Sono tornato per te di Lorenzo Marone

Sono tornato per te

Cono Trezza e Serenella Pinto sono due giovani del Sud, cresciuti nella zona del Vallo di Diano, tra Campania e Basilicata. Lui contadino, lei figlia di un artigiano di idee socialiste. Si sono conosciuti che erano adolescenti, aspettano solo il momento di sposarsi. Ma sono gli anni Trenta del secolo scorso, e a mettersi tra loro ci sono i fascisti. Soprattutto Romano, il figlio del podestà. Stufo di subirne l’arroganza, Cono si ribella, compiendo un gesto che la sua famiglia pagherà a caro prezzo. Poi la partenza per il servizio militare, e dopo l’8 settembre 1943 la deportazione in Germania. A tenerlo in vita, saranno la speranza di rivedere Serenella, l’aiuto di un compagno di prigionia dal cuore grande e la sua abilità nel tirare di boxe.
C’era uno sport che veniva praticato nei campi di concentramento, il pugilato. Piaceva al Führer, piaceva alle guardie naziste che scommettevano sugli incontri, piaceva ai kapò che obbligavano i prigionieri a combattere di notte su ring improvvisati. Sono tornato per te racconta la storia di chi è sprofondato in quell’inferno e ne è uscito aggrappandosi a un ricordo.
«In quella stanca e sventurata stagione che aveva già vendemmiato, nella quale le foglie a una a una cadevano dai tralci, Cono ripensò al bacio con Serenella quando erano accovacciati sotto le viti. Ma qualcosa dentro di lui gli impedí di lasciarsi spezzare, in testa gli si conficcò l’ordine di non dimenticare, di tenere bene a mente il pianto di Benedetta, gli occhi disperati di sua madre, le urla di suo padre, il volto sfatto di Serenella. Per tutti loro avrebbe resistito, e per lei un giorno sarebbe tornato».

Introduzione

Una promessa che nell’intreccio dei corpi riecheggia l’odore della terra e nelle mani callose ritrova la foce della speranza di potersi annullare nuovamente un dì in quell’abbraccio. Una poesia popolare dell’ abbastanza che cerca di sconfiggere la bestia più implacabile e feroce di tutte Una storia cruda sull’ odore acre del sangue e sulle prove incandescenti e vertiginose che un filo d’erba deve oltrepassare per dimostrare al mondo intero la sua consistenza . Restare lì anche a chilometri di distanza senza che il vento della Storia lo sballotti e lo muti troppo e aspettare che su di lui si poggi il suo sguardo ed emozionarsi fino alle lacrime riconoscendo che i cardini del suo cuore sono intatti e basta il fragoroso suono della sua risata per farlo sciogliere oggi come allora .

Aneddoti personali

Ho letto molte opere del caro Lorenzo ormai e sono felice di costatare una sempre più crescente maturità. Conscio di essere davanti ad una storia in cui non ci sono colpi di scena e stravolgimenti narrativi tali da sorprendere il lettore, l’autore deve giocarsi necessariamente la carta dell’emozione. Quando la storia dal punto di vista narrativo procede spedita e lineare è essa stessa a chiedere all’autore uno sforzo maggiore per non risultare piatta, Marone lo fa e sorprende in un modo che scoprirete leggendo la recensione. Ringrazio di cuore la casa editrice Einaudi per rinnovarmi ogni volta la fiducia e Lorenzo e Silvia per l’incommensurabile affetto e stima . Ḕ stata una lettura veloce e intensa sempre molto piacevole che riporta il lettore in un’epoca sanguinosa e dolorosa ricordandogli i valori sani dello sport.

