Il silenzio del mondo di Tommaso Avati

Il silenzio del mondo

Questo romanzo narra una saga familiare che si svolge in un periodo di tempo che va dall’avvento del fascismo fino ai giorni nostri. È la storia di tre donne: nonna, madre e figlia, tutte non udenti. Rosa viene dal tempo antico e contadino. Impara una lingua simile a quel che vede e tocca: forte e sanguigna. Quella lingua è come una madre, se la porta con sé fino alla fine, e per essa si scontra col mondo civilizzato che non la capisce, e che lei non può comprendere. Da Rosa nasce Laura, che cresce nella grande città, conosce la lingua della gente, la governa, la padroneggia. Ma quella lingua che tutti parlano in realtà non le appartiene. Riconoscerlo è doloroso, richiede fatica, ci vuole coraggio. Una volta accettata la verità, sarà difficile tornare indietro. E da Laura nasce Francesca che è il prodotto dell’oggi. Parla la lingua di tutti, usa codici sofisticati, alterna tivi, evoluti. Ma Francesca sospetta che non bastino, lo capisce poco alla volta mentre l’ansia del mondo lentamente la assale.

Introduzione

Una vita dal profumo aspro del domani non me la sarei mai aspettata e forse con la saggezza dell’età non l’avrei mai voluta. Ti dicono che l’esistenza è un insieme di scelte per tutti ma per me è una beffa perché nessuno ha lavato e asciugato la mia coperta di sangue e lacrime. Un’omertà incredibile che sembrava contaminare anche il mio diritto di sognare . Ḕ come se io avessi firmato inconsapevolmente un contratto di dovere eterno alla sofferenza interiore, una devozione assoluta, come la migliore delle spose. Quanto possono condannare le parole e quelle piccole sono le più insidiose, credetemi. Che ne sai potreste dirmi tu che hai vissuto sempre ai margini del tuo stesso mondo . Ḕ vero, un’affermazione inattaccabile. Non riuscivo a comprendere quello che avrebbe dovuto essere il mio universo perché lui non si sforzava di farlo con me. Dal buio della mia stanza sono in perenne dialogo con me, una canzone incessante, dal suono rombante se solo lo potessi sentire. Un brivido scuote il mio corpo, lo percepisco, nella sua acutezza mi sembra quasi di sfiorare il cielo e toccare le stelle. Che magica illusione salvifica! Chiedo a queste luminose sorelle di proteggerla mentre io prigioniera di un nido che non ho mai sentito mio aspetto che arrivi il momento. Sono sempre stata un tutt’uno con l’intonaco delle pareti, increspature comprese, un mobile antico bagnato dall’acqua che insorge come uno sparo nell’aria che interrompe la quiete apparente e sembra portare via l’ultimo barlume di ricordi.
E poi ci sono io mio piccolo fiore, chiusa in un involucro di bugie o verità traslate che ti assicuro non fa meno male. Chissà cosa avresti pensato di me e soprattutto di tutti quegli atti che ho compiuto da quando fisicamente non ci sei più. Noi che eravamo in simbiosi, nonostante tutto, nonostante lui. Forse la piccola grande maledizione della nostra famiglia non è quella che tutti potrebbero pensare ma non avere una figura maschile di riferimento su cui poter veramente contare. Non che ne avessimo bisogno però ci avrebbe fatto quantomeno galleggiare nel ciclone sociale che con il suo grande occhio è pronto a giudicare inesorabilmente. Sai da figlia da quanto in me è avvenuta, la mutazione del suono mi manca ascoltare l’eco del tuo nome pronunciata dalle mie labbra come il più candido e puro dei baci. Era la mia piccola ancora quando come cicatrici indelebili ho compreso le colpe di papà e di mio marito. Questa travolgente sfida non è stata mai per noi perché qualcuno sapeva che l’avremmo vinta ma per tutti quelli che avrebbero provato a starci accanto. Quasi goffamente verrebbe da dire perché avrebbero dovuto affrontare i limiti umani e ridimensionare la percezione di essere giganti. Frutto del mio infinito amore per te è anche la rabbia che m’invade. Sembra incredibile ma sono anche profondamente arrabbiata con te. Perché mi hai reso così integerrima? Ci sono cose che non si possono perdonare, l’ho capito anch’io ma non sai che grande dono l’indulgenza. Un raggio di sole nell’inferno del vivere e l’ho compreso grazie a lei. Ho avuto più coraggio di te. Ho combattuto per salvaguardare la mia preziosa individualità. Era scritto nel rintocco del mio destino. Però lei mi ha fatto comprendere che così facendo ho costruito un muro invalicabile tra me e gli altri . Adesso che sempre quel destino mi sta donando un’altra opportunità non la voglio sprecare.
E infine ci sono io qui chiusa nel mio studiolo a pensare al mistico potere della fotografia. Quanti segni celano gli occhi e i contorni del viso! Raccontano una storia come fosse un romanzo. Io che sono l’unione di due universi, testimone e memoria storica di una’epoca mi perdo nella miriade di questi fotogrammi di parole che mi fan tornare bambina abbracciare l’infanzia, afferrarla per mano e annullando ogni peso, ogni diversità lasciarmi cullare da questo bellissimo gioco intrecciato anche ai sogni proibiti. Quello che stringi tra le mani è la storia di un linguaggio che non è più solo nostro ma che spero caro lettore possa apprezzare nel segno di mia nonna, mia madre e di quello che un giorno non troppo lontano forse anch’io diventerò
Con affetto
Rosa , Laura e Francesca

