I Calcagnanti di Nicolò Moscatelli

I calcagnanti

Timoteo è un ragazzino nato e cresciuto alla Casa della Buona Volontà, sorta di bordello in cui vivono le tante ragazze di cui è il beniamino e il cuoco fra’ Gaetano, quel che ha di più simile a un padre. Da lui Timoteo impara le storie magnifiche che costituiscono la sua principale educazione, avventure di banditi e fuorilegge – i calcagnanti – animati dalla più nobile delle idee: combattere l’ingiustizia e i soprusi di ricchi e potenti. Sogna di diventare uno di loro, da grande, e finire sulla forca come un eroe. L’occasione non tarda ad arrivare. Timoteo scopre un cadavere nel canale. Il crudele barone Raimondo fa arrestare e condanna a morte fra’ Gaetano, accusato dell’omicidio. Timoteo, ricercato a sua volta, viene salvato dalle donne della casa, ma poi è costretto a fuggire e a unirsi alla banda dei calcagnanti. Romanzo d’avventura, romanzo di formazione e insieme fiaba anarchica, I calcagnanti ci ricorda quanto i libri, le storie condivise e gli “irregolari” che incontriamo sul nostro cammino siano importanti per crescere e imparare a opporci, né soli né disarmati, all’arroganza del potere.

Introduzione

Come formare i giovani al gusto dell’avventura e gli adulti a ritrovare la porta della fantasia di cui pensano di aver perduto la chiave a causa della frenesia del vivere. Questo è l’ambizioso obiettivo di questo romanzo che fonda la sua radice sulla riscoperta e la riappropriazione. Come quando si entra in una soffitta e si resta ammaliati dalla bellezza dell’antico e accorgersi che con un tocco di originalità non passa mai di moda .

Aneddoti personali

Ho conosciuto per caso Nicolò proprio in virtù di questo libro straordinario e da lì in poi ne ho parlato a tutti, ricordo che il primo della lista sia stato il mio amico Salvatore. Dell’autore mi ha colpito la cordialità e il suo non volermi pubblicizzare il libro a tutti i costi. Ricordo che dopo i primi convenevoli mi disse di provare a vedere se il testo facesse a caso mio, perché non era un libro per tutti e dopo averlo attentamente letto, lo posso confermare. Penso però che nonostante queste premesse tutti lo debbano leggere . Ḕ un’opera magica che sembra condurre in un mondo altro senza alcun artificio incantato se non quello del narrare. In quelle stesse settimane l’amica Sara R., formidabile lettrice e editor magistrale ne consigliavano caldamente la lettura. L’unica cosa che mi dispiace che io e l’autore siamo troppo lontani perché abbraccino, mi augura di conoscerlo un giorno e che comunque possa sentire la mia vicinanza. Lo ringrazio caldamente per avermi permesso di vivere questo sogno.

Recensione

Che cosa si cela nel cunto di una fiaba? Non tutti possono sciogliere questo magico nodo . Solo il cuore indomito di chi è disposto a comprenderne l’arcano linguaggio. Una storia sulla propensione della meraviglia per imparare a guardare il mondo con occhi diversi, in cui le barbarie si combattono col candore della semplicità e dell’infanzia che fugge troppo presto, come una preda che non vuole essere catturata, eppure si ha il sentore che stia sfuggendo al più prezioso dei tesori. Un romanzo che indaga dal punto di vista sociologico il nulla e il tutto come fosse una partita con il mazzo truccato, cui il finale appare già scritto ma attraverso questi elementi si annida nel senso comunitario del vivere. L’autore crea, infatti, un worldbulding atipico, in quest’aspetto risiede la sua straordinaria originalità, perché non utilizza alcun elemento fantasioso ma solo quella della parola. Per il protagonista il racconto funge da pozione dell’immortalità, nonostante ogni giorno accarezzi il volto della miseria. Timoteo non è mai nudo, né si sente povero perché è invitato ogni giorno dai suoi amici a un doppio lavoro d’introspezione. Stare alla finestra e aspettare l’arrivo delle nubi della malinconia per poi scacciarli con convivialità e allegria. Sono queste le sue armi, per prendere a pugni quel destino beffardo che l’ha fatto nascere nell’altra metà del cielo. Visitare da dentro la cerchia dei ribelli gli permette di conoscere il senso di giustizia, fatica ed equità, parole trasfigurate dal fango, dall’acqua e dai sapori culinari ma che forse si avvicinano al loro significato più intrinseco. Con la figura di Timoteo l’autore rispolvera la condizione di orfano tipica della letteratura ottocentesca, lo fa crescere però nella Casa della Buona Volontà che non è un esempio limpido di legalità. Fin da subito il lettore coglie che nonostante questa casa non abbia porto o armadi che conducano a un Altrove, si sente parte integrante di questa moderna comunità di dannati. Questa casa- mondo è il loro regno da difendere e lo faranno con il potere mistico e salvifico della letteratura perché anche i libri possono essere fuorilegge. Nella costruzione il romanzo riecheggia di classici come Collodi, Calvino e Pennac, è un libro ibrido che alterna sapientemente romanzo e racconto intrecciandoli come un merletto perfetto per essere eleganti interiormente in ogni stagione della vita. L’autore inserisce le disavventure dei briganti come un racconto mensile e per ogni capitolo, costruisce un mattone verso la maturazione del suo uomo bambino. Autore e personaggi debellano la costruzione boccacciana poiché per loro non ci sono re e regine perché la corona simboleggia tutto ciò contro di cui combattono. Si rivela quindi una storia picaresca e anarchica ai confini della fantasia in cui persino una tenera amicizia ha il profumo di un primo amore, ma è profondamente osteggiata e solo nel finale forse il bivio del cuore che coinvolge Timoteo e Matilde avrà una sua risoluzione. Nessun elemento è lasciato al caso nemmeno la costruzione in sei capitoli perché il numero sei simboleggia la contrapposizione tra gli uomini e il Creatore, infatti, un’altra figura istituzionale che i banditi combattono è quella dei preti. Nessun uomo può essere vicino alla mistica verità così utilizza le parole con la fine arte della menzogna per pura convenzione e così che questa storia il vento del perdono non è ammesso perché sarebbe come rinnegare azioni e ideali e quindi il proprio essere. Il lettore conosce quindi Fra Gaetano , Pia , Ninetta , Fiorenza , Ottofrido ,Landolfo , Ulisse e gli altri nella loro carnalità , talvolta brutale ma sincera Il loro mito è infatti Giordano Bruno . Lo stile è ricercato colto ma scorrevole, la prosa è ammaliante. Lo scrittore utilizza un registro variegato che si concentra, sul significato tripartito del contrappunto: musicale, stilistico e gergale. Uno scontro estenuante contro un despota spietato e arrivista, una sacrificata lotta operaia affinchè possa risplendere la luce del domani con il profumo dell’agognata libertà. Una storia avvincente e rocambolesca in cui si respira il vero senso dell’arte e del teatro tra spettacoli e divertenti travestimenti. Non ci si dimentica che la sorte è scritta nei tarocchi e la polvere del tempo è lo specchio del mondo e forse basterebbe guardarsi dentro affinchè ognuno di noi si senta un eroe e perché tale componga l’armonica melodia delle note ribelli .

Conclusioni

Un romanzo unico, originale che dona ai lettori una prosa elegante veramente ben scritta e permette di creare un cantuccio per evadere e sognare ancora .

Voto

4/5

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