La casa dell’ uva fragola di Pier Vittorio Buffa

La casa dell’ uva fragola

Tra Varese e il lago Maggiore, a Castello Cabiaglio, che una volta si chiamava soltanto Cabiaglio, c’è un grande portone verde, il portone della Casa dell’uva fragola. Ernesta, Francesca ed Ezechiella sono le donne che hanno vissuto nelle sue stanze e nel suo giardino. Quadri, mobili, fiori, alberi raccontano le loro storie. Quella di Francesca innamorata di un uomo che è stato al fianco di Garibaldi. Quella di Ezechiella che sposa Giovanni per amore, anche se forse non lo ha mai confessato nemmeno a se stessa, mette al mondo sette figli e guarda Ernesto, il suo primogenito, partire volontario per la Grande Guerra. E, prima di tutte, Ernesta, forte e volitiva, che nella casa ha lasciato un’impronta che durerà nei secoli. La Casa dell’uva fragola, dove tutto sembra iniziare e tutto finire, ha molto da narrare e molte nuove vite da veder sbocciare. Per salvare quella dimora e i tanti ricordi che contiene, si sarà disposti a tutto. Pier Vittorio Buffa racconta la storia di una famiglia tra le guerre d’Indipendenza e la Seconda guerra mondiale, con intensità e precisione. Da un lato la vita al fronte, vista con lo sguardo disincantato di chi di guerra ha già scritto e studiato tanto, dall’altro la lunga attesa di chi resta a casa, scruta la porta aspettando notizie, trema per l’arrivo del postino. Di chi ha, comunque, un disperato bisogno di amore. Poi le feste e la mondanità, le nascite e i matrimoni che si alternano a scelte decisive e coraggiose, a momenti drammatici che segneranno per sempre la famiglia. Mentre la pianta dell’uva fragola è sempre lì, con la sua vitalità, i suoi colori, i suoi profumi.

Introduzione

Tutte le case hanno un grande potere nascosto che è quello di raccontare e lo svelano solo a chi è in grado di dare una coperta all’anima per proteggere e curare quelle schegge lasciate dal destino e che sembrano segnare la rotta tra amore e dolore nel sacro e indelebile filo della memoria. Fotogrammi sparsi che si tramutano in ricordi, gioielli che splendono nella preziosità dell’attimo tracciando luci e ombre nell’inesorabile danza del tempo. Avanza e rallenta fino ad arrestarsi ma cosa significa fermarsi in questa circolazione di silenzi e sospiri? Accorgersi che lo sguardo non è così impassibile come si pensava perché è stato appena attraversato dal candore di una nuova emozione cui bisogna cercare un nome per avere la certezza di averla vissuta e non lasciarla prigioniera dell’ ignoto del vivere .

Aneddoti personali

Sono riuscito a captare la potenza di questo romanzo subito guardando la copertina e leggendo la sinossi. Che io sia un grande estimatore delle saghe familiari ormai è risaputo. I motivi per cui l’autore si differenzia, li troverete nella recensione. Mi trovavo davanti ad un gran romanzo lo sapevo ma non credevo così. Quando la mia amica Mariella mi ha chiesto che libro avrei voluto per il mio compleanno, le dissi senza indugi La casa dell’uva fragola e sono qui oggi a ringraziarla perché mi ha fatto un regalo commovente che mi ha riscaldato il cuore. Quando la mia bravissima amica scrittrice Simona mi ha telefonato per chiedermi un consiglio sui romanzi da presentare a Massa al Festival del romanzo storico tra i titoli le consigliai questo, sapendo che avrebbe apprezzato anche come lettrice. Domenica, infatti, l’autore sarà lì e ne sono contentissimo. Ogni volta mi sorprendo sempre però come si dice quando ti circondi di bellezza non aver paura di dirlo. I regali in questo caso sono stati due il libro e Pier Vittorio. Lui è un vero signore nell’animo, un uomo d’altri tempi, una personalità elegantemente raffinata e di una dolcezza estrema più dell’uva di cui si parla. Vi devo confessare che potevo terminarlo prima ma me lo sono centellinato perché non volevo abbandonare quei personaggi. Non volevo farvi aspettare ancora per il desiderio di condividere questa magia e quindi eccoci qui. Credendo fermamente che il rapporto instaurato con Pier Vittorio durerà nel tempo, spero un giorno di abbracciarlo e magari assaggiare questa marmellata di cui leggerete perché tra le lacrime vi assicuro che viene pure una gran fame.

