Racalmuto : Focus narrativo tra storia e leggenda . Un ‘ eredità letteraria senza tempo per Vito Catalano

Tante sono le storie ambientate in Sicilia, ma non tutte riescono a superare la barriera del tempo. Ci si perde nei giardini della memoria e in base alla tradizione cui si attinge sia essa collettiva o familiare, si riesce a trovare una propria risposta. Sono ancora valide in questo senso le parole di Natale Tedesco, le quali affermavano che a ogni scrittore siciliano il proprio territorio chiede qualcosa di diverso. Il cammino per il raggiungimento di una risposta può somigliarsi per alcuni aspetti, ma il suo disvelamento è certamente differente perché ognuno si esprime nel genere più adatto, affinchè le orme lasciate faticosamente sulla sabbia non siano immediatamente cancellate dal mare. Le domande aumentano nei paesini, dove la quotidianità scorre circa tranquilla ma ecco che in epoche diverse uno di questi paesini Racalmuto comune siciliana in provincia di Agrigento diede i natali a due personalità di spicco che si sarebbero distinti nell’arte e nella letteratura. Nel 1500 nacquero il pittore Pietro D’Asaro e nel 1921 Leonardo Sciascia. Quest’ultimo in particolare è ricordato perlopiù per importantissimi romanzi d’inchiesta, dove l’impegno politico e la denuncia sociale sono elementi pregnanti e accuratamente accompagnati da uno sguardo acuto e una scrittura magnetica. Quando la visione si tramuta in parola, essa può ferire più di una spada. L’analisi sociologica che emerge dalle opere sciasciane è devastante, ciò si può facilmente trovare anche in questo nuovo romanzo di Vito Catalano. Si è iniziato a parlare di Sciascia, non solo per il legame di parentela che intercorre tra i due autori ma perché Catalano per il suo Il conte di Racalmuto s’ispira a due saggi del nonno, nello specifico Le parrocchie di Regalpetra (1956) e Morte dell’Inquisitore (1964). Il nonno racconta brevemente dell’assassinio del conte Girolamo II del Carretto e il nipote invece narra ciò che è accaduto prima, le azioni che hanno comportato l’atroce fine del nobile. La presenza sciasciana termina qui. Lo scrittore si addentra con maestria all’interno del romanzo storico, costruendo una storia dal ritmo serrato e incalzante che tiene il lettore incollato alle pagine. All’interno del romanzo si respira un continuo senso di morte. Alcuni potrebbero ribattere che anche nella morte c’è vita, ma qui non spazio per nessuna visione religiosa, perché la morte è generata dal seme della vendetta. Il lettore percepisce una solida preparazione letteraria soprattutto classica, si possono trovare riferimenti ad autori come Manzoni, Dumas e Natoli. L’autore parte dall’origine araba del nome Racalmuto che significa villaggio morto, per tessere lo scenario ideale per la sua storia. Nella descrizione paesaggistica raggiunge un elevato lirismo, nonostante la folgorante desolazione utilizza, infatti, terminologie poetiche che alimentano l’immaginazione e fanno risaltare la bellezza. Basta soltanto la camminata di un essere umano, in una notte di luna piena, per mutare l’atmosfera. Il romanzo è ambientato nel Seicento e racconta la fine dei nobili del Carretto, è come se ogni membro fosse vittima di una sanguinosa maledizione, ma nonostante ciò il protagonista continua a mostrarsi per ciò che è. Lo schema utilizzato ricorda quello de i promessi sposi. Ragazze giovani sono notate dal Conte Girolamo che incurante della loro situazione sentimentale, le vuole per sé per soddisfare non solo i piaceri carnali ma soprattutto dimostrare la propria virilità e assecondare la smania di potere. Le donne quindi sono viste come prede, oggetti e trofei da conquistare. La situazione muta quando il conte Girolamo s’interessa a Nunzia, promesso sposa di Antonio. Il potere esercitato dal conte genera malcontento in tutte le classi sociali ma nessuno si ribella perché per quieto vivere preferiscono l’omertà . Inizialmente Girolamo è tratteggiato come il Conte di Mazara del romanzo omonimo di Dumas tradotto solo recentemente in Italia. Appena il ritratto del personaggio è delineato maggiormente ci si accorge che l’efferata crudeltà non è una vox populi bensì la cruda realtà. Il romanzo nonostante la sua brevità è intriso di combattimenti che si rifanno a quelli dei moschettieri. I riferimenti con Dumas però non terminano qui perché si riecheggia la figura di Robin Hood che in chiave siciliana è ripresa dal bandito palermitano Vincenzo Agnello Quest’ultimo exemplum rinforza la radice d’appartenenza che l’autore ha non solo con il territorio ma anche con la sua storia. Gli ultimi due personaggi degni di nota sono la contessa Beatrice e il pittore Pietro. Visti i precedenti riferimenti letterari erroneamente si potrebbe pensare che la protagonista femminile sia delineata su modello dantesco. Beatrice tuttavia è molto più terrena l’elemento che la contraddistingue è una grande inquietudine che si sfoga con un saluto altrui perché è alla continua ricerca di una’ anima che la comprenda pienamente. Una lettura piacevole che analizza vizi e virtù dell’uomo. Il vento della Storia soffia incessante e ci ricorda che in ognuno di noi esiste una parte oscura e non a tutti è permessa una redenzione .