Aneddoti personali

Conosco Tommaso da anni grazie   agli importanti lavori cinematografici svolti da lui e dal padre . Potendogli parlare ho scoperto un amico fraterno di rara sensibilità che spero di abbracciare presto .  Questo è il primo libro che leggo di Tommy e lo divulgherò da oggi all’infinito. Ho anche l’ultimo libro ma prima  di leggerlo mi dovrò riprendere da questo .  Nelle dimensioni è un libro piccino che avrei potuto terminare prima, ma ho centellinato la lettura perché moltissime pagine mi hanno commosso  fino   alle  lacrime.  Ero   già     preparato     alla  tematica  trattata   grazie   a  tante  letture  che  mi  sono   rimaste  nel  cuore     tra  cui   segnalo Dacia     Maraini  e    la  sua  Marianna  Ucria     Stefano   Corbetta  e  il  suo   strabiliante   La  forma  del   silenzio   e     il   testo   teatrale  di   Giusi   Cataldo   e    Marco  Caronna    Le  voci  buie   che  ho  letto   per  la   mia     tesi  di  laurea     sperando    che   possa  essere     un giorno  rappresentato  Nonostante   ciò  cosa    può  colpire  ? L’intensità della scrittura e i toccanti fotogrammi intrisi di quotidianità disarmante .  Nella scrittura non c’è pietismo Tommaso conosce questo  mondo e lo narra con emozionante semplicità che spero di saper trasmettere nella recensione .   Grazie  Tommaso per tutte le emozioni che hai saputo donarmi .

