Zebio Cotal di Guido Cavani

Zebio Cotal

Zebio Còtal, rabbioso contadino del modenese, ha cinque figli, poca voglia di lavorare, e un piccolo campo che, coltivato a grano, rende soprattutto gramigna. Zuello, il figlio grande, lo ha mandato a lavorare e vivere dal fratello ricco: una bocca in meno da sfamare, un poco di denaro per ripianare i debiti e comprarsi il vino. Placida, la moglie, bersaglio prediletto della sua ira, lo sopporta in silenzio, mentre la figlia Glizia è l’unica che gli si oppone con fermezza, e insieme cercano di creare un minimo di calore familiare per sopravvivere alla povertà e alla disperazione. Poi Zuello viene cacciato dallo zio perché, ragazzone da fatica, ha sottratto poche lire per sfamarsi. Ma a casa, dove lo aspettano le “cinturate” del padre, che intanto si dà da fare sul fratellino, non può tornare. E così inizia a vagare, il primo della diaspora familiare a cui fa da sfondo una natura crudele e bellissima. Piano piano se ne andranno tutti da Pazzano, chi al Creatore, chi per cercare una sorte migliore, chi svanirà nel nulla. Anche Zebio, incespicando in mille scelte sbagliate, si allontana da casa, prima finisce in prigione, poi è disperso sull’Appennino. E con la famiglia si dissolve anche la speranza in questo romanzo dalla trama scarna e dolente, che però ha in sé oltre alla brutalità della miseria, il pathos della tragedia classica e una lingua rapida, palpitante, che resiste al tempo. Prefazione di Omar Di Monopoli.

Introduzione

Una voce nella tempesta, mentre anche la pioggia del cuore si mette a sussurrare le sue parole, toccando quel lembo di terra cosparso di lacrime e fatica mentre anche il maggese sembra una sofferenza atroce perché ha una storia da raccontare che nessuno vuole più ascoltare. Un racconto che ha il sapore antico di una leggenda ma che potrebbe anche essere ricco di verità perché la sua verosimiglianza è tangibile ad ogni passo. Zebio Cotal potrà essere ognuno di noi, con i nostri dolori privati e le reazioni più disparate e disperate. Nonostante tutto non perdiamo mai la forza di giudicare ogni comportamento marchiandolo di un sangue incancellabile. Il vento della speranza non può soffiare, perché fino a quando continueranno ad esistere l’odio e il rancore ogni essere umano è costretto ad affrontare le intricate vie della perdizione, cercando una risposta nel cielo o in ogni punto invisibile dell’orizzonte senza riconoscere segnale alcuno, perché non si è abituati a leggere l’anima nella sua profonda nudità, convinti che con un’attenta analisi si possa sentire il peso dello sguardo del mondo intero senza trovare pace in questa ennesima lacerazione dell’essere. Cavani è riscoperto e riportato alla luce perché è in grado di parlare con forza dirompente ai lettori di oggi, con crudeltà e verità narrando una storia che altri non è che la difficile parabola dell’esistenza.

Aneddoti personali

Ho conosciuto la bellissima casa editrice Readerforbilind con il libro di Dante Arfelli che ho amato tantissimo con Zebio, il rapporto è stato più complesso e contrastante All’ inizio ho creduto che non fosse adatto a me, lo sentivo lontano, poi conoscendoci ci siamo apprezzati a vicenda e abbiamo trovato la chiave per amarci profondamente La lettura non è semplice, equivale ad attraversare le montagne russe dell’anima. La rabbia che vivono i protagonisti l’ho provata anch’io perché alcune azioni compiute sono ingiustificate, ma alla fine si prova anche a comprenderle e con alcuni personaggi si riesce a empatizzare. Ringrazio per avermi caldamente consigliato la lettura, i miei amici Stefano e Antonello, perché questo è uno di quei libri necessari che costringono ogni lettore a guardarsi dentro.

