Morte al filatoio di Ottavia Niccoli

Morte al filatoio

Bologna, 9 novembre 1592: don Tomasso, che dirige l’ospizio di San Biagio, viene coinvolto mentre è al Tribunale del Torrone in una denuncia per diffamazione voluta da Violante, una donna che un libello anonimo accusa di aver avvelenato il marito. Il notaio Martini, inquirente amico del prete, gli chiede in via non ufficiale di prendere informazioni da don Lucio, il sacerdote che ha proceduto al funerale e che forse è stato anche l’amante della donna. Nel frattempo, don Tomasso apprende da due ragazzini rifugiatisi all’ospizio, Ettore e Gian Andrea, che il primo ha appena visto il cadavere di una giovane donna nei sotterranei del filatoio di tal Righi. Il corpo, gettato nel canale, verrà infatti ritrovato di lì a poco. La morta risulta essere una lavorante del Righi, Caterina Pancaldi, e l’esame autoptico dichiara che ha perso da poco la verginità. Partono quindi tre processi: quello per il libello, quello per avvelenamento del marito di Violante e quello per “la putta” trovata nel canale. Mentre si svolgono gli interrogatori, don Tomasso aiutato da Gian Andrea prosegue nella ricerca di ipotesi e indizi per incastrare l’omicida.

Introduzione

Che cosa può spingere un uomo a uccidere un suo simile? Una rabbia incontrollata può far arrivare al culmine della perdizione oltrepassando anche il bosco della follia, quel posto che azzera ogni tipo di risposta, perché spesso non si può salvare l’essere umano dal proprio inferno e infausto destino, semplicemente perché non è umanamente possibile, o non si riesce a captare i segnali o più semplicemente quell’individuo non vuole essere salvato perché imprigionato dalle sue stesse fiamme. Un’indagine all’interno dell’animo umano per spiegarne la complessa sfera emotiva con ironia e drammaticità. Arriva una nuova coppia investigativa che cavalca l’onda della storia caratterizzando una concreta possibilità per tutte quelle morti bianche che cercano una loro giustizia.

Aneddoti personali

Questo libro è arrivato a bussare alla mia porta al momento giusto. Dovevo riprendermi da cocenti delusioni libresche e questo testo è riuscito a farmi ritrovare un po’ di quella serenità perduta. Conoscevo l’autrice per alcuni saggi, letti durante gli anni della formazione ma non sapevo come si sarebbe rapportata al mondo della narrativa che si è dimostrata una sua passione tenuta nel cassetto per tanto tempo. La prova è stata ardua ma il risultato più che godibile e soddisfacente. Esordire con una’ età anagrafica importante è uno stimolo per tutti noi a credere nei sogni. La ringrazio per avermi divertito e fatto appassionare. Ringraziando la casa editrice e in particolare il mio amico Mariano Sabatini per la copia, è una grande emozione, tornare a collaborare e scrivere di Vallecchi e farlo con un’autrice di questo calibro con una prova parzialmente riuscita è un vero piacere. Aspetto di leggere le nuove avventure di questo Don Tomasso, per comprendere l’evoluzione dei vari personaggi anche se le buone premesse ci sono tutte e adesso ve le racconto.

Recensione

Una rosa marchiata dal nero della vendetta può tornare a risplendere in tutta la sua bellezza e passione? Non si sa quanto possa esserci speranza se nella scacchiera della vita è proprio la forza della passione a giocare un ruolo ambivalente. Da quando l’essere umano ha scoperto di avere l’innata capacità di simulare con l’arte dell’inganno riesce a covare rancori nell’oscurità della notte facendoli sembrare riconoscenza e benevolenza alla dorata luce del mattino. Tra albe e tramonti s’inseriscono piogge e nevicate un’apocalisse atmosferico che giunge come spade di Damocle sulle azioni umane. Bologna è una madre addolorata che piange le sciagure che si abbattono sui figli che superficialmente pensano di sovvertire la ruota del destino. In questo pericoloso e tortuoso giro di vite s’inserisce un ritratto accurato e implacabile della società italiana cinquecentesca. Il romanzo indaga il tripartito ruolo del giudizio e della religiosità mostrando i preti nella loro umanità tra certezze e caducità, analizzando l’ambivalente rapporto che intercorre tra giustizia e coscienza. Quale via seguire? Ed è attraverso questo interrogativo sospeso che l’autrice ci presentano i personaggi principali della storia. Innocenzo Martini è un notaio preparato e disponibile con la piena consapevolezza del ruolo che rappresenta, è sempre molto impegnato e utilizza come finestra sul mondo, il fidato prete della zona, il caro don Tomasso. L’uomo è un perfetto mix tra Cristoforo manzoniano e il padre Brown di Chesterton. Un nobile che diventa prete conoscendo così il significato intrinseco della parola “ricchezza”. In un periodo dove dai campi germoglia il seme della disperazione diffondendo povertà e malcontento . la piccola comunità dell’ospizio di San Biagio rappresenta un’arca su cui salire per salvarsi senza il peso del giudizio nello sguardo. All’interno di questa speciale comunità viandante serpeggia indisturbata l’ombra del delitto. L’acqua purificante si sporca di sangue e riporta a galla il corpo della giovane operaia Caterina, un bocciolo interrotto prima di diventare una vera rosa. Un’anima bianca che chiede giustizia. Un altro mistero incombe, un uno è stato brutalmente ucciso e la vox populi accusa la moglie di costui il bel Violante. Una serie di morti causati da una stessa mano? Un ‘ attenta disamina è attuata dall’ autrice sulla condizione femminile , superata giuridicamente la pratica del processo per stregoneria non vuol dire che lo sia per tutti . Ḕ difficile cancellare dalla mente della gente , ideologie fin troppo radicate- L’attenzione dell’ autrice si pone anche sull’ infanzia, l’importanza dell’ istruzione che nella miseria è l’ancora della salvezza che permette di aggrapparsi con le unghie alla dignità , un dono che gli invidiosi della fierezza cercheranno di rubare oltraggiando brandelli di corpi e anima . I lettori conoscono così il piccolo Gian Andrea, un ragazzino furbo e spigliato capace di destreggiarsi tra i vari pericoli della strada. Quest’inedita coppia di detective indaga tra gli oscuri vicoli della verità. Storie drammatiche dai temi attuali sono arricchite dall’ironia con cui sono costruite le diatribe tra i due protagonisti. Con uno stile che riecheggia quello di Oggero e Masella, l’autrice ci presenta un thriller semplice e godibile senza particolari artificiosità. Se la struttura prettamente noir appare in tutta la sua semplicità, c’è un elemento che arricchisce veramente questo testo e sono le descrizioni in tutte le sue sfumature. Sono certamente perfette sia dal punto di vista narrativo sia da quello storico. Pennellate raffinate di vera maestria . Una storia di torture e privazioni dove lo spettro della fame fa lo sgambetto al destino. Fame di vendetta e gelosia in un leggiadro tocco d’occultismo dove persino un bicchiere di vino lascia il retrogusto amaro delle lacrime d’innocenza .

Conclusioni

Una nuova voce assolutamente da scoprire, un affresco accurato e godibile per un thriller capace di divertire e tenere compagnia .

Voto

4/5

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