Recensione

Quando si osserva una foto di famiglia, sembra il ritratto di una felicità invalicabile eppure questa è l’ennesima bugia della vita con l’intento di aggiungere le fallimentari illusioni di questo genere umano inerme e incapace di guardare oltre il proprio orizzonte . Ogni uomo si crea il proprio orto ma basta una pioggia di lacrime e sangue per sovvertire la sorte e assaporare un frutto intriso di morte che mai avrebbe creduto di mangiare . La morte non sfama anzi crea strappi laceranti di dolore e impotenza, anche se nella sofferenza l’essere umano sembra quasi riabbracciare quella perduta umanità . Ḕ in questo sfondo socio emotivo che ha inizio questa storia che attraversa tutto il Novecento fino ai nostri giorni con l’armatura rigogliosa e lucente della diversità . L’autore ci ricorda in queste pagine che la diversità e la normalità sono sopravvalutate, così come lo sono le parole nei confronti del maestoso silenzio . Esso ha una forma cangiante che diventa pericolosamente mortale non quando le parole dormono in gola ma quando serpeggia indisturbato nella relazione interpersonale facendo emergere il lento annegamento dell’estraneità . Nuotare fino alla prossima riva non sempre è una possibilità contemplata . Pietro e Lina sono i capostipiti della famiglia protagonista . Lavoratori onesti e sottomessi ai voleri del prete padrone , ognuno a loro modo sente intrecciare il filo invisibile della colpa che li soffoca inesorabilmente. Loro incarnano perfettamente il punitore di se stesso di terenziana memoria ma che colpa devono scontare ? Ḕ per questo che il diavolo della morte non smette di bussare alla loro porta . Se fosse veramente un angelo, gli regalerebbe il candore di un bambino . In un ritratto di realistica e dignitosa povertà il nucleo familiare ricorda nella drammaticità sociale quello di Belluca , immagine che ritorna più volte nel corso della narrazione . La piccola Rosa è il loro fischio . La possibilità di vedere il mondo con altri occhi e ascoltarlo con i suoni impercettibili ma intensi dell’anima . Rosa è un ‘orfana ed entra in famiglia per una prospettiva remunerativa che non fa scattare mai in loro un istinto genitoriale che nasce però con lo zio Martino perché l’amore non nasce dal sangue ma dalla propensione alla sensibilità . Martino è cieco , Rosa è sorda eppure costruiscono un canale comunicativo che riscalda il cuore come un fuoco nelle sere d’inverno . Rosa si ribella al pragmatismo delle parole e delle azioni genitoriali e ignara si rifugia nella profana sacralità ma è lì che scatta un’inaspettata trappola . La narrazione si sposta su Laura colei che come la figlia Francesca coniuga le due culture in collisione . Come far comunicare udito e silenzio se entrambi non vogliono sentire ? In una scrittura cinematografica l’autore s’annida nell’ uso quotidiano della LIS, permettendo al lettore una decifrazione emotiva dei segni seminati nella narrazione che nella loro tangibilità tracciano una mappa del cuore . Il romanzo tripartito vuole rappresentare la perfezione che però si cela nel candore della bellezza che solo l’imperfezione sa donare . Due mondi a confronto che si fronteggiano come eroi disarmati su genitorialità e abbandono. In un microcosmo sia ancestrale sia contemporaneo l’autore dà voce ai mille aratri , agli ossi di seppia e mobili in un climax di commovente liricità . Lo scontro genitoriale è tra madri sirene e padri ciclopi . Le prime ammalianti e iperprotettive centellinano il loro canto in ogni generazione , i secondi invece con la limitazione del solo occhio conoscono una sola realtà , una strada univoca che annulla ogni bivio . La lingua dei segni è il loro rombo di tuono . Ḕ come se l’autore avesse regalato un ritratto carnale al grido di rabbia dolore e abbandono cantato da Mia Martini né Gli uomini non cambiano . Non esistono idealizzazioni se il giudice è la cruda realtà, il branco è il simbolo della brutalità , il singolo della paura . Un romanzo sulla forza delle donne in cui però la sordità non è centrale ma strumento per analizzare l’evoluzione non tanto della LIS ma delle reazioni alla marginalità sociale e alla solitudine. Donne che si riscattano mentre un aereo sorvola il loro cielo donando una carezza nel vento , quello stesso vento portatore di segreti e di una nuova sfumatura d’amore intrisa di errori ma soprattutto di perdono .

Conclusioni

Un romanzo unico e toccante che tutti dovrebbero leggere perché fa bene al cuore .

Voto

5/5

Video

Correlati

Citazioni

Note

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.