Una piccola pace di Mattia Signorini

Una piccola pace

Nel 1933, poco dopo l’ascesa al potere di Hitler, un padre si mette in viaggio con il figlio, spinto dal desiderio di tornare nei luoghi delle Fiandre che hanno segnato la sua vita. Solo una volta giunto a Ypres, l’ex soldato tedesco è in grado di ripercorrere una storia che, nonostante l’atrocità della guerra, somiglia a una favola a cui bisogna semplicemente affidarsi. Al centro c’è la figura del fuciliere inglese William Turner, orfano di madre, che si è arruolato a inizio dicembre del 1914 con la convinzione che il suo servizio volontario abbia lo scopo di salvare vite, contribuendo a far cessare il conflitto entro poche settimane. La realtà riduce queste illusioni a brandelli, ma, pur stanco di combattere, William Turner si ostina a tenere fede al suo proposito. Sorretto da un coraggio del tutto diverso dall’eroismo, trova al fronte l’amicizia e incontra persino l’amore. Un romanzo potente e commovente, ispirato alla storia vera di due ragazzi che da soli hanno fermato la guerra. Due soldati semplici che su fronti opposti diedero vita alla Tregua di Natale del 1914 fra le truppe inglesi e quelle tedesche, durante la quale i soldati lasciarono le trincee nemiche per festeggiare insieme nella terra di nessuno, riconoscendo gli uni agli altri la comune umanità. Una piccola pace dentro l’orrore della Grande Guerra. Con l’empatia e la delicatezza di chi ha fiducia nei piccoli uomini capaci di grandi gesti, Mattia Signorini ci consegna una narrazione antica come una fiaba, quasi fuori dal tempo, eppure, proprio oggi, sorprendentemente attuale.

Introduzione

Una notte, una sola notte può bastare per cambiare il destino del mondo? Un obbiettivo ambizioso forse, allora si tenta di allietare quel microcosmo che paradossalmente in quel tempo senza tempo è diventata casa . Un’abitazione condivisa con estranei che dopotutto non lo sono, che sia paglia, legno o mattoni ci si chiede quale sia il senso di tutto questo. Ripararsi da un nemico ma dov’è realmente? Si insidia nei corpi e nei ricordi sfumandoli come nuvole di nebbia e vuoto come un passato non veramente appartenuto in cui gli unici reperti sono le lacrime di pioggia che Padre Cielo sgorga ininterrottamente per tutti quei figli privati di un fiabesco destino . L’agognato finale è una beffa che fa uscire dalle bocche di fiato una risata dal sapore di quell’amaro sale intriso del fango della nuda terra e dell’immagnifica grandezza del mare che si estende fino ad azzerare ogni confine. Quel confine che si fa piccola storia che si perde nella musica del vento. L’importante però è continuare ad esistere perché l’alito di vita e la fame di sogni trovano il modo di germogliare anche nel regno dei morti.

Aneddoti personali

Sono venuto a conoscenza di questo romanzo grazie a una diretta Facebook su Scrittori a domicilio tenuta magistralmente dalla mia amica Valentina. Tale diretta mi ha fatto innamorare di questa storia e la ringrazio di vero cuore. Ringrazio anche la casa editrice per la copia e l’autore per averlo scritto. Spero di incontrarlo e abbracciarlo per tutte le emozioni che ha saputo donare. Ho provato mio malgrado a centellinarlo perché volevo che non finisse mai. Mi sarei fatto cullare per sempre dal tratto armonico e gentile di Mattia ma purtroppo il finale doveva giungere. Nonostante conoscessi l’episodio da cui è tratto trovarlo scritto in questo modo mi ha toccato profondamente riportandomi indietro nel tempo fino a quel 2012 quando emozionato affrontavo la prima prova dell’ esame di maturità Quando scorsi le tracce e la riconobbi . C’eravamo già scelti inconsapevolmente e allora ci squarciammo l’animo e iniziammo a raccontarci. Capirete tutto leggendo la recensione perché la vita altra che non è che un cerchio di ricordi che talvolta nel tempo trovano il modo per bussare ancora a quella porta.