Recensione

Quindici uomini sulla cassa del morto e una bottiglia di rum da verso di un canto piratesco diventa qui l’esergo perfetto per riassumere la più complessa e grande delle avventure che è la vita stessa. La tragica epopea di un singolo diventa exemplum universale. Bottiglia è qui una donna personificata che seduce e ammalia silenziosamente tra i banconi delle varie osterie, un moderno e subdolo serpente che fa dimenticare i vecchi peccati per commetterne di nuovi. C’è a questo punto una dicotomia contrastante tra apparire ed essere che coinvolge circa inaspettatamente protagonista e lettore. Attraverso l’alcool Zebio, si sfoga, dimentica e trova nella realtà alterata e allucinogena pace e comprensione. Per il lettore questo è il mezzo per conoscere quest’uomo senza i filtri dei segreti e della finzione. Zebio è costretto a mostrarsi per ciò che A. L’autore ce lo descrive come un contadino rude , rozzo , grande lavoratore ma completamente anaffettivo Il rapporto che tutti i Cotal hanno con Zebio e lui con loro , si può paragonare alla storia di Enea e Didone. Tutto nasce da una matrice d’affetto ma poi con il susseguirsi delle azioni subentra la più completa indifferenza. Ogni membro attraversa l’inferno della perdizione e quando si rivedono, faticano a riconoscersi perché ormai tra loro regna l’incomunicabilità e il silenzio uccide ogni parola. Nei trenta capitoli in cui è suddiviso il libro Cavani, narra la disgregante saga familiare dei Cotal, il cui perno centrale è appunto Zebio, un uomo che avendo sei figli sotterra l’amore paterno per una praticità quotidiana, rinuncia ad alcuni di essi per avere meno bocche da sfamare. Da questo gesto e dalla scrittura dura e cruda dell’autore, il lettore si rende conto quanto povertà e miseria siano veramente tangibili, poiché l’astrazione concettuale trova poi la sua concretezza nell’esistere. Cavani trasferisce lo stile e la letteratura verista nelle campagne dell’Appennino modenese e ciò rende appropriata anche una frase che Pasolini utilizzò per gli intellettuali modenesi “ l’uomo colto è con un piede nella melma e con l’altro nella morte”. In questo libro non c’è spazio per alcun tipo di sentimentalismo perche anche per Cavani la letteratura non deve consolare ma essere una piccola grande finestra sul mondo circostante. Zebio è, infatti, descritto come un moderna Mazzarò che deve però arrendersi al destino. È come se l’autore riaprisse con tutta la famiglia Cotal, l’interrotto ciclo dei vinti verghiano contestualizzandolo nella società novecentesca. I Cotal pur appartenendo allo stesso ceto sociale dei Malavoglia non si possono paragonare a questi perché in loro non c’è la voglia di migliorare la condizione ma di mantenere dignitosamente ciò che già hanno, poiché i loro demoni più grandi sono la sopravvivenza giornaliera e la ricerca d’identità. Gli unici elementi che aprono uno spiraglio alla sfera emotiva sono le poetiche descrizioni naturali e l’analisi psicologica dei personaggi. Zebio si può considerare anche un heuntantimorumenos perché rinnega i figli e sfoga su se stesso e sugli altri la sua frustrazione. Per quando riguarda i figli, si può accennare che Zuello il primogenito diventa pastore altrove e Glizia lavora in una locanda. Pur mantenendo la loro povertà per i due giovani il traguardo della libertà e del lavoro è un treno che li porta lontano dal soffocamento paterno che nemmeno l’amore di Placida può attenuare. La donna è costretta a vivere le sofferenze materne in silenzio. Nel romanzo c’è un’interessante analisi sociologica della rabbia, da una parte c’è quella istintiva di Zebio e dall’altra quella più radicata dei familiari nei suoi confronti. La rabbia paradossalmente è l’unico sentimento che unisce il nucleo. Zebio è il fulcro centrale di tutto, infatti, quando si allontana gli altri, smettono d’esistere e muoiono o si disperdono. Con Zebio Cotal non solo si restituisce ai lettori un classico della letteratura italiana novecentesca ma anche la possibilità di conoscere la storia di un uomo che vaga in compagnia della solitudine e di cui nelle notti di tempesta è possibile ancora ascoltarne la voce.

Conclusioni

Consiglio a tutti di leggere questo classico imperdibile per scoprire un autore troppo spesso ingiustamente dimenticato.

Voto

5/5

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