La principessa ballerina di Stefania Colombo

La principessa ballerina

Sul piroscafo Principessa Mafalda si sono imbarcate alcune tra le più grandi personalità del tempo, da Luigi Pirandello a Guglielmo Marconi, ma la sua leggenda ha inizio già un anno prima della sua nascita, quando la nave gemella, Principessa Jolanda, affonda proprio al momento del varo. E si perpetua anche in seguito, con il naufragio del Mafalda stesso nel 1927. Ad accompagnare la vicenda del piroscafo c’è Menico, figlio di uno dei capisquadra dei cantieri navali di Riva Trigoso. Tra ribellioni, innamoramenti e momenti di crescita, Menico e Mafalda riportano in vita un’epoca non molto lontana, in cui l’esistenza dell’uomo e quella del piroscafo si incontrano nel momento in cui Menico si imbarca sul Mafalda, nel corso dell’ultimo viaggio prima del naufragio del 1927. Due storie universali, capaci di parlare di un’Italia che non c’è più e di un’umanità che non si smette mai di cercare, qui o altrove.

Introduzione

È una notte diversa dalle altre, anche la natura sembra accorgersene eppure nessuno dei due vuole arrendersi a quest’apparente mutevolezza. Una notte di mezza estate dove è impossibile sognare, perché il destino si è portato via anche quello. Che cosa resta a te che sei soltanto un uomo? Uno come tanti te lo dice anche la lingua , quell’ italiano che parli sommessamente non lo hai potuto studiare , le tue braccia forti dovevano essere uno strumento di sostentamento per la tua famiglia . Ecco che quindi ti ritrovi a essere prigioniero di un’universale indeterminatezza, mentre sei alla continua ricerca dell’affermazione, di qualcosa di concreto che ti faccia smettere di sopravvivere in quest’astratta sospensione. Cerchi qualcuno che sia finalmente propenso ad ascoltare la tua storia. Non hai mai creduto abbastanza eppure quasi come fosse un gesto meccanico, alzi gli occhi al cielo e quasi come se la vedessi per la prima volta, ti accorgi che quella notte, come te ha perso la centralità del suo mondo. Una notte colma di stelle ma senza luce. Una voce interiore dice che è la nuda rappresentazione della tua anima. Tu autentico marinaio della vita, sai ascoltare la voce del vento che sta recitando il suo ultimo atto, per quella notte che si annuncia carica di lacrime di pioggia. Tutte quelle che tu non riesci più a versare, né di gioia, né di dolore, acchiappi solo il niente perché ogni colore ha perso la sua sfumatura, ormai sei asettico e assomigli a un motore spento. Vivi questi attimi come fosse il tempo dell’attesa. Attendi che il sonno eterno ti colga per toglierti il peso sul cuore. Nei contorni delle nuvole volano un albatro, l’uccello dei marinai, raffigurazione dell’umana solitudine. Sembra danzare come lei, la Principessa Mafalda di cui ricordi perfettamente ogni attimo, fatica, sudore, dolore. Tutto è indelebile, come il tuo nome all’anagrafe, dove c’è scritto che ti chiami Luigi Ferrari ma hai smesso di esserlo da tempo immemore ormai. Qui sei solo un padre che cerca di far uscire quella rabbia nei confronti del mare. Gli hai dedicato l’esistenza eppure ti ha ringraziato come una balena. Sai che il ricongiungimento con il figlio anche come burattino, appartiene soltanto alle fiabe, la vita è un’altra cosa. Per questo come un ti voglio bene a lungo taciuto che adesso ha il suono del perdono, rivolgi al mare la silenziosa e commovente preghiera di non dimenticare. Di tutto questo e tanto altro parla La principe ballerino, il toccante esordio di Stefania Colombo. Un romanzo che racconta una pagina di cronaca nera della Storia novecentesca ma con una delicatezza tale che ti fa immergere senza accorgertene in un mare d’emozioni da cui non vorresti più uscire.

Aneddoti personali

Questo è un libro che m’inseguiva da tempo, però non c’era stata ancora l’occasione. Un giorno per caso navigo su Internet e mi fermo ad ascoltare la mia amica libraia Maria Pia che parlava benissimo di questo romanzo. Inizio a seguire le dirette del mercoledì svolte dall’editore sulla pagina della casa editrice e lo trovo una persona competente, simpatica con cui sarebbe un piacere collaborare ma figurati se accettano un blog nato da poco mi dico. Una domenica poi un’altra mia grande amica che si chiama Sara Rattaro, fece una diretta per presentare le ultime novità della collana Varianti che cura appunto per Morellini. Con Sara ci conosciamo da anni ormai, sa che amo i suoi libri e un po’ conosce i miei gusti letterari. Mi scrisse che qualunque testo avrei scelto tra le ultime novità, mi sarei trovato bene. La scelta è ricaduta sul libro di Stefania e un altro che scoprirete più avanti seguendo il blog. Così ho conosciuto un’altra persona simpaticissima, molto disponibile e cordiale che è Francesca, l’ufficio stampa. In questo clima famigliare mi accingo a scrivere la recensione di questo meraviglioso libro, con la speranza nel cuore che possa convincervi a leggerlo perché merita tantissimo. Quello che non mi sarei mai aspettato sono sicuramente le grandi emozioni che mi ha fatto provare fino alle lacrime. Non riuscivo a lasciarlo, dovevo continuare la lettura fino a quando mi sono accorto che purtroppo era terminato. È stata un’avventura coinvolgente e ringrazio tutti quelli che me l’hanno consigliato perché è una di quelle letture che una volta entrata nel cuore senza paura, mi fa dire che ci resterà per sempre.

