Il silenzio dei giorni di Rosa Maria Di Natale

Il silenzio dei giorni

Peppino Giunta, siciliano di nascita e milanese d’adozione, nello spazio di una notte racconta il suo drammatico vissuto al capo della redazione dove lavora come correttore di bozze. Ma ricostruendo i dolori del passato nella sua Giramonte, paesino ai piedi dell’Etna brulicante di contadini orgogliosi e passioni umane troppo umane, aumentano le probabilità di perdersi tra apparenza e realtà. Quanto può far male il rifiuto della diversità? Può, almeno la morte, spegnere i vecchi rancori familiari? Il romanzo è liberamente ispirato al “delitto di Giarre” del 1980, che portò alla fondazione del primo nucleo di militanti gay e l’anno successivo, a Palermo, alla prima Festa nazionale dell’orgoglio omosessuale.

Introduzione

Era una notte buia e tempestosa è uno degli incipit più famosi e abusati dirà chi leggerà queste righe, forse è vero ma quando essa riassume perfettamente la tua vita, allora assume una connotazione emotiva del tutto diversa. Non sono qui per essere assolto da nessuno per la scelta drastica che ho compiuto, riecheggiano le parole del prete del paese e di mia nonna, praticante e osservante. La vita è un bene prezioso e inviolabile, bisogna averne cura. Eppure queste parole che dovrebbero squarciarmi l’anima non fanno sgorgare né sangue né lacrime. Ho pagato il dazio in vita, sangue marcio del giudizio che piange in silenzio per non essere visto nella valle abbandonata della dimenticanza. Lo sguardo doveva essere fiero, era uno degli aspetti imprescindibili per essere veramente un uomo. Asciugavo così gli occhi inumiditi perché la luce del sole cocente non doveva mai incontrare le gocce di rugiada e come una foglia imparavo la musica del vento e mi lasciavo trasportare in questa danza improvvisata mentre m’immergevo contemporaneamente nella dura legge degli uomini. Sembra una contraddizione e solo ora mi accorgo che lo era veramente o forse più semplicemente lo sapevo già allora ma non lo accettavo. Perché direte, non sei fuggito da tutto questo? Non si poteva allora, era tutto diverso e credetemi se vi dico che alcune cose non sono affatto cambiate nemmeno adesso. Sono solo mascherate meglio ma ci sono ancora, sono troppo radicate nel sistema sociale per sparire totalmente. Come diceva Manzoni, ai posteri l’ardua sentenza? Non posso far altro che rimettermi anch’io a questo, perché il tempo della storia coincide col mio . perché non ho avuto modo di costruire qualcosa che fosse veramente mio. Ho vissuto per anni come volevano gli altri e quindi mi sembra la giusta conclusione rimettermi nuovamente al loro volere, sperando che siano più indulgenti di coloro che avrebbero dovuto amarmi. Ho permesso per troppo tempo agli altri di annullarmi, è questa la mia unica colpa, perché amare, non lo è mai. L’ho capito grazie a lui, desiderio e fonte dei sogni miei, ognuno qui ha scritto la sua verità, era arrivato il momento che scrivessimo la nostra. Coppia anche solo per un istante, nella nuda descrizione di un attimo, quello stesso attimo che ci sollevò da terra e ci ha reso figli dell’aria. Ho recitato tante di quelle preghiere che l’Ave Maria e il Padre nostro si sono fusi e confusi nella disperazione dell’esistere. Mi sono volutamente risparmiato l’Atto di dolore, perché non mi pento di averlo amato. Il dolore è con noi, nostro fedele compagno e quindi ha capito perché lo abbiamo escluso. Io egoisticamente lo stavo lasciando solo a combattere la battaglia, ma dovevo immaginarmi che mi avrebbe seguito e così accadde quello che sia narrato nel libro Il silenzio dei giorni Volevamo un po’ di pace, un piccolo gesto di pietà che è stato negato. Ho capito che lui era una parte indissolubile di me soltanto alla fine, quando ha trasformato un’azione nata dal dolore, in atto d’amore. Un solo attimo, un ti amo appena sussurrato, una carezza sul viso e ci tramutammo nella polvere di stelle che porta i nostri nomi Saverio e Matteo.

Aneddoti personali

Ho preso il mio tempo per leggere il libro di Rosa Maria perché ogni libro avverte quando vuole essere raccontato e poi ci sono testi che ti si annidano nella pelle e nel cuore e si ha bisogno di metabolizzare tutto per comprenderli pienamente. Nella sua crudeltà veritiera è un romanzo intriso di emozioni, perché mette a nudo il lettore e lo costringe ad affrontare inquietudini e paure è un meraviglioso messaggio di vita, anche se ha al centro degli omicidi. La diversità è un valore aggiunto e spesso non si capisce, emarginando e isolando senza una vera colpa. L’aver letto che è ispirato a fatti realmente accaduti che conosciamo tutti benissimo, inizialmente mi ha fuorviato perché Il silenzio dei giorni, è molto di più ma lo scoprirete un po’ leggendo la recensione. Qui posso dire soltanto che spero di poter un giorno l’autrice, abbracciarla e ringraziarla per aver scritto questo libro potentissimo che mi ha commosso.

