Mondo è stato di Michele Burgio

Mondo è stato


Come mai a Serrapriola, immaginario paese siciliano, un crocifisso restaurato con le offerte dei fedeli non è più tornato al suo posto in chiesa? Una delle devote, l’ottantenne zia Nannina, pungola un giornalista in disarmo affinché talloni il parroco, padre Ramacca. E cosa succede nel gruppo di adolescenti detti I megli, ossia Gesualdo, Luca e i fratelli Rosario e Kevin? Vivono la noia, le prime esperienze mature e forse anche una storia d’amore, mentre comincia a circolare, insidiosa, la droga. Qualcosa sta sfuggendo al controllo di don Orazio Scuderi, boss della zona? Un giorno il giovane Luca scompare. Il maresciallo Maira e il sostituto procuratore Ammirata dovranno scegliere tra due strade opposte per arrivare alla verità. Fuori dal classico schema del giallo che vede un “eroe” risolvere l’enigma, qui è ciascuno dei protagonisti – e l’intera comunità dietro di loro – che alla fine giunge a conclusioni. Tutte diverse.

Introduzione

Nella sua grandezza il mondo talvolta si rivela infinitamente piccolo perché la linearità degli eventi colpisce inesorabile ogni sua parte con la cadenza di gocce   di   pioggia che ticchettano sui tetti e sui vetri la loro cantilena e stramazzano come foglie d’autunno. Nessuno s’interessa alla loro storia perché tutto cambia per non cambiare. La luce si alterna all’oscurità come amanti indicibili dalle stesse pelli che devono scavalcare il muro della vergogna.  Non si sa cosa ci sia oltre quel muro se il punto si possa trasformare in una virgola e librare libero nell’aria per aver raggiunto l’agognata felicità che sognava nell’intimità del cielo o della sua cameretta. Filtrazione di qualcosa senza tempo che si porterebbe con sé, anche se dovesse cambiare forma.   Spesso però per non far  scoppiare una tempesta si preferisce camminare sempre all’interno   di un recinto predefinito.  Le regole non sono però solo rispetto e obbedienza ma contengono al loro interno il seme della sovversione. Il resto è quotidianità che s’intreccia a verità romanzate per quieto  vivere perché lo sguardo osservando l’altro volto della luna resterebbe accecato.

Aneddoti personali

La prima volta che ho parlato con Michele, ho riso di gusto perché lui non si ricordava di me, nonostante vi assicuro ci fossimo visti all’interno dei corridoi universitari a Palermo. Lo perdono perché quei corridoi in certi periodi sono molto caotici e le persone talvolta si ammassano ed è impossibile ricordarsi di tutti. Mi auguro che ora non mi dimentichi più. Sono venuto a sapere della sua pubblicazione in estate durante una fiera letteraria, mi trovavo allo stand della casa editrice per abbracciare il mio amico Mario e mentre mi faceva assaggiare dei dolcetti abruzzesi, mi diceva che la prossima dalia mi sarebbe piaciuta parecchio. Devo dire che Mario ci prende sempre. I curatori della collana godono altresì della mia piena fiducia e vado veramente sul sicuro. Con questo testo che ho divorato, ho riscontrato tutti i motivi che mi hanno fatto innamorare a suo tempo del progetto, dopo due letture che non mi hanno fatto impazzire. Mi dispiaceva anche perché so l’impegno che ci mettono tutti loro nella scelta dei testi e per questo oggi sono ancor più felice di averli ritrovati. Approfondendo la conoscenza con Michele posso dire di avere un amico in più, è una persona cordiale simpaticissima, di grande spessore culturale e da molti mesi segue anche le mie recensioni e talvolta acquista i libri che consiglio, quindi ho anche questa responsabilità. La cosa divertente è che due amici cui ho consigliato il suo libro l’hanno già incontrato, io spero di rifarmi presto. Nonostante il rapporto d’amicizia io gli dissi che se il libro non mi fosse piaciuto glielo avrei detto senza addolcire la pillola, ma è veramente un romanzo inappuntabile molto godibile in ogni sua parte quindi mi auguro di saperlo raccontare come merita .