Recensione

È una tiepida sera d’agosto, il caldo sembra aver firmato una tregua ma l’inesorabile danza del cuore non vuole arrestarsi . Quella carezzevole brezza tinge le stanche membra e l’anima martoriata di un nuovo colore mentre la donna cerca distrattamente di leggere un libro, ma i pensieri si annidano e si aggrovigliano nel tortuoso labirinto della memoria, ed è come se le sfuggissero volando in un altrove irraggiungibile. Un cadenzato dondolio intriso d’amore e di dolore muove inaspettatamente anche la vecchia seggiola mentre lo sguardo si perde in quell’orizzonte che traccia un magico sentiero tra la fantasia e la vita. Una calda voce lontana emette suoni percettibili che si tramutano in parole e riecheggiano una storia, quindi non resta altro che lasciarsi cullare. Si ritorna al tempo che fu quando in quei luoghi anche le pietre facevano rumore. Una casa in cui regnavano interminabili silenzi e profondissima quiete che però non erano destinati a durare ancora a lungo. Si sa che la vita è come una sinfonia che alterna un suadente silenzio a una rombante tempesta. Giovan Battista Porrani stava per vivere la sua . Nella sua abitazione sita a Cabiaglio in via San Rocco n.2 il ricco possidente ospitò il segretario comunale Ezechiele Zanzi, il podestà della zona Carlo Carcano e persino Garibaldi quando la nazione non si chiamava ancora Italia e la libertà era un grido di rabbia e disperazione. Tra la dominazione e la sottomissione nasce il sacro fuoco del patriottismo che qui come nel fiume della Storia assume varie forme. In quest’appassionante danza tra le epoche esso muta secondo la percezione del dolore e le macerie della perdita. La casa però già allora aveva assunto il suo nome popolare grazie ad Ernesta e alla vite di uva fragola, emblema di rinascita e unione nel rispetto e nell’amore che unisce il susseguirsi delle generazioni. Il romanzo racconta dettagliatamente che cosa accadde tra le due guerre, giovani allo sbaraglio come carne da macello che perdeva anche la propria identità in un’interruzione di sangue e morte che sembrava non veder la fine. Famiglie sospese che speravano che il postino non fosse sintomo di sciagure ma un palliativo per alleviare la propria angoscia destinata a una mutilazione perenne che poteva essere superata solo con la dirompente forza della dignità. Questa è la storia di Giovanni De Maria ed Ezechiella Zanzi che sono stati un grande esempio nel saper coniugare amore e pragmatismo. Un romanzo sul coraggio delle donne alla continua ricerca di un’ emancipazione in un periodo in cui la brutalità era il tratto distintivo, c’erano loro Carmela, Pia, Lina, Cencia che cercavano di dirottare la loro esistenza in un’altra direzione. Lo avevano appreso anche da Isidoro Fochi, il postino della zona che mutava quotidianamente il proprio tragitto nella speranza che quella nenia di morte cessasse la prima possibile. Ognuno nel suo piccolo angolo di mattoni e polvere attuava la propria rivoluzione. Il romanzo è costituito da ventiquattro capitoli di varia lunghezza diviso in quattro parti. Nulla qui è un caso ed ha una sua simbologia. Il numero quattro, infatti, è la rappresentazione della concretezza e si coniuga perfettamente con la simbologia del numero sei che indica armonia ed equilibrio in famiglia, sentimento vivido per tutta la storia. Nella costruzione classica di una saga famigliare l’autore inserisce alcuni accorgimenti inediti che riguardano perlopiù lo stile. Il suo è un taglio giornalistico in cui il narrare è un passare in rassegna ogni evento. L’autore passa facilmente dall’utilizzo della terza persona a quella della prima ma soprattutto riesce a scrivere un romanzo senza dialoghi. La scelta si addentra perfettamente nel modus della famiglia protagonista. Gli Zanzi De Maria hanno quasi paura delle parole e anche dei loro sentimenti per questo l’autore analizza il delicato confine che intercorre tra vergogna e pudore. Ci si affeziona a ognuno di loro grazie a una persistente caratterizzazione che si nota solo andando oltre le parole. Lo stile di Pier Vittorio Buffa si può definire gestuale C’è, infatti, un magistrale studio fisiognomico, ogni personaggio comunica mediante azioni e volto donando una straordinaria teatralità alla scrittura stessa. Ḕ come se avesse scritto la sceneggiatura di un film muto e invitasse il lettore a cercare il suono nascosto delle parole nei meandri segreti del cuore, proprio nel momento in cui toccando, le giuste corde nasce un’inaspettata emozione. Un’unica voce narrante che ci racconta anche di personaggi buoni e coraggiosi come Ernesto e Agostino, due anime pure che l’orrore della guerra ha provato a cambiare, ma loro hanno reso la generosità, il tratto distintivo poiché anche quando si attraversa l’inferno non si smette di essere umani. Tra amori, morte, dolore e inaspettati segreti un romanzo arricchente dal punto di vista storico, con fonti accurate e un tratto peculiare nelle descrizioni. Gioie e caducità di una grande famiglia, un legame che azzera il tempo e fa pronunciare senza paura per sempre .

Conclusioni

Un romanzo unico che vi farà emozionare e commuovere .

Voto

5/5

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