Il riscatto degli emarginati mette l’universo allo specchio . Alfredo   Palomba e l’immaginifico viaggio nelle pieghe paurose della realtà.

Se dovessimo disegnare il male come lo raffigureremmo? Nudità e contorni si perdono nei confini di uno spazio che ha nell’ astrattismo la piena consistenza del suo stesso esistere . Spogli di tutto si troverebbe comunque un ostacolo che non si riesce a oltrepassare. Questa è la descrizione del primo incontro tra il singolo uomo e il proprio limite. La resa non è contemplata. L’umana testardaggine induce a compiere e duplicare azioni per celare il segreto dell’errore per non vedere che si è andato a sbattere ancora una volta contro il vetro del fallimento. In quest’incredibile mania di grandezza si comprende che la percezione dello sguardo fa la differenza. Obiettivi piccoli permettono di osservare il mondo circostante e analizzarlo in ogni sua parte sviluppando una capacità critica a lungo sopita. Questo racconto è prima di tutto uno scontro tra idea e pensiero che si trova a essere protagonisti di quella realtà metanarrativa che pensavano di aver creato. L’idea è un barlume momentaneo destinato a spegnersi nell’attimo successivo. Il pensiero è un seme insidioso che nasce dalla mente, ma instaura un’armonica comunicazione col corpo fino a bussare alle radici del cuore e stanziarsi. Scardinando anima e cuore si giunge all’ultimo atto il più complesso: la riflessione. Non ci sono regole o schemi tutte le certezze possono essere capovolte in un istante ed ecco che l’uomo confrontandosi con la sua stessa fragilità resta disarmata e infinitamente piccolo. Vorrebbe ritornare bambino e cercare un appiglio, un’ancora di salvezza ma è tutto irrimediabilmente vano. Non resta altro da fare che affrontare l’ombra che non gli fa più ammirare quel cielo stellato alla finestra perché da tempo immemore è prigioniero dei colori del suo buio. L’affascinante spettacolo cui l’autore invita i lettori è la frantumazione dell’io che cerca una nuova riva per ricomporsi. L’onestà e la scorrettezza si confrontano abilmente in un preciso tessuto metalettarario che diventa un viaggio immaginifico nella finzione e nella realtà. Di quale dei due regni bisogna a questo punto avere più paura? Con il suo stile chirurgico , incisivo e introspettivo Palomba riporta alla ribalta un caso di cronaca : l’omicidio di John Lennon immaginando d’intervistare addirittura Mark David Chapman il suo assassino. Il loro salotto non è imbandito non ci sono comode poltrone su cui sedersi è un gioco di sguardi e parole in chiave orwelliana, non ci sono fattorie ma avviene nel parlatorio di un carcere. In fondo ognuno vive la sua prigione. Tutto ciò diventa un espediente letterario per mettere l’universo allo specchio e raccontare senza sconti e consolazione alcuna le pieghe paurose della realtà. Il lettore si annida all’interno della mente del killer che è tracciato in modo lucido e anche talvolta candido. Il lettore è inizialmente ignaro di essere parte integrante di questa straordinaria tessitura che scucirebbe mille volte per farla ricominciare. L’intervistatore e l’intervistato indossano delle maschere che solo alla fine forse cadranno e qui la sfida ha raccontato il vero o è una bugia costruita ad arte? I due sono in questo caso antropomorfi ma non possono frenarsi del tutto e far emergere vizi e virtù della loro personalità. L’autore tratta abilmente bullismo, malattia mentale, morte, stralci di vita, violenza domestica e tanti altri argomenti a sfondo sociale che sono perfettamente incarnati nella pelle di chi legge come macchie indelebili. Ad ascoltare attoniti il numeroso esercito di umiliati e offesi che come giocattoli sono rapiti dalla fissità dell’istante, proprio mentre un potente vortice si sta per abbattere su di loro per scontare le colpe e lasciare solo la desolazione. Oltre a riferimenti dostoevskiani lovecraftiani riecheggia la strofa di una canzone che invita a immaginare che non ci sia il paradiso né l’inferno ma solo un cielo e la gente che vive libera e in pace solo per l’oggi. Strofa di un sogno infranto perché quella gente non smette di lottare quotidianamente contro i propri demoni e poi perché da parte dell’autore la scelta di focalizzarsi su due persone John e Mark, la cui vita per causa ed effetto sono terminati negli anni Ottanta? Forse perché le questioni esistenziali non sono mai realmente mutate, per questo possono raccontarci la drammaticità odierna. Oltre loro s’inserisce tra le pagine la battaglia di Alfredo che diventa personaggio utilizzando un apparato critico che è un’indagine accurata sul mondo editoriale e le sue difficoltà. Un racconto sul sapore amaro della libertà ricco di parole e suoni, riscatto per gli emarginati che con coraggio fanno sentire la loro voce.