Recensione

Come raccontare con pennellate sicure quella terra di mezzo che studiosi definiscono adolescenza? Una spiaggia in cui talvolta diventare grandi è un miraggio perché si è invischiati in un inferno dalle sembianze di sinuoso paradiso. Pelle che non ha più odore né il salmastro dell’innocenza. Tutto succhiato da un demone che esplode come un vulcano nella stranezza di un atteggiamento, un grido di dolore confortato da fagocitanti carezze. L’ascolto delle amare lacrime riassunte in una sola frase che racconta un’altra percezione del tuo stesso universo. Un grande contenitore buio che ruba persino la fragorosa risata perché pur di non vedere momentaneamente la realtà s’inizia a pensare che quella sia soltanto una stupida fantasia della testa, l’ennesimo volo pindarico dell’immaginazione. Non si pensa che il volto della perdizione sia anche di chi dovrebbe illuminare la scia della verità Non, si ha la vista per osservarla nell’intimo, essa annebbia il cammino per non essere scoperta, per errare nell’eterno vagabondare. Si arriva a pensare che anche il singolo sia uno sbaglio perché nella nuda carne rappresenta il rovesciamento dello schema di ciò che è considerato universalmente giusto secondo il codice morale vigente. Tutto è una continua e lenta agonia, scappare prima che scoppi la bomba ma in un attimo avere la consapevolezza che si è ormai all’interno di un turbine in cui si confondono inizio e fine. Da una scrittura incisiva emerge una prosa accattivante che annida l’attenzione del lettore in un paesino che non esiste ma che potrebbe essere ovunque. La primavera si sta preparando a dire arrivederci a quel microcosmo cristallizzato. Un’ignara palla di vetro che nel capovolgimento non ha fiocco di neve alcuno ma inaspettate macchie di sangue che gridano una vendetta inesorabile. Mentre il paesino dell’entroterra inizia a essere inghiottito dalla calura estiva si tratteggia uno squarcio di quotidianità che vede i televisori sintonizzati sull’ennesima conduttrice che trasmette storie da tv del dolore, oppure la cinque millesima puntata di una soap opera dall’intreccio volutamente ingarbugliato, mentre lo scirocco canta la sua canzone di Eros e Tanatos, note tangibili di un frutto proibito. La ciclicità di polvere e noia è bruscamente interrotta dalla sparizione di un giovane. Questo è un escamotage narrativo che l’autore utilizza per mettere i restanti personaggi allo specchio facendo intravedere le ombre di loro stessi a confronto quasi per la prima volta con le loro coscienze. Tutti perdono miseramente, Nemmeno lo stesso Luca, il ragazzo scomparso si salva, perché non si parla di una vera assenza ma di un evanescente, ma allo stesso tempo concreta presenza. L’autore nella sua atipicità attua un dialogo tra vecchi e giovani ma entrambe le sfere generazionali restano a corto di parole, perché sanno che anche solo una di queste fuori posto si ritorcerebbe contro. Questo è un romanzo che si concentra sulle ripercussioni che parole e azioni possono avere sulle nostre esistenze. Pezzi di vetro che si trasformano in un altrettanto tagliente giudizio. Quest’ultimo è riscontrabile anche nella scelta della struttura. Il libro è costituito da nove capitoli, ciò richiama immediatamente i cerchi concentrici danteschi, anime sofferenti che tendono a coprire anche la vergogna per l’impurità degli atti commessi. C’è una giustificazione popolare “ mondo è stato “ segno indelebile di ciò che è stato e sempre sarà ma che non alleggerisce comunque la colpa. Una legge non scritta che governa il clima del cielo, della terra e decide talvolta anche le fosse. La scrittura è impregnata dai temi pasoliniane e sciasciane. Un plauso per i dialoghi perche sa essere introspettive e squarcianti come lame ma anche frizzanti come gazzose. L’autore presenta ai lettori il fardello alcottiano in chiave moderna attraverso il lato oscuro della tecnologia. Giovani che giocano a fare i grandi e adulti che non controllano gli impulsi della fatale attrazione oltrepassando insieme ogni limite e vedendo da vicino il volto dell’oblio. Gesualdo, Rosario Kevin e Luca sono un gruppo di giovani che in modo canzonatorio si tuffano alla scoperta di quel mondo che se non sai nuotare non ti fa riemergere. Tra partite alla playstation e tiri al pallone si cela lo sbandamento in cui non si riconosce più la differenza che intercorre tra divertimento e pericolo. Sergio è un giornalista appassionato che ama anche la buona cucina che indaga parallelamente al maresciallo Maira sulla scomparsa di Luca e di un crocefisso. C’è poi Roberto un ex promesso del calcio che allena i giovani del paese mentre tenta affannosamente di combattere i suoi demoni e Nannina, un’anziana devota che vive tra preghiere e pettegolezzi. Chi di loro avrà dato fastidio ai boss locali? La mafia è il vero mandante dei misfatti? Potrebbe essere questa volta la comoda coperta per insabbiare una verità ancora più insidiosa della comunità non può conoscere. Non esistono guide onniscienti ma umani con virtù e debolezze che si ritrovano inaspettatamente inchiodati alla croce delle responsabilità .

Conclusioni

Un giallo atipico che tratta un argomento di grande attualità che non faticherete ad amare per struttura e scrittura .

Voto

5/5

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