Recensione

C’è chi l’ha definito breve, chi dei bambini ma l’autrice racconta questo secolo chiamato Novecento coniugando con maestria entrambi i mondi. Sfruttando la sinergia dell’attimo tra le nuvole della fantasia trova la chiave per aprire la serratura comunicativa che gelosamente conserva i segreti della Storia, inabissati nella sabbia del tempo. Voci che convergono in un unico armonioso canto di sirena che accompagna come una cullante nenia, i lettori fermi ad ascoltare il suono delle parole che si perdono tra le onde. Non si può parlare di ossi di seppia perché molti non raggiungono la riva, bensì è un intenso alluvione emotivo, dove ogni oggetto inizia una lotta estenuante con l’acqua per non confondere i ricordi e non cancellare la loro storia da raccontare. La stagione predominante nel romanzo è l’autunno e in questa scelta c’è nascosto un simbolismo sospeso tra certezza e vacuità. Tutti i personaggi sono corpi mutilati dalla guerra e dalla vita che trovano nelle foglie la loro più intima rappresentazione. Alla ricerca della propria identità, perdono lentamente vitalità, assumono un colore pallido, ondeggiano sbandano cadono, i in un decadente climax che appare mortale come una schiera di soldati inermi. Questa è la storia degli eterni secondi che tentano di diventare numeri primi, ma sono costretti a esistere tra le luci e le ombre di qualcun altro. Un romanzo che analizza il valore intrinseco del termine gemello, perché a volte si è senza esserlo realmente. Si narra di Mafalda e Domenico che condividono in maniera diversa questa condizione. La grande Storia del piroscafo Principessa Mafalda nata per sostituire la sorella Principessa Jolanda e segnare finalmente un tragitto regale ai confini del mare, si svolge parallelamente alla piccola storia della famiglia Ferrari fino al momento dell’eterno contatto. Il piccolo Domenico non è Anna, non è stato concepito per salvare il fratello, anche perché morto anni prima, ma per alimentarne il ricordo, costringendolo innanzitutto a portare lo stesso nome. Il bambino attua un processo di diversificazione, già dal nome, lui, infatti, si fa chiamare Menico e vuole essere solo il custode di se stesso. Il giovane sviluppa uno spirito ribelle che lo porterà a interessarsi alla letteratura e imparare negli anni del fascismo che il no abbraccia libertà e immaginazione e il si invece indica insabbiamento e accettazione. Questo concetto è pregnante in tutto il libro e diventa lo specchio per affrontare il complicato rapporto tra bambini e adulti. Una caratteristica che la scrittrice condivide con alcuni autori novecenteschi è la brevitas. In tutti i capitoli c’è una certosina attenzione all’utilizzo delle parole, lo stile è lirico, ogni elemento è una precisa pennellata, un tocco gentile e delicato che unito al ritmo veloce e avvincente squarcia l’anima del lettore. Mafalda e Menico subiscono nel corso della storia una lenta e naturale metamorfosi. La nave è un personaggio che il lettore può apprezzare in tutta la sua femminilità, c’è una continua personificazione che racchiude in sé tutto il ciclo vitale. Da giovane ha ospitato uomini illustri come Pirandello, Marconi e De Sica ma nel 1927 ha soltanto bisogno di riposare. C’è tuttavia un ultimo viaggio da fare da Genova a Buenos Aires e in quell’occasione conoscerà Menico, l’aiuto macchinista che allieta l’equipaggio con le sue storie. Menico a sua volta incontrerà Francesco e insieme scopriranno l’incantevole bellezza dei sentimenti. Non si può dire se sia un’amicizia o un amore perché nessuno può assegnare un nome all’autenticità del bene. A voi scoprire il perché la Principessa Mafalda è chiamata ballerina e il commovente finale. Una nave che è l’ideale palcoscenico tra due anime che danzano uno struggente passo a due e con poetica eleganza e disinvoltura raggiungono quei posti dove figli dell’aria e della memoria, possono ballare felici: il sorriso di un bambino e la luce delle stelle .

Conclusioni

Consiglio questo libro a tutti quelli che vogliono approfondire una pagina di storia italiana, compiere un vero viaggio tra Italia e Argentina ma soprattutto leggere qualcosa di veramente unico ed emozionante.

Voto

5/5

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