Recensione

Dove sta la verità? Dove la finzione ? Interrogativi senza una vera risposta come quelli che si chiedono dove vada a finire il cielo e in quale punto converga col mare , in un ‘ estasi di blu tra le porte della fantasia senza confini. Il dilemma di un giornalista spesso è come scrivere un articolo di cronaca? Utilizzare uno schema prefissato che comprenda un linguaggio in parte forbito , che rispetti sia la sensibilità altrui sia il politicamente corretto ,colonne che trasudano di verità e quotidianità ma che proprio prima del punto , quando tutto sembra finito ecco la chiusura ad hoc per scuotere le coscienze e far insorgere in chi legge il dormiente senso civico . Quando si analizza un fatto da lontano, si può notare aspetti che i coinvolti non vedono, perché si gode di una prospettiva differente che prende in considerazione tutto il tempo e lo spazio del mondo e li circoscrive con precisione e cura ma quando si tratta di narrare tutto si annulla. Non esistono veramente misure temporali e spaziali perché una storia entra nelle case e nelle vite altrui e, allora ognuno la rende propria. Che cosa accade quando storia e vita si uniscono? Lo sa bene Peppino Giunta l’enigmatico personaggio che narra tutto . Il lettore lo conosce nel mezzo del cammin della sua esistenza mentre inaspettatamente sta mettendo in scena la sua personale notte dei pensieri. Un flusso di coscienza liberatorio che sgorga come un fiume in piena, e non c’è bisogno di chiedere se il tacito Riccardo Armeni sia l’interlocutore giusto, il suo cuore lo sa. Anche perché il concetto di giustizia è troppo labile, l’ha imparato sulla sua pelle. In cinque macrocapitoli Peppino si racconta a Riccardo, denudandosi completamente, facendogli vedere quello specchio frantumato dell’anima che per anni è stato abitato da rovi e corvi. Fuoriescono così digressioni, parole incespugliate che si aggrovigliano e contrappongono alla nitidezza dei ricordi e del senso di colpa. Il romanzo parte da lontano lascia la nebbia milanese per atterrare nella Sicilia degli anni Settanta a Giramonte e inizia con un’analisi sociologica del pettegolezzo che avvicina l’autrice alle tematiche di Brancati , ma poi si comprende che quello è solo un escamotage letterario, si sta preparando il terreno per qualcosa di più grande e socialmente sconvolgente L’autrice attua una vera analisi antropologica sulla cattiveria umana e meschinità . Di Natale si muove con maestria nella società omertosa descritta tra gli altri da Sciascia. L’autrice utilizza uno stile ancora più crudo e duro e i suoi personaggi sono tipicamente di stampo verista. La solida conoscenza culturale le permette di mischiare un po’ tutto e dare voce agli oppressi, ai cosiddetti diversi ed ecco che il racconto si riempie di luci e ombre inaspettatamente. Per Michele dare ai suoi figli il cognome Giunta era un vero onore, tutti gli dovevano rispetto e obbedienza, questo era ciò che avrebbe voluto trasmettere loro, ma accecato dalla terra non si accorse di firmarne la condanna. I due fratelli Saverio e Peppino non erano liberi d’esistere al di fuori da Giramonte, basti pensare che Catania fosse considerata terra di confine. Peppino si ribellava con la scrittura, Saverio covava e stava in attesa della sua occasione, riversava nello studio le frustrazioni adolescenziali ma questo non bastava per tenere a bada il demone dentro di sé. Fino a quando la sua strada s’incrocia con quella di Matteo, l’omosessuale del paese che gli fa vedere il mondo con occhi diversi e scoprire le delicate gioie dell’amore. Che si chiami Giarre o Giramonte non ha importanza alcuna, la pietra tombale sulla vicenda la mette la società che il titolo del libro riassume perfettamente. Il silenzio avvolse quei giorni e tutti quelli a venire e divennero anni. Peppino stanco di portare questo peso decide che è arrivato il momento di tingere quel cielo di verità e arcobaleno. Non solo silenzio perché tale ma anche omertà e insabbiamento, perché era troppo semplice per una popolazione catalogare un evento increscioso come un delitto di mafia. Quella stessa parola che non doveva essere utilizzata perché bisognava negarne l’esistenza ma che a sua volta risultava comoda per nascondere altre atrocità. Un esordio potente che inchioda lettori e personaggi alle proprie responsabilità Segreti inconfessati di un gioco da grandi, racchiuso in un corpo bambino. Il vento del cambiamento soffia ma non si può sentire se si lasciano le finestre chiuse. Come Narciso si specchiò innamorandosi di sé e in quel luogo nacque il primo fiore, magari su quell’albero ci sono i frutti degli amori considerati impossibili che ci insegnano che l’amore vuole amore sempre.

Conclusioni

Consiglio vivamente la lettura di questo libro a coloro che cercano una storia tremendamente attuale che nonostante le atrocità sappia emozionare, toccando le corde più segrete del cuore.

Voto

5/5

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