Nel furore delle tempeste . Breve vita di Vincenzo Bellini di Luigi La Rosa

Nel furore delle tempeste . Breve vita di Vincenzo Bellini

Bellini riscrisse, ma con una caparbietà che solo rare altre volte aveva sfoderato, Norma: non vi sarebbe stato che quel titolo. Non avrebbe mai accettato di chiamare in altra maniera il volto che, come Narciso piegato sulla fonte assassina, vedeva già affiorare dalle righe del pentagramma. 26 dicembre 1831. L’esordio di Norma sul palcoscenico della Scala segna insieme l’apice creativo della musica di Vincenzo Bellini e un clamoroso fiasco, che spinge il siciliano a fuggire da un teatro in tumulto e vagare per una città infreddolita. Un uomo lo insegue, impeccabile nell’eleganza ma distaccato e altèro nel portamento; una figura che attraversa, avvolta dentro una nube di mistero, tutta la vita del musicista – quell’esistenza che somiglia tanto a un romanzo, e che le pagine ritraggono alla luce di una passione travolgente e inesausta. Dall’infanzia catanese agli anni difficili della formazione napoletana, e poi il debutto nella lirica, i viaggi, la fama, il trasferimento a Milano e gli eccessi, il repertorio leggendario degli amori infelici. Quello per la giovane Maddalena, figlia del magistrato Fumaroli. Il legame controverso e pericoloso con Giuditta Cantù. Le seduzioni sottili di Giuditta Pasta. Il desiderio etereo e mai appagato per Maria Malibran, diva assoluta e sublime interprete, nella stagione londinese del compositore. E poi Parigi, l’irrompere della malattia e la fine precoce, la solitudine romantica del genio e l’enigma dell’oscuro ammiratore che finalmente spalanca lo scrigno dei suoi segreti, sciogliendo l’intreccio della narrazione. Tessere di un mosaico suggestivo e racconto di un universo – quello del melodramma italiano – che l’abile penna dell’autore trasforma in magnifica avventura, tra puntuale ricostruzione storica e opera d’invenzione, fedele tanto alle verità nitide della biografia, quanto ai tradimenti della finzione.

Introduzione

Sembra strano trovarsi a scrivere di te, come qualcosa di evanescente, perché sei così presente nella mia mente e nel mio cuore, così come in tutti quelli che hanno avuto l’onore di conoscerti amico mio. Nonostante tutto è stato un onore poter testimoniare il tuo passaggio in questo pazzo mondo, dove per te ogni cosa era troppo, anche la tua stessa anima era difficile da contenere in un solo corpo. Ed è così che ebbe inizio una lotta che sembrava eterna tra forza e arrendevolezza. Eri il perfetto riassunto del contrasto. In questo si celava il segreto del tuo successo e della tua bellezza. Abbagliavi Vincenzo nonostante quotidianamente con te portassi un’aura di tormento e inquietudine che ci ha inevitabilmente travolto tutti quanti. Ognuno viveva il proprio dolore senza talvolta farti comprendere nulla. Non c’era bisogna di fingere perché forse non te ne saresti nemmeno accorto, troppo preso dalle storie, dai ritmi frenetici della musica e di quel cuore che galoppava veloce anche per te. Te ne sorprendevi e con candore me ne scrivevi convinto che io tenessi risposte universali. Ero soltanto un uomo e mi arrendevo ai miei limiti . tu li superavi li sbranavi aggirandoli o modificandoli nella loro essenza. Conservando di loro solo il bello. Plasmavi tutto e nelle tue mani ogni sofferenza si mutava in musica, note sublimi e raffinate, perfetta traslazione vitale di una’anima in pena. Eri integerrimo e inflessibile con gli altri e ancor di più con te stesso. La perfezione che ottenevi nella musica, la cercavi ardentemente anche nella vita, invano, perché il tuo scudo fiero non ti avrebbe difeso dalla voragine dei dolori e delle passioni. Appena si accendevano era come un fuoco che avrebbe potuto invadere un bosco eppure la fiamma restava vittima della trappola dell’abitudine e si chiudeva nella monotonia spegnendosi irrimediabilmente. Attenzione a chiamarli fugaci amori perché tu li vivevi con tutta l’intensità che conoscevi ma il confronto con un altro essere che non fosse la musica ti logorava. Vivevi per lei ti eri donato completamente. Fin dal primo incontro mi fu chiaro. Te lo ricordi? Non era facile da accettare per tutti Vincenzo mio . Adesso te lo posso dire, adesso che non devo più difenderti nemmeno da te stesso. Quanto manchi . t’insulterei ancora se questo servisse a riaverti qui, dove ogni cosa mi parla di te. Si combatte la tua assenza con l’ingombrante presenza. C’è stato un periodo in cui non sono riuscito ad andare a teatro per ammirare la tua arte che dalla piccola grande Sicilia ti ha reso immortale. La vita ci ha diviso geograficamente, abbiamo avuto screzi ma il bene ha vinto sempre. Ti ho voluto veramente bene, di un affetto sincero, talmente tanto nonostante il triste e precoce epilogo che tu scherzosamente avevi predetto fin, dall’inizio da ragazzini ti ricordi anche questo? Racchiudo nel cuore la speranza che almeno nel sonno eterno tu abbia potuto trovare l’agognata pace. Rimpiango solo di non averti salvato ma tu non me lo avresti permesso. Hai vissuto brevemente ma intensamente soffoca ogni rimpianto adesso che farai compagnia a quella luna che osservavi maestosa nelle notti d’estate che cangia, ma come te resta sempre bella. Non appartenevi a nessun figlio del mondo, regalo universale di sublime raffinatezza. L’unica cosa da fare era accettarlo e starti accanto nel furor delle tue tempeste.
Sempre tuo
Francesco Florimo

