un’amicizia bellissima fatta di telefonate, scambi di aneddoti, ma soprattutto di libri e titoli regalataci nelle feste. Uno dei primi nomi che mi dice è proprio quello di Alessandro. Non lo conoscevo ma quando mi racconta che è scrittore e libraio m’illumino e dico devo essere una bella persona se coniuga quelli che per me sono i lavori più belli del mondo. Digito su Google Immagini e guardando le sue foto ricordo di aver pensato questo sembra un folletto della Melevisione, m’ispira fiducia. Gli mando la richiesta d’amicizia su Facebook. Partecipo a una situazione, dove chi era sorteggiato, vinceva un libro a scelta. Scelgo di farmi mandare il primo libro di Alessandro e me ne innamoro. Mi accingo a scrivere la recensione ma scopro che su Il mondo incantato dei libri era già stato recensito dalla mia amica e collega Teresa. Nel frattempo Ale pubblica la mitica Balena, un romanzo che ogni volta che ne parlo mi vengono gli occhi a cuoricino perché mi ha regalato qualcosa di bellissimo. Mi ha fatto sognare ad occhi aperti. Mi seguo tutta la presentazione online del romanzo e m’incanta ogni volta. Decido al prossimo romanzo lo ospito sul blog. Ed ecco che quel giorno è finalmente arrivato. Sono particolarmente emozionato perché recensire un amico, è sempre un piacere, anche se noto con loro, sono particolarmente esigente e implacabile. Con Alessandro non c’è bisogno perché ha regalato a tutti noi, l’ennesimo capolavoro, è perfetto, magico e ben scritto. Un libro che incanta e rapisce. Ha avuto una pazza idea per dirla a Patty Pravo ma è un gesto d’amore bellissimo verso una storia e un padre amato e troppo presto perduto. Un libro che ti fa sentire infinitamente piccolo se il paragone è con la grandezza del suo cuore. Mi ha emozionato tantissimo e spero di trasportare quest’emozione nella recensione. Sperando d’incontralo presto magari in una presentazione sicula con Giuseppe e parlare insieme di locande, atlanti, balene scacchi e tanti abbracci. La cosa che più mi sento di augurarti caro Ale e di non perdere mai questa magia che hai nei tuoi occhi e nelle parole, perché fa tanto bene a noi ma anche a te .

Recensione

Canta , o diva di Sconfitta e Vittoria due donne di egual bellezza e grandezza, tutti ne parlano, le vivono sulla pelle ma nessuno le prende veramente. Sembrano creature inafferrabili, fino a quando dal seme della loro vanità nasce Discordia. Quella stessa donna che per un mancato invito ordì il più terribile degli inganni, mediante un frutto che tra peccato ed errore è sempre origine di rovinose cadute maldestramente causate dall’umana ingenuità. Uno scenario bellicoso, uno scontro aperto che supera tutte le pieghe del tempo. Fino a quando arriva il 1972. In un clima temporeggiante e raggelante ricordato come Guerra fredda sta per insidiarsi nelle menti e nei cuori un nuovo scontro glaciale accattivante e avvincente nella nuda imperturbabilità. Uno scontro nell’immaginario collettivo di molti, che vedeva contrapposte due grandi potenze America e Russia. Una battaglia tra democrazia e comunismo che superava ogni forma ideologica, perché c’erano in palio molto di più di un montepremi ovvero la supremazia culturale sul più temibile degli avversari.Uno spettro d’ombra che si muove negli animi di Bobby Fisher e Boris Spasskij e tenta di colpire la loro nuda carne, ma loro lo scacciano perché l’unica congettura che conoscono è quella del gioco. L’arte del giocare è una cosa molto seria e va oltre la loro stessa vita. La guerra non è con l’altro ma contro i loro demoni. Lo scontro si tramuta in una sfida, dove non esiste brutalità ma forza, non ci sono trappole ma inganni. Ed è per questo che in attesa delle mosse la narrazione si arricchisce di parallelismi e metafore tinte di raffinato classicismo. L’ardore dei giocatori è Ilio che brucia nelle fiamme dell’odio, al centro c’è la loro mitologica rappresentazione. Da una parte Achille e dall’altro Ulisse. Perché non Ettore? Perché un guerriero non colpisce un altro guerriero ma cerca incessantemente la diversità per ricevere continui stimoli a migliorarsi. Basti pensare che proprio in Russia nei primi anni del Novecento, l’attrice e regista Asja Lacis per ridare l’infanzia negata ai bambini russi istituì un laboratorio teatrale ma per introdurre il gioco del teatro nella vita di questi bambini già profondamente segnati, doveva trovare un modo per far convergere arte e vita e pensò proprio al linguaggio della guerra, saccheggi, banditi e lotte che il suo pubblico conosceva benissimo. L’autore crea un universo metamorfico dove la volpe si scontra con mansueti agnelli che si riscoprono lupi feroci, affamati di parità azionaria e intellettiva. Non c’è Esopo o Fedro che tenga pur mantenendo uno sviluppo moraleggiante la fiaba muta il suo finale in un’occasione d’incontro. Bobby è il cavallo che si muove in maniera strana ma cosa accadrebbe se Boris la torre nel perfetto controllo della fermezza, al centro della roccaforte restasse ammaliato dal confine della follia? Ecco che il titolo assume una sua ambivalenza e mostra contraddittorietà e duplicità . Perché in fondo quello che resta della storia è l’intricata epopea di due uomini che non nascondono le loro fragilità. C’è un’ipotesi abbastanza accreditata che indica Fisher come affetto dalla sindrome di Asperger e qui Boris non è più solo Ulisse ma anche Priamo il pater per eccellenza che sorprende con l’arma più potente di tutte: l’umanità. Ecco la parola su cui ruota il libro ovvero pater e arriva il terzo protagonista Alessandro che non è più lo scrittore ma un bambino diventato uomo che ripercorre il nastro dei ricordi. Il tema centrale del romanzo è, infatti, quella della mancanza. Ferite laceranti che tracciano un’affascinante psicologia che come Nucci e Recalcati parla alle generazioni. La scelta dell’autore è paragonabile a quella del Manzoni quando decise di scrivere un’ode su Napoleone. L’atto celebrativo fonda la matrice nella caducità dell’essere non nella gloria. Lo stile è ricercato, scorrevole ma anche colloquiale. Bobby e Boris sono candele nel vento della storia che disegnano una nuova mappa nel canone del fantastico. Parlano un loro linguaggio intriso di dolore, compagni di viaggio nella foresta della solitudine che nonostante tutto permette loro di compiere un’impresa titanica, un folle volo, un compromesso con la stessa morte: uno scacco matto tra le stelle .

Conclusioni

Un romanzo sorprendentemente magico, una carezza nel vento, uno straordinario atto d’amore di un figlio verso un padre e di uno scrittore verso i lettori che lo scelgono ancora una volta come Caronte e allora non può far altro che volare sulle ali di un sogno. Barbaglia regala ai lettori l’ennesimo capolavoro, perché sa benissimo, infatti, che attingendo dalla vita e dalla fantasia, si ottiene la ricetta di una perfetta fiaba moderna .

Voto

5/5

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