Ci sono mani che odorano di buono di Sara Gambazza

Ci sono mani che odorano di buono

Un pomeriggio d’inverno, freddo da spezzare le ossa, Bina si ritrova sola. Ha ottantatré anni e aspetta suo nipote al parco del Cinghio, un quartiere da cui è meglio tenersi alla larga ai margini di una cittadina perbene. Marta, che di anni ne ha venticinque, e che al Cinghio è cresciuta imparando che il mondo è storto e non lo si può aggiustare, la osserva dalla finestra: la vede farsi rigida su una panchina sfondata, il naso gocciolante, un berretto rosa calato sugli occhi spauriti. Decide di offrirle un tetto per la notte. Poi per la notte dopo e per quella dopo ancora. Marta finisce così per prendersi cura di Bina, e intorno a lei, a proteggere quaranta chili di ossa e grinze, si stringono gli abitanti dell’intera palazzina. Poche strade più in là, Fabio viene preso a pugni: ha sgarrato con la persona sbagliata ed è nei guai, grossi guai. Fabio è il nipote di Bina e, mentre Marta prepara il letto per la nonna, lui bussa alla porta di Genny, un’ex prostituta in grado di raccogliere i cocci altrui senza fare domande. Bina e Fabio vivono giorni sospesi, in un luogo duro e sconosciuto, nell’attesa che qualcosa accada. Qualcosa accadrà. E il destino rimescolerà il mazzo, distribuendo ai giocatori nuove carte. Quei giorni freddi si faranno via via più caldi dentro le palazzine di appartamenti rattoppati: tra coperte rimboccate, il rumore del caffè che sale nella moka, il profumo del sugo e una carezza sulla fronte, Marta, Bina, Fabio e Genny scopriranno che dietro ogni abbandono, nascosti sotto ogni solitudine, sopravvivono sempre la forza di amare e il bisogno di prendersi cura l’uno dell’altro.

Introduzione

Era un giorno come un altro nella mia esistenza sbiadita e profondamente solitaria quando la vidi. Per la prima volta attraverso i contorni della sua pelle ho compreso il valore della parola “dignità”. Non avrei mai immaginato quanto uno sguardo avrebbe potuto cambiarmi la vita. Non ci sono statti braccialetti rotti dell’amicizia tra noi perché non avremmo dovuto nemmeno conoscerci. Non c’entrava nulla con il mio sangue eppure ogni volta che ti ero accanto, lo sentivo ribollire. Un vapore di sentimenti contrastanti che mi ha fatto comprendere che ero alla continua ricerca del mio aroma. Tutti alla fine attraversiamo il tunnel cronico della solitudine e quando una sensazione si muta in consapevolezza, si attua la trappola dell’apatia. Tu mi hai risvegliato dal torpore e mi hai costretto a guardare quanto fossi fortunata per tutta la bellezza che nonostante tutto mi circondava. Ero perennemente in fuga dall’affermazione affettiva tanto da non accorgermi del suo mutamento radicato in un futuro tutto da scrivere nel germoglio di un sopito amore. Frustrazioni e fallimenti servono per rendere ancora più magica la rinascita e anche se tu fuscello mio che mi divertivo segretamente a chiamare nonna (non lo eri ma sei stata la cosa che più si è avvicinata a quest’appellativo immaginifico che abbia mai conosciuto) non lo puoi più fare me so che c’è ancora un domani ed è per questo che non farò sparire quella linea di confine che separa terra e cielo guardando il mondo con i tuoi occhi .
Marta

Aneddoti personali

Ho conosciuto Sara attraverso il caro libraio Antonello e altri amici di Parma. Un libro chiama nel momento giusto ne sono sempre più convinto e anche con questo è accaduto così. Dopo aver letto un romanzo storico, ho avuto alcune cocenti delusioni letterarie, avevo bisogno di una coccola che mi rigenerasse e così mi sono aggrappato a queste pagine che hanno compiuto più del loro dovere perché mi hanno regalato personaggi indimenticabili che spero di rivedere ancora perché è stata una lettura intensa di quelle che fanno bene all’anima. Sperando che a Sara possa giungere il mio caloroso abbraccio non vedo l’ora di condurvi tra queste pagine intrise di profonda umanità.

Recensione

Che strana cosa un mese, quante cose possono accadere! Sguardi e cuori racchiusi nella somma degli attimi che si osservano a rallenty come fosse un film . Una sensorialità percettiva che trasforma il grigiore nella sfumatura di un mattino e in quell’istante che anche le sbiadite foglie d’autunno si riempiono del chiarore delle stelle. Al centro della storia un gruppo di anime rotte disperse nella fragilità del loro stesso vivere. Talvolta gli intrecci del destino possono essere una salvezza. Non sempre si può porgere l’altra guancia e dalla dignità degli incassi sgorga un grido di strozzato dolore inascoltato che spezza le ossa e frantuma persino l’aria nella solennità dei respiri in attesa di un piccolo aiuto. Come in una canzone di Niccolò Fabi l’autrice invita il lettore a indossare vestiti diversi dai suoi, solo così si può abbattere il radicato muro dell’egoismo e dell’indifferenza. La vita della giovane Marta trascorre tranquillamente nella sua precarietà almeno fino a quando un giorno non vede seduta sulla panchina di un quartiere malfamato un’anziana infreddolita e rannicchiata, perfetto fotogramma della teoria dell’abbandono. Un’aggrovigliarsi d’ipotesi si attanagliano nella sua mente ma c’è un’unica certezza sente il bisogno irrefrenabile di tenderle una mano. Sguardi che s’incrociano e si riconoscono nello stesso momento in cui il conducente di un’altra barca alla deriva trova l’inaspettata ancora della salvezza in una prostituta. Lui si chiama Fabio e conosce il veleno della marchiatura e la sua tossicità che muta anche il colore delle vene. Con Genny però si ritrova ad abbassare la maschera della fierezza perché lei ha appreso sulla sua pelle il codice della violenza e sa che anche i silenzi possono fare rumore. Quattro anime apparentemente equidistanti iniziano un viaggio rocambolesco alla scoperta di una’affettività mai veramente conosciuta. La ricetta dell’empatia ha ingredienti sorprendenti, come il sugo con le lumache o i biscotti al cioccolato e sciogliendosi sembrano apparire come tante piccole stelle in un cielo di cartone. Frammenti di un domani che è ancora oggi e che portano al loro interno una strana carnalità che ha le aromatiche sembianze di una casa. Fatiscente forse anche utilizzando i pastelli immaginari della fantasia ma nessuna reggia donerebbe quello stesso calore che quelle anime rattoppate si regalano. Lo stile dell’autrice è semplice e scorrevole ma profondamente calda e accogliente. Una storia unica con i toni di una fiaba moderna. L’odore di un pane che ammalia e riscalda, la saggezza di un’anziana dal nome buffo che ha perduto il candore della risata e che fronteggiandosi con i problemi di senilità e solitudine di quegli straordinari dirimpettai costruisce un ponte per collegare il sentiero della memoria con quello del cuore, per creare legami indissolubili e trascriverli in un libro che ha bisogno di nuovi occhi per essere letto mentre quel tutto così precario acquisisce una nuova luce che si disvela nella poeticità di un abbraccio.

Conclusioni

Un libro che consiglio a tutti quelli che sono alla ricerca di una storia toccante e a tratti commovente .

Voto

4/5

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