Recensione

Come spiegare la guerra a un figlio che con i suoi occhi grandi sembra contenere tutto il mare del mondo? Fame d’aria e conoscenza cui avrebbe volentieri risparmiato la pagina del grigio sospeso quando non si è né carne né pesce perché si è perduta per strada la propria consistenza. Accorgendosi che si va avanti solo attraverso brandelli di sogni che in mezzo al nulla sembrano la più calda delle coperte. Mutano i desideri e le paure. Si azzera la vergogna perché in guerra non esiste, tutti cadono inermi, talvolta solo stanchi per qualcosa di più grande che li ha inglobati ignari e continuano il loro essere pedine acquisendo la consapevolezza che questa donna chiamata guerra non è un gioco. Li risucchia lentamente in un climax discendente negli inferi dell’ignoto tra corpo anima, risate e giovinezza. Ruba tutto indistintamente anche i ricordi. Ed eccoci ancora a quel punto.Fermi . Immobili come burattini ma c’è un cuore che pulsa. Un cuore cui si chiede uno sforzo immane ma che come una candela nel buio è il segnale che si stava aspettando di ritrovata umanità. C’è quel figlio che fissa il padre per comprendere il perché di quel viaggio, sacrificando alcuni giorni delle vacanze natalizie che potevano passare con amici e parenti. Il padre non sa tutte le risposte alle domande del figlio ma crea un dialogo un po’ come Jelloun quando spiega il razzismo. Una grande tematica che ruota attorno a tanti altri piccoli tasselli che uniti formano una storia. Ḕ questo il tesoro più grande che può donargli, prepararlo al terrore adesso che quella notte scura sta per tornare o forse ci sono già dentro perché è il 1933 e qualcosa sta cambiando proprio come allora. Osserva suo figlio e gli direbbe quella frase di Nizan sull’avere vent’ anni e considerala l’età più bella del mondo ma la pensa come l’autore non è per niente così ma soltanto una mossa propagandistica ricca d’illusioni che non fa altro che alimentare gli errori. Quegli stessi errori che ad un certo punto diventano scelte e allora non si possono scappare. Prigionieri in eterno perché la sensazione di disgusto amarezza e colpa non ti abbandonano mai nemmeno quando quel momento è un lontano miraggio. L’ha condotto nelle Fiandre per far fede ad una promessa ma anche per raccontargli che quella che oggi è la sua famiglia è partita da lì. Lui in quelle zone è rinato. Il suo corpo si è purificato del peccato ed è rinsavito grazie a un piccolo gesto di pietà. Affrontare il fucile con la gentilezza senza permettere che il cuore vada in corto circuito. L’ha compreso grazie a William e questa non è soltanto la sua storia ma è soprattutto il racconto fervido di una generazione ai posteri. Un passato doloroso per un futuro radioso. Sembra quasi il baratto tra il cibo e le sigarette e hanno delle affinità perché entrambe le coppie sono legate alla sopravvivenza dell’esistere. I fiocchi di neve, infatti, non cadono mai con la stessa regolarità ma coprono il terreno con il loro manto bianco inesorabile come il tempo che passa . Ḕ il 1914 la scacchiera mondiale è in guerra, sono in atto mosse strategiche di alleanza schieramenti che si scontrano e reclutano continuamente giovani .Al centro della scena in particolare Inghilterra e Germania. Uno contro l’altro. William Turner è un giovane facchino con la passione per la fotografia. Ha il cuore lacerato da un profondo senso di colpa tanto che tra il ragazzo e il genitore si è eretto un muro invalicabile costruito con sguardi, silenzi e mancate parole. Il giovane sente la guerra come un’ opportunità per mantenere una promessa ma soprattutto per ricucire quel cuore rattoppato che a fatica sta disegnando la via del destino. Una volta arruolato e giunto al fronte, però si accorge del vero volto del dolore. Lo conosce ne sente l’odore e anche il sapore, lo tocca con mano e si convince che la guerra non è come la raccontano i giornali. Lo dovrebbe sapere lui mediante la fotografia ed è per questo che decide di seguire un sentiero diverso e l’amicizia con Edgar e Carl forse lo salverà. Non ci sono nazionalità ma solo giovani che muoiono per l’onore della patria. L’autore partendo da un episodio realmente accaduto offre ai lettori un romanzo molto sensoriale Il romanzo è costituito da cinque parti lo stesso numero dei sensi perfettamente acuiti nella narrazione e anche delle righe del pentagramma è compito del lettore ritagliare i suoi spazi e permettere di comporre quell’armoniosa melodia in grado di donare una piccola pace. Lo stile è raffinato, poetico nonostante racconti la cruda teatralità dell’orrore. Ogni termine è perfettamente al suo posto e sapientemente scelto. Questo è un romanzo particolare al centro c’è la parola “spoglia” di ogni artificiosità gusci di noce da riempire con brandelli di sogni che nonostante tutto donano il tempo fatato di una fiaba. L’autore si addentra in un mondo di uomini delineando variegate personalità il cui fulcro è l’ambiente militare dove si assomigliano e si differenziano tutti. Per questo inserisce al suo interno un topolino e due personaggi femminili. Questi tre personaggi permettono agli uomini di non perdere il loro candore di ragazzi per continuare a sognare un mondo migliore dove si seminano amore e speranza e in cui ogni membro suona qualcosa e intona canti come un’unica grande orchestra. Soldati come la fiammiferaia di Andersen spendono la flebile luce per un po’ di tregua e tepore, un abbraccio caloroso di madre cui si uniscono pioggia e neve che tra la vita e la morte sembravano non avere una fine .

Conclusioni

Un romanzo imperdibile delicato, commovente, intenso, un’autentica carezza nel vento .

Voto

5/5

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