La sconosciuta di Porta Venezia di Mauro Biagini

La sconosciuta di Porta Venezia

Milano, prima settimana di un agosto rovente. Il quartiere di Porta Venezia, solitamente così animato, è semideserto. A catturare l’attenzione di chi osa sfidare il caldo soffocante è un’affascinante sconosciuta, che si aggira per le strade avvolta da un alone di mistero. La sua improvvisa apparizione coincide con una sequenza di morti che insanguina la città, e non solo. Il primo a perdere la vita è Maurizio Del Fa, un affermato immobiliarista del lusso, investito una notte da un’automobile. Nel volgere di pochi giorni si susseguono altri decessi. Le cause non sono apparentemente riconducibili a circostanze criminose. Nel frattempo Delia, l’anziana e bizzarra magliaia di via Lecco con il “vizio” di improvvisarsi detective, è degente in ospedale a seguito di un intervento chirurgico. Ciascun visitatore, incalzato dalla sua fervida curiosità, la ragguaglia sugli eventi. Emerge che le vittime – chi nel presente, chi nel passato – sono tutte legate al microcosmo di Porta Venezia, di cui la magliaia conosce ogni segreto. Lei non crede al caso. È convinta che esista una sola mano assassina. Si confida con l’amico commissario Attilio Masini, ma il suo sospetto viene ritenuto da lui privo di fondamento. L’indagine è delicata, quasi impossibile. Eppure la magliaia Delia, dalla sua camera d’ospedale, riuscirà ancora una volta a risolvere l’enigma. E grazie al suo intuito e alla sua perseveranza, farà emergere una verità inattesa e agghiacciante.

Introduzione

Come dipingere i colori del mondo quando il dolore esistenziale ti fa comprendere che l’arcobaleno è sopravvalutato? Quando l’odore del sangue si mischia a quello delle lacrime alla ricerca di quell’attimo di pace che tarda ad arrivare. Se l’ossessione diventa la barca della salvezza in una coperta di luce e ombre, l’uomo prescelto schiavo della sua solitudine non può far altro che lasciarsi cullare dalla lenta ma feroce oscurità della notte.

Aneddoti personali

Conosco Mauro ormai da molto tempo e grazie alla magia creata con il suo libro precedente posso dire che è diventato uno dei miei amici più cari. Con lui e Crocefisso siamo un trio indissolubile. Ci lega un’amicizia profonda e vera e spero un giorno di poterli abbracciare dal vivo. Mi sento molto fortunato a essere amico loro ma soprattutto a essere circondato da anime sensibili. Tornando a Mauro voglio raccontarvi un simpatico aneddoto che ormai è diventato una sorta di rituale. Dovete sapere che lui prima di consegnare un testo a Michela l’editor della casa editrice lo legge tantissime volte, è giusto così ma quando sa che la copia cartacea è nelle mie mani vive con l’ansia che io possa trovare qualche refuso. Allora quando decido di leggere un suo libro lo chiamo sempre dopo le venti e gli dico per farti dormire sonni tranquilli sappi che ti sto leggendo. Mi diverto un poco a farlo agitare però poi tutto finisce in una grande risata perché stare con lui, è veramente piacevole e rigenerante. Sono veramente orgoglioso di Maurino mio perché mi ha sorpreso, ha ascoltato le mie piccole osservazioni sul romanzo precedente e ha svolto il grande passo. Il libro precedente l’ha amato tantissimo ma alla fine c’è un particolare a causa del quale ho pensato che la storia avesse il freno tirato. Gli dissi che poteva osare un po’ di più, che il lettore vero ama essere sconvolto emozionato. In sintesi doveva eliminare ogni paura e in questo nuovo libro ha compiuto finalmente il grande passo mostrando anche una straordinaria maturazione nella scrittura Il testo l’ho amato totalmente per le motivazioni espresse, per i temi trattati e per aver dimostrato ancora una volta quella spiccata sensibilità che gli auguro di non perdere mai. Sarò legato per sempre a questo libro per la storia e perché è stato un suo dono, anche se il regalo più bello l’ha ricevuto il giorno in cui è entrato nella mia vita .

