Ninna nanna delle mosche di Alessio Arena

Ninna nanna delle mosche

Il nord del Cile all’inizio degli anni Venti del Novecento è la terra promessa per una comunità di emigranti italiani. Minatori, che hanno colonizzato i villaggi di quella sterminata pampa. Gregorio Zafarone, operaio all’officina Porvenir, scrive per i suoi compagni analfabeti le lettere da mandare alle famiglie in Italia. Le sue, però, indirizzate a Berto Macaluso, giovane fornaio di Palmira, paese dell’entroterra lucano di cui sono entrambi originari non hanno mai ricevuto risposta, fino al giorno in cui tutto cambia. Le sue parole raggiungono Berto, chiuse in una busta in cui è intrappolata una mosca e lo spingono a partire per il Cile.

Introduzione

Una delle cose più difficili da spiegare sia agli altri sia a se stessi è la potenza dirompente dell’amore. Segue strade inimmaginabili ma sorprendenti che riempiono ancora migliaia di pagine, perché il sentimento che colora inaspettatamente albe, tramonti e notti è il vero motore del mondo. É come una coperta di stelle che fabbrica sentire a casa anche nella perduta vastità dell’ovunque, riscalda le stanche membra con un odore calmante e delicato che fa assaporare per la prima volta la possibilità di abbandonarsi. Una regola che la vita marchia sulla pelle è di essere sempre forti, perennemente guerrieri nel distruttivo schema un contro di tutti. Eppure è proprio in quel momento accecati da un dominio assoluto che si percorre strada la dilemmatica teoria dell’abbastanza che ci vede inevitabilmente sconfitti su ogni fronte. La strada del dubbio amletico è la nostra vera forza. Un’analisi soggettivamente analitica del nostro se per comprendere se la strada scelta è veramente l’unica via percorribile. Così corpo e anima si ritrovano a essere relitti barbaramente mutilati alla ricerca di un nuovo confine da disegnare tra mare, terra, cielo per appagare l’ardente fuoco della disperazione. Elementi che convergono in una preghiera universale, un canto unitario, un ululato strozzato alla luna di un lupo che vorrebbe ricongiungersi al falco perché la luna gli riecheggia ogni sera il suo volto. La vera libertà giungerà sulla Terra il giorno in cui quel lupo e quel falco saranno liberi di amarsi, perché l’amore non ha una forma specifica ed è in questo piccolo grande dettaglio che si cela la sua vera essenza. L’uomo come un cavaliere alla ricerca del Graal parte percorrendo i boschi ignoti del destino non sapendo n se troverà l’uscita, ma nemmeno tutti gli alberi e i fiumi del mondo lo smuoveranno dalla convinzione che oltre quell’uscita che sembra ancora un lontano miraggio c’è l’armonioso ingranaggio di un battito che lo sta aspettando .

Aneddoti personali

Questo libro ed io ci inseguiamo da qualche tempo e finalmente è arrivato il suo momento.   Un libro necessario che mi porterò tra le letture più belle ed emozionati svolte in questa  vita.   Ringrazio enormemente il mio grande amico Gigio    Carrino che un giorno me lo consigliò caldamente ma anche le mie amiche Costanza e Lia che in un recente pomeriggio trovandomi indeciso tra belle letture mi hanno consigliato con affetto questo testo Lo stesso affetto che ha contraddistinto questo trio speciale, spero di donarlo a tutti voi perché Ninna  nanne delle mosche è un libro che merita di essere nelle vostre case ed entrerà nei cuori di ognuno per restarci. Nonostante la drammaticità della storia raccontata, è un libro che mi ha regalato tanta serenità, come una fiaba della buonanotte che vorresti non finisse mai.  Un racconto orale nelle fredde serate d’inverno davanti  al fuoco.  Un romanzo che colpisce subito per la magia e la poesia intrisa in ogni pagina.    Dopo questa lettura sicuramente recupererò i precedenti scritti di Alessio e mi porto  nel  cuore la speranza d’incontrarlo per abbracciarlo e ringraziarlo per aver scritto questo gioiello.  L’unica cosa che mi dispiace è che è stato un viaggio troppo breve ma che non dimenticherò mai.

Recensione

La rima dei verbi amare e lottare non è casuale perché all’interno contengono una matrice combattiva e ribelle che è costretta a nascondersi alla luce del mattino muovendosi furtivamente con l’assenso della notte, come se in ogni più piccola azione ci fosse un errore, perché il soggetto è già egli stesso uno sbaglio. Se la vita è un diritto inviolabile, deve esserlo anche quello all’esistenza, perché la felicità non ha un solo colore. Ecco che per esistere alcuni sono chiamati a scendere in battaglia. Tanti sono Achille e Patroclo che sotto le mentite spoglie di una’amicizia nascondono qualcosa di più e si sacrificano per quella patria che non li riconosce celando nel cuore un sacrificio d’amore. Gregorio e Berto i protagonisti di questo romanzo, non hanno armature per difendersi e hanno imparato le regole della lotta sulla loro pelle, trovandosi invischiati nella fossa dei leoni. A quel punto non possono far altro che dare ai cacciatori la loro nuda carnalità. Carne strappata alla propria carne dove la mancanza non è un solo concreto pezzo, ma diventa in questo romanzo la linfa vitale per ricongiungersi alla totalità del tutto rappresentata da uno sguardo in cui specchiarsi e vedere finalmente la perfetta continuazione del proprio mondo. Gregorio e Berto non sono soli con loro impegnati nella stessa lotta civica, ci sono tanti exempla letterari come gli eroi omerici, Claudio e Franco i partigiani raccontati da Verri, Milos e Arsim di Statovci. Ognuno di loro che sia vera o intima combatte la propria guerra mostrando altresì in cielo un volto diverso della luna. Un altro candore possibile in quella società che costringe abitanti e città a vivere in una condizione d’invisibilità. Calvino ad esempio vedeva le città come una merce di