Recensione

Spesso ai bambini si raccontano le cose del mondo addolcendo e utilizzando metafora e similitudini per donargli quella sfumatura di colore che il dolore inevitabilmente altera.   Come si fa a parlare semplicemente della sofferenza e della violenza quando le prime a mancare e morire son le parole? Si raggruppa del fogliame e in questo giaciglio naturale coperto di neve e di sogni sfumati si affida il segreto alla sacralità del tempo.  Cono Trezza ama la pioggia, sa che l’acqua è l’elemento che gioca    a  carte col destino della sua famiglia e degli altri contadini della zona.  In questa precaria sussistenza si rallegra di aver unito intorno   al fuoco ogni membro e la sensazione gli sembra quella di una parvenza di felicità tale da farne un ritratto . Ḕ ignaro il povero Cono che quelle piccole gocce avranno di lì a poco la stessa amara consistenza delle sue lacrime.   A pochi isolati di distanza abita la famiglia Pinto etichettata da tutto il vicinato per le convinzioni politiche sovversive Serenella è una giovane dolce dal carattere buono come il pane appena sfornato, ma è anche ribelle e sfrontata.   Il signor Pinto invece è un modesto artigiano che può riparare tutto tranne le pene del suo cuore perché per quell’aria nefasta che s’inizia a respirare nel 1938, non sembra esserci soluzione . Ḕ un richiamo di morte che immola la giovinezza relegando i restanti a un futuro ancora più incerto.   Ognuno di quelle famiglie conosce     bene il linguaggio della perdita per questo si affidano alla candela dell’attesa e alla solennità della preghiera Cono crede che quella patria che richiede la sua virilità sia maligna perché nessuna madre chiederebbe al figlio di allontanarsi da quei rintocchi dell’amore che troveranno però il modo di tramutarsi in speranza. Negli occhi di Cono vive l’ardore del fuoco e nessun vento nemmeno quello della Storia può pensare di ingabbiare una tigre. In queste pagine nonostante la linearità narrativa, i toni si alternano magistralmente.  Il romanzo si suddivide in due parti nel prima l’autore dedica ampio spazio al fulgore di questo nascente sentimento e lo descrive come un bocciolo primaverile.  Nella seconda parte la poeticità lascia lo spazio al drammatico e rovinoso schianto con la vivida realtà. Nel mezzo germoglia il pugno della violenza pronto a sferrare il suo micidiale attacco dall’altra  parte della riva.    L’autore utilizza abbondantemente la prolessi inoltre sorprende perché in tutta questa brutalità affida ai lettori uno dei suoi romanzi più poetici, la prosa è, infatti, intrisa di un incantevole lirismo che si dispiega sia nella ruralità sia nelle macerie.  Per il protagonista il romanzo si può considerare una formazione emotiva per calibrare la voracità e ferocità della sua rabbia. Comprende, infatti, che la vera forza è il saper controllare le emozioni e non lasciarsi dominare ma soprattutto che il silenzio contiene al suo interno una miriade di parole e che spesso non bisogna difendersi dagli animali ma da quegli uomini che perdendo l’umanità conducono al macello i propri simili, la carne si mischia ad altra carne e l’odore del sangue e della morte regnano sovrani.   I nemici fanno assistere a quest’atroce scempio affinchè i restanti si tramutino in bestie. La sfida della sopravvivenza è non diventarlo.     L’autore si sofferma su una della più grande passione di Hitler e dei nazisti il pugilato raccontando il suo svolgimento all’interno  dei campi   di  concentramento.    Il protagonista ha una spiccata abilità per questo sport ma imparerà sulla sua pelle gli aspetti valoriali.  Questo è un romanzo che non ha soltanto una memoria   storica ma che annida le radici e dialoga anche con la drammatica realtà.  Analizza, infatti, lo sport nella sua essenza e nel suo sano agonismo scevro da qualsiasi forma di strumentalismo e d’incitamento all’odio. Nello spazio circoscritto del ring ogni differenza tra guardie e deportati si annullava e si cercava di onorare anche  se clandestinamente quella comune passione.  Ogni sconfitta può contenere al suo interno una vittoria.  In questo teatro d’ingiustizia l’autore ha voluto dedicare il romanzo al piccolo Sergio  De  Simone una delle vittime dell’Olocausto morto dopo essere stato utilizzato come cavia per esperimenti medici.   Con questa dedica lo scrittore riporta l’intera narrazione alla celebrazione del candore. Nella deformazione del corpo e dell’anima questo vuole essere un inno non solo alla caduta ma anche alla sopravvivenza perché nessuna guerra può annullare il codice salvifico della bellezza .

Conclusioni

Conclusioni
Un romanzo tenero e delicato che descrive tra amore e rivalità la seconda Guerra mondiale in ambito sportivo.

Voto

4/5

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