Nel campo degli zingari di Ottavia Niccoli

Nel campo degli zingari

Don Tomasso viene incaricato dal nipote di occuparsi del piccolo feudo di Cerreto sull’Appennino bolognese. Ma già lungo il viaggio si imbatte in un uomo assassinato con un colpo di archibugio. Se a ciò si aggiungono la presenza di un gruppo di zingari accampati ai margini della tenuta, oscuri traffici di contrabbando e un altro omicidio, ecco che la vacanza del sacerdote si trasforma in una brutta faccenda da sbrogliare, per ristabilire la giustizia in paese e in famiglia.

Introduzione

La lettura dei comandamenti come tutte le cose del mondo non sono esenti da interpretazioni distorte e spesso l’umana convinzione oscura ogni tentativo di svelare la verità per usufruire della copertura della menzogna. Quando il tetto della propria casa è senza stelle perché la luce sembra aver dimenticato quel figlio nato in una fredda notte d’inverno, eppure qualcuno si sofferma ad ascoltare le pieghe del suo silenzio e del suo dolore alimentando la rabbia di essere nato dalla parte sbagliata del cielo. Seduce il diavolo cibandosi di timori disperazione e pericolo illudendolo l’ignara vittima di essere il protagonista di un poema epico. Lo stolto compie un passo in più nel baratro della vendetta quello che tinge le domani di sfumature dello stesso colore tramutando ogni sentimento in pura avidità e travalicando il confine già labile tra avere e possedere .

Aneddoti personali

Mi ritrovo per la seconda volta con piacere a viaggiare nell’universo di Don Tomasso che ho già imparato ad apprezzare nel primo volume. Rituffarsi nella scrittura di Niccoli è veramente un balsamo sono storie che pur basandosi su una verosimiglianza storica hanno l’intento di dilettare regalando ai lettori qualche ora di svago. Sono stato veramente felice di ritrovare alcuni dei personaggi e che della questione irrisolta abbiano trovato una loro risoluzione. Ci si addentra in questo secondo volume nella sfera familiare del protagonista e quando si devono risolvere questioni familiari, si sa alla fine qualcosa nell’animo muta, perché l’essere umano non può vincere, perdere e combattere per sempre, per esistere nella sua pienezza ha bisogno di un luogo, dove poter tornare. Ringrazio ancora una volta Ottavia, Mariano e tutta Vallecchi per la fiducia e la possibilità Sperando che le rocambolesche disavventure di Tomasso e la sua combriccola possano continuare a lungo mi accingo a raccontare impressioni, accadimenti e analisi nella recensione.

Recensione

L’irreprensibile quanto imprevedibile lotta tra onore e menzogna trova nella famiglia il terreno fertile in cui covare indisturbata. Una coperta di silenzi e rancori in cui tra le pieghe del tempo si comprende che anche quello che all’inizio è semplicemente un filo d’erba può tramutarsi in un rampicante. Ogni sentimento in qualsiasi forma e di qualsiasi essenza converge in un unico e solo richiamo quello del sangue. Esso ne richiama incessantemente altro ed è così che la battaglia vera o astratta ha inizio. All’autrice non resta altro che cantare di queste armi di questi eroi che passano in rassegna aspettando che la lente della verità tocchi le loro già stanche membra, perché arriva un momento in cui non è possibile celare più né le virtù né i vizi. Virtuosismo e caducità all’interno di queste pagine camminano a braccetto tra i salici, pioppi e il profumo degli oleandri, è la cartina tornasole per disvelare il decadimento umano costringendo anche chi ha vissuto nel calore dell’ombra a fronteggiare la maestosità della luce. Tutte le strade possono condurre a una via, ognuno ha la propria Roma o Damasco da trovare, la sua esistenza è indubbia risiede nelle redini più segrete del cuore e conta i granelli della sabbia dell’attesa. Ognuno quindi può essere considerato un eroe e la propria impresa essere raccontata con un’ammaliante liricità. Non esistono imprese più epiche di altre a farne la differenza è la capacità di donarsi. Il dispiegamento delle forze, una dose di fortuna e il cauto utilizzo dell’intelletto scriveranno l’esito che fino allora resterà incerto anzi in preda a tentazioni perenni. Solo se si attraversa nudi senza vergogna la selva del turbamento e della follia, si può accendere la speranza di una rinascita. Dalle vicende del primo volume son passati cinque mesi e don Tomasso sono affetto da una malinconia inconsolabile e una consequenziale intrattabilità che acuisce la sua solitudine. Prigioniero della routine ecclesiale ha perso il frenetico bagliore nello sguardo che la risoluzione di alcuni delitti gli sapeva regalare. All’improvviso si trova a riprendere la ricerca incessante del colore della giustizia. Per questa seconda indagine l’autrice ha deciso di far addentrare i lettori nella sfera privata del suo padre Brown bolognese. Con una scusa il conte Ettore nipote del protagonista invita lo zio a passare alcune settimane nella tenuta di campagna e farne le sue autorevoli veci. L’aria rigenerante del luogo svuota il viso di Tomasso dal pallore e permette alla scrittrice di descrivere poeticamente quest’affresco rurale intrecciandolo con la vita campestre della comunità tra misticismo credenze e ingiurie radicanti. Un gruppo di zingari si è da poco insediato nei luoghi adiacenti e sono accusato dei furti e omicidi che si susseguono indisturbati. Al fianco di Tomasso ancora una volta il vivace e acuto Gian Andrea che avrà un ruolo fondamentale nella risoluzione dell’intricata matassa, ma ci si focalizza maggiormente sulla figura del giovane Camillo indeciso se essere l’erede di famiglia oppure entrare nell’ordine dei gesuiti. Quale può essere la via della rettitudine? Per tutti i personaggi l’indagine è un viaggio iniziatico per riprendere il dialogo con la propria anima . Lo stile dell’autrice si mantiene raffinatamente colto e scorrevole come il precedente ma rispetto all’esordio si riscontra una differenziazione nei toni. La narrazione, infatti, acquisisce una maggiore dinamicità nella svolta noir, si spoglia, però delle bellissime e dettagliate pennellate storiche che sono state cifra di riconoscimento della suddetta e anche dei seguiti cruenti per soffermarsi maggiormente sugli intrecci riguardante la sfera psicologica dei personaggi coinvolti. Nonostante sia ambientato alla fine del Cinquecento, sembra un perfetto fotogramma della società attuale. Una battaglia tra orgoglio e pregiudizio che fa emergere un impoverimento culturale basato qui su una mancata inclusività del multiculturalismo. Un’accurata analisi sull’avidità umana e sul seme della vendetta proprio mentre a popolo e nobiltà sono richieste prove d’essenzialità. Un romanzo in cui amore e morte mischiano le carte del destino poiché anche la caverna più buia alla fine si tinge di una nuova alba .

Conclusioni

Una lettura godibile e appassionante che vi tiene tanta compagnia .

Voto

4/5

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