Una lama di luce nel pozzo della paura. Macioci e la scossa che squarcia lo schermo dei ricordi .

Bisognava fare tutto per primi in un tempo diverso come se appartenessimo a due specie diverse. Questo piccolo pensiero è entrato nella mente di tutti noi nella fase che gli studiosi chiamano infanzia. Il periodo della scoperta, del gioco ma anche del placido inganno. Se è il bambino per antonomasia il detentore dei mille interrogativi senza risposta perché crescendo invece di dissolversi come neve al sole, aumentano come mattoni sui sogni? Mostrano tutte quelle crepe che si finge di non vedere per convincersi che basta la stabilità per essere felici. Eppure ecco la prima incongruenza, l’uomo è instabile per natura e i sentimenti sono lo squarcio che pur stando nel cantuccio nei meandri dell’inflessibile cuore ci ricordano puntualmente che nella continua lotta tra ragione frenesia e quotidianità, c’è sempre un momento in cui è possibile dialogare con la propria fragilità senza vergogna, lasciarsi trasportare in un sentiero senza meta alcuna ma che forse permetterà per la prima volta di essere sinceri. L’orgoglio che impervia la stessa anima rendendola la tomba della gentilezza e la parola “scusa” è una formula magica bruscamente interrotta. Scusa a quel bambino che fu che credeva all’Isola che non c’è, agli alieni e alla polvere fatata per raggiungere le stelle. La solitudine è sempre stata la coperta rieducativa con cui coprire il marcio e il decadimento generazionale ma nessuno ha pensato che proprio risiede il radicamento dell’errore? La narrazione di storie come questa serve per comprendere che non c’è riabilitazione che tenga. Il corpo rotto nella sua interiorità non si ricompone mai del tutto, ed è in quell’attimo che costruisce un ponte temporale. Un prima e un dopo la tempesta emotiva attraversando le montagne russe di un trauma che resta indelebile come un marchio sulla pelle, un odore stantio sul profumo dei ricordi. Macioci riprende la visione del rapporto conflittuale tra genitori e figli. Spesso in chiave strettamente filosofica le difficoltà del vivere e del pensare sono dispiegate con estrema chiarezza da bambini cui tale capacità critica non dovrebbe appartenere alla loro età. In questo caso i protagonisti sono Francesco, Christian e Alfredo. Solo l’ultimo dei tre protagonisti è conosciuto involontariamente perché è l’emblema della piccola vita che invece della sorpresa scopre l’ombra della natura. Morta. Voci strozzate d’aiuto che si perdono nella penombra del pozzo della paura. Drammatico affresco di un Italia ormai evanescente. Con la scrittura chirurgica e precisa che lo contraddistingue questa volta intrisa di oscuro onirismo l’autore scuote l’attualità rendendolo materiale malleabile tra la vita e la fantasia. L’Italia intera segue le sorti di Alfredo Rampi ma Francesco in preda al turbinio dei ricordi riemerge dall’ abisso della dimenticanza e racconta che in quei giorni era scomparso anche il suo amico Christian Creoli . Il personaggio ha la stessa funzione del Candido sciasciano. La caduta delle maschere costringe ogni personaggio ad affrontare l’ignoto. La paura spaventa meno quando te la ritrovi come fedele compagna che coordina il ritmo sonno/ veglia nella danza dell’interiorità. Un quadro di generazioni afflitte dal morbo dell’incomunicabilità, inequivocabile segno che la porta non è stata ancora sfondata. Una trama ricca di binomi contrastanti di antieroi che si aggrappano alla luce in fondo al pozzo rinnegando tutto il simbolismo di questi elementi, perché quando ci si abitua all’oscurità è la luce che induce alla riflessione. Non ci sono bambini né grandi ma solo esseri umani spesso ignari del pericolo e che hanno perso lungo le strade di campagna persino il desiderio di giocare e c’è chi invece fa della sua vita un gioco talmente pericoloso che l’errore aspetta al varco perché alla fine tutti siamo destinati a cadere e a produrne il suono, a farne la differenza è il rumore. Uno squarcio di cielo ricco di ombre in cui anche il Tonino di Di Marco troverebbe un suo spazio anzi forse il quartetto farebbe addirittura amicizia e tra due calci a un pallone, gite in bicicletta, corse e navicelle spaziali si metterebbero a ballare nel mezzo dei caos degli adulti che non sanno ascoltare, mentre come schermo di un’epoca quella famosa canzone portata al successo dai The Buggles risuonerebbe ancora una volta.