La stanza di Natalia di Monica Gentile

La stanza di Natalia

Isabella ha dieci anni quando il suo mondo si sgretola: la madre abbandona improvvisamente la famiglia e il padre, del tutto inadeguato ad affrontare la situazione, decide di mandarla in vacanza dai nonni. È l’estate del 1981, e Isabella lascia la sua Agrigento per il nord. Ancora non lo sa, ma è il viaggio che cambierà per sempre la sua vita. A Torino la aspettano lo zio Alfredo, di cui è da sempre un po’ innamorata, il nonno Pacifico e soprattutto Antonia, la nonna generosa e immodesta, geniale e bugiarda, che ha il dono speciale di inventare storie per alleviare il peso di un’esistenza faticosa. La fantasia è un talento, un potere, l’àncora cui aggrapparsi quando la realtà grigia ci sommerge: e Isabella ne viene travolta. Antonia lavora come donna delle pulizie alla casa editrice Einaudi e ogni giorno torna a casa con resoconti strabilianti. C’è un signore di nome Calvino che adora le alici fritte, ma gli guastano il sonno, così la mattina annota su un taccuino gli incubi per trasformarli in bellissimi racconti. C’è Elsa Morante, perdutamente innamorata di tutti i gatti, pure se randagi o malaticci. E c’è Natalia Ginzburg, che scrive reclusa in una stanza dove lascia entrare soltanto i bambini. Isabella si rifugia nell’incanto che solo certe magnifiche menzogne sanno evocare, ma l’indifferenza degli adulti e le loro logiche odiose la feriscono. Così un giorno, spinta dalla sua innata disposizione a mettersi nei guai, compie un gesto di ribellione folle e sorprendente. Quello che, però, la porterà a fare pace con sé stessa e forse, una volta per tutte, con il mondo dei grandi.

Introduzione

Sono sempre  di  più le promesse che come fossero un groppo in gola soffocano il cuore bambino, il pianto non lenisce la ferita né la fa  sparire, ma cicatrizza il peso dei ricordi.  Le parole sembrano perdere significato se rivolte a un vissero felici e contenti che appare sempre   più per quello che è un verso sbiadito di una poesia che ha perso la sua rima, perché la quotidianità è per tutti il riecheggiamento di un frastuono mentre il volto recita il copione dell’imperturbabilità e l’anima vive l’ennesima tempesta senza fine che causa devastazione e vittime innocenti.   Se il microcosmo frantumato si guarda con gli occhi di un bambino che annida la mente nei mille perché allora potrebbe essere l’ennesimo interrogativo senza risposta nonostante sia il più importante quello che permette di dialogare con la sorte e intrecciare il fil del destino che avrebbe sicuramente potuto virare in una rotta diversa.  Se si osserva con lo sguardo di un adulto verso quel bambino, una parola aleggia sospesa tra la terra e il cielo ma i mutismi della colpa la rendono impronunciabile e anche i sentieri dell’immaginazione e della fantasia sono impervi sia nella perdita sia nel ritrovarsi .

Aneddoti personali

Ho conosciuto Monica con l’uscita del libro e già si è creata in questi mesi una magica sintonia. Ho trovato una persona cordialissima e spero di conoscere quanto prima lei e il marito Tommaso. Nelle nostre chiacchierate mi sono ritrovato a parlare e scherzare con estrema naturalezza e l’autrice mi ha trasmesso la stessa fatata serenità che ho provato leggendo il suo romanzo in pochissimi giorni. Pur fidandomi ciecamente dei giudizi della cara Fiammetta, che rappresenta autori e autrici che recensisco da anni, sapevo che il libro conteneva il mio solito scoglio. Chi mi segue da un po’ sa che spesso fatico a leggere romanzi che hanno al centro il rapporto nonni e nipoti. Sento dentro di quel vuoto di non aver mai instaurato quella complicità e quell’affettività che giustamente altri decantano nelle testimonianze e nei libri. Non essendoci un rapporto da poter definire tale non ho provato nemmeno il lacerante dolore della perdita, spiegarvi i motivi sarebbe logorante ma per il rispetto che vi devo e l’onestà intellettuale che mi contraddistingue ci tenevo a ribadirlo. Ho iniziato questo libro perché incuriosito dal collegamento narrativo con la casa editrice Einaudi. Questo si è rivelato un espediente narrativo vincente per una storia limpida e dolce che mi ha piacevolmente colpito e travolto tanto da immaginare che la mitica Antonia uscisse dal libro anche solo per un istante per un caloroso abbraccio. Così come nella vita anche in questa storia non mancano i momenti drammatici si ricorda che qualsiasi difficoltà si stia vivendo, non bisogna dimenticarsi di relegarsi anche un cantuccio per coltivare l’immaginazione, la lettura e le storie perché esse hanno all’interno un potere che disarma, fa riflettere e spesso cura. Io ne sono la prova vivente, ringrazio sempre i libri per avermi scelto. Se non mi avessero salvato, non farei ciò che amo e forse non conoscerei questa piccola grande felicità che si rinnovano tutte le volte. Non vedo l’ora di immergermi ancora con voi nel mondo di Isabella e Antonia. L’augurio che mi sento di fare al romanzo e all’autrice che possa essere amato e diffuso soprattutto nelle scuole per regalare ai giovani un’ancora di speranza nel sentiero della crescita .