Aneddoti personali

Ho conosciuto Luigi per caso durante il primo lockdown, credo di essere stato tra le persone più presenti nella presentazione online de L’uomo senza inverno. Compresi subito che quello che appassionava l’autore era dissipare le ombre su personaggi di spicco nel mondo dell’arte in tutte le sue accezioni regalando ritratti inediti arricchiti da una fantasia irrefrenabile e sorprendente. A incantarmi ancor più fu la sua persona, quando ho avuto modo di conoscerlo in estate, perché oltre all’indole fondamentalmente buona si resta colpiti dalla competenza e dalla passione con cui diffonde aneddoti e curiosità. Racchiude nella sua persona quella figura d’intellettuale che si sta pian piano perdendo, prendendo appunti sul taccuino con carta e penna che si mischiano agli aromi del mondo. Odori senza fine come la raffinatezza della sua scrittura. Le prove cui si sottopone come scrittore sono ardue per la psicologia dei personaggi che decide di volta in volta di trattare . Lo era stato con Caillebotte e lo riconferma ancora di più con il Bellini. Ho affrontato la lettura come appassionato di lirica e come amante delle ricostruzioni storiche. Come musicista sono stato sempre penoso, però mi sento di ringraziare la mia insegnante di musica delle scuole medie perché se ho studiato così bene e in maniera approfondita le biografie dei musicisti lo devo principalmente a lei Questo nuovo viaggio con Bellini è stato articolato e strabiliante allo stesso tempo. A volte era veramente insopportabile però una personalità che indubbiamente merita di essere conosciuta dettagliatamente. Il ritratto pubblico e privato che ne compie l’autore è minuzioso e tra gli aspetti che mi sono piaciuti di più c’è l’espediente narrativo con sorpresa finale che emozionerà milioni di lettori e il modo di raccontare di Luigi questa personalità rappresentativa e complessa in tutte le sue sfumature .

Recensione

Il naufragar mi è dolce in questo mare scriveva il Leopardi racchiudendo non solo i suoi pensieri ma riassumendo perfettamente il tumulto interiore di una’epoca. Si cavalcava ancora l’onda del classicismo ma con lo sguardo rivolto verso un futuro da costruire su nuove basi. Ogni artista viveva in preda al furor delle proprie tempeste e aveva la sua siepe da superare, ogni volta sempre più grande. Una porzione di mondo da cui cogliere il fulgido bagliore delle stelle. La notte in cui Vincenzo Bellini emise il primo vagito ne dovette passare una cadente per celebrare il passaggio, segno premonitore della fama e della gloria che avrebbe ottenuto. Un miraggio immortale che ha avuto al suo interno un prezzo da pagare ed è stato altissimo. Un baratto con quella stessa vita che includesse nella sua essenza l’intensità dell’ardore che caratterizzava la spiccata personalità dell’artista. Indomito ardore che l’autore descrive magistralmente. La prosa ha uno stampo tipicamente ciceroniano e si contraddistingue per mantenere lungo tutta la narrazione colori tenui che ben raccontano il Pirata tra luci e ombre. Lui è l’emblema perfetto del contrasto. Uno dei temi principali è, infatti, rappresentato dal complesso dualismo che intercorre tra corpo e anima. Un’anima dirompente in un corpo cagionevole. All’interno del romanzo poi l’autore non si limita a raccontare del Bellini ma sfida apertamente le convenzioni ottocentesche sfruttando le carte dell’ambivalenza e del travestimento. Regalando ai lettori un sublime mistero che forse si risolverà soltanto all’ultima pagina. Un omaggio a quel pamphlet di Fielding che nello scandalo sdoganò importanti tabù. Vincenzo che fin da ragazzo volle seguire le orme di quel Pergolesi che tanto ammirava era ignaro che per lui era scritto lo stesso fatal destino. Di quale secolo era figlio Bellini? Lo circondavano personaggi come Francesco Florimo, Cristina di Belgioioso, Saverio Mercadante, Giuditta Pasta, Felice Romani, Margherita Pollini, Giovanni Pacini e altri che rivivono grazie alla precisa e accurata ricostruzione storica svolta dall’autore. Eppure lui sembra vivere sopra di tutto, faceva parte di quel mondo senza potervi entrare veramente perché appena tentavano un approccio diverso erano inghiottiti nel suo stesso devastante oblio. Un uomo che tradusse in musica la sua travagliata parabola. Un viaggio straordinario che ha una sua epicità. Si parte da Catania, per arrivare a Napoli, Milano, Londra, Parigi rimanendo come l’autore profondamente attaccato alle radici. Lo scrittore traccia abilmente la mappa dell’anima dell’artista, tra le pieghe più segrete del cuore che non smise un solo attimo di battere. Un romanzo che indaga su ogni sfumatura dell’amore dall’aforisma concettuale alla nuda carnalità fino alla passione unilaterale. Ancor di più è il romanzo delle passioni soffocate, dei dolori taciuti perché ci sono aspetti che nessuna mimesi deve svelare. La straordinaria biografia di un’arista che ha combattuto la sua rivoluzione mentre un demone ne risucchiava le membra. Un uomo che con la sua arte abbagliava ed esprimeva il candore di quella luna che nelle notti d’estate lo spogliava come un amante che si riflette nello sguardo dell’altro per poi avvolgersi in un mantello e perdersi nella più fitta e infinita oscurità.

Conclusioni

Un romanzo adatto a chi ama le biografie romanzate la lirica e le precise ricostruzioni storiche . Un libro capace di emozionare e riservare qualche spiazzante sorpresa.

Voto

5/5

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