Recensione

Ḕ una torrida giornata d’agosto e Milano indossa un abito un po’ retrò, le mani degli autisti non sono accarezzate da una folata di vento tanto che gomme e finestrini delle automobili sembrano attendere il suo funerale. Tutto stride perché dalle radio fuoriesce la voce di Alice che racconta con poetica vivacità la sua estate e la sua vita mentre la giovinezza è rappresentata pienamente nella sua fugacità come una macchina che sfreccia a tutta velocità nel misterioso bivio della vita e il muro delle certezze si frantuma come fiocchi di neve al contatto col sole. L’autore ci presenta un universo capovolto in cui il principe è il peggiore dei rospi, un regno dove le carte del re e della regina sono lievemente posate sul manto terreno e poi calpestate da un passo pesante e consapevolmente rabbioso. Carte che si mutano in fiori sulle tombe della morte descrivendo un percorso identitario commovente perché ogni ago può pungere, scuotere i corpi e le menti e far sgorgare quella malinconia racchiusa in una voce che da anni aspetta di parlare. La copertura dell’ignoto diventa un’ arma ulteriore per la giustizia del candore sopraffatta da un’atroce brutalità. E così il finale della favola è totalmente riscritto nella tragicità del vivere mostrando inconsapevolmente tutte le parole fuori posto e le note stonate che ancora una volta grazie a Delia trovano conforto nella lana del ricordo. All’interno delle pagine proprio come Perissinotto e D’Ettore l’autore invita il lettore a una cena di classe con delitto. Ogni comunicazione è annullata dal rancore che come una lama smuove i cardini del cuore. Il lettore segue intrepido l’autore come fosse una canzone di Murolo un mare in preda alla tempesta della sofferenza eterna e perenne con il sapore acre di una condanna. Ognuno ha il proprio cerchio concentrico da affrontare e purtroppo si comprende che nulla può evitare il morso di Cerbero perché esso è l’emblema del segreto del vizio che intrappola la nuda carne lasciando tracce indelebili nel personale inferno. In estate Porta Venezia è un quartiere afoso e solitario ma quell’anno lo è un po’ di più perché la magliaia Delia è in ospedale per un intervento di routine proprio mentre il suo quartiere scuote inaspettatamente la sua con ben quattro omicidi. L’espediente narrativo si rivela un’ottima trovata. L’immobilità ospedaliera ha, infatti, una duplice valenza permette una più acuta analisi psicologica sia del commissario Masini sia della cerchia di amici della magliaia ma anche dei molteplici personaggi concernenti gli omicidi che si susseguono. L’autore inoltre utilizza l’immobilità come una vera e propria finestra sul mondo in cui la realtà transitoria dell’ospedale dialoga a più voci con quella vivida ma monocorde del quartiere perché intrisa del sangue della vendetta. Nel romanzo si trovano elementi che rendono riconoscibile l’autore ma anche aspetti nuovi che mostrano una notevole maturità stilistica. Si parte subito con un incipit suggestivo e diversi passaggi cinematografici che avvolgono lo sguardo indagatore del lettore all’interno di un’atmosfera volutamente tetra e cupa. Lo stile mantiene la profonda leggerezza che lo contraddistingue come una carezza che si perde nel vento ma che si ritrova dopo un’estenuante ricerca. Nei vari capitoli con la sua sensibilità l’autore indaga e tratta tutte le sfumature del codice della violenza da quella domestica, al bullismo collettivo e informatico fino ad arrivare allo scherno. Un’opera di raffinata bellezza in cui la voce degli emarginati attua l’ultimo strozzato canto del cigno. Tutte le ferite si possono lenire ? Parlar d’amore è una vecchia storia soprattutto quando arriva a fondersi con la vendetta per questo la scrittura è la lente d’ingrandimento per i sentimenti repressi. Come in un verso di Dalida qualcuno continuaa contare i suoi autunni perdendosi nel volto di un uomo – bambino mentre l’ultima sigaretta della coscienza non smette di tingere di fumo l’aria e le redini del cuore .

Conclusioni

Un romanzo speciale a tinti noir che riesce a divertire raccontare la società nei suoi più neri seguiti e parlare all’anima.

Voto

5/5

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