Recensione

Se dal cielo spuntasse un bagliore accecante che creerebbe una nave dorata e se per volere del destino una bambina ci salisse per raggiungere il regno della fantasia, troverebbe ancora oggi i sogni cristallizzati e non sarebbe un cartone animato. La frenesia del vivere ha accantonato le aspirazioni e il vento della dimenticanza lentamente uccide non soltanto i sogni ma persino il loro ricordo. La piccola Isabella ad esempio sa tutto sulle stelle anche che quando ne muore una fa male ma non era pronta a tutto quello che di lì a poco sarebbe accaduto. La forza prorompente di un uragano si è abbattuta sulle sue fragili membra e sul suo cuore, comprendo il fragore delle sue lacrime. Non facevano rumore come fiocchi di neve sospesi tra cielo e terra, non raggiungevano il suolo perché avevano perduto ogni possibile riparo. L’unica coperta era la consistenza della sua stessa solitudine. Quei momenti per lei non avrebbero rappresentato soltanto i ricordi di un’ estate ma soprattutto la virata inaspettata del suo futuro. Il suo vocabolario emozionale ricco di e insieme avrebbe dovuto fronteggiare l’insidiosa presenza dei senza. Anche se le persone intorno insistevano che non ci sarebbe stato nessun grado di separazione lei avvertiva tutto il distacco del mondo ed è così che emerge tra le pagine la vibrante e drammatica poetica dell’abbandono. I coniugi Franginesi, infatti, si separano portando nel cuore un pesante segreto e con l’incapacità di vedere le loro colpe. È così che Isabella attraversa gli albori dell’adolescenza . quella stessa fase che i pedagogisti Barone e Mantegazza hanno definito “terra di mezzo “ prendendo spunto da quella tortuosa e ammaliante di Tolkien. La geografia emotiva di Isabella stava automaticamente annullando ogni confine perché sia che si trovi ad Agrigento a Torino, a Lione la protagonista comprende che non serve inseguire il Bianconiglio nella sua tana per avere una visione distorta del reale. In questo romanzo è, infatti, capovolto la concezione dei nani sulle spalle dei giganti perché nel frattempo tra la generazione a confronto si è eretto il pesante e invalicabile muro dell’incomunicabilità L’autrice inoltre analizza con semplicità ma altrettanta incisività il peso e il ruolo narrativo, comunicativo e sociologico della bugia. La protagonista, infatti, diventa a sua volta bugiarda, ma come sostenuto dal critico Lavagetto in un saggio sull’argomento, tutti i bugiardi vivono momenti di difficoltà in cui sono messi alla prova più degli altri. L’autrice sfrutta abilmente questo concetto donando al suo Gian Burrasca in gonnella il suo cosmopolitismo e creando cosi delle tappe che rendono questa storia un avvincente e toccante romanzo di formazione. Il romanzo è suddiviso in trentuno brevi capitoli, con lo stile limpido e scorrevole di una fiaba. Il vero approdo per tutti è rappresentato da Antonia Costa. Una donna pragmatica del Sud che affronta con coraggio l’emigrazione lavorando come sarta e ultimamente anche in un’impresa di pulizie, in un posto speciale. Antonia fa le pulizie, infatti, nella casa editrice Einaudi. Si può affermare che Antonia faccia suo un verso di un brano di Alice nel quale si raccontano desideri, pulsioni e aspirazione della generazione degli anni Ottanta e in cui la cantautrice si chiede A cosa pensano gli scrittori quando scrivono? In qualche modo Antonia utilizza ciò , come se fosse Mary Poppins per addolcire la pillola amara e inaspettata che la nipote deve inghiottire . Racconta, infatti, manie o stramberie di alcuni dei maggiori esponenti della letteratura italiana novecentesca come Vittorini, Morante, Calvino e Ginzburg, per far comprendere alla nipote che anche gli adulti hanno le loro stranezze e che tutte le ombre si possono trasformare in tessuti comodi e splendenti Nel romanzo riecheggiano le magiche atmosfere delle storie di Desy Icardi e la loro potenza evocativa, la stranezza è, infatti, il lasciapassare per il regno dell’immaginazione . Il linguaggio colloquiale tra nonna e nipote e intriso di storpiature e neologismi, perché tutti possono creare il loro Fantabosco, il proprio regno del possibile. Passano gli anni il cielo è tinto di un magico blu e Isabella è ancora lì ad ammirare la città con i piedi poggiati su un libro ma col corpo di donna e il cuore di bambina che si aggrappa a nuove consapevolezze, perché in questo toccante viaggio sull’incomunicabilità madre – figlia, Isabella sarebbe potuta diventare quel fiore di ghiaccio cantato dalla Turci se non avesse incontrato Antonia la perfetta incarnazione della volpe di Saint Exupèry che l’ha fatta sentire unica al mondo e impartito il senso del perdono facendo terminare i suoi sogni di bambina con un caloroso abbraccio anche per chi l’aveva abbandonata .

Conclusioni

Una vera coccola narrativa capace di scaldare il cuore .

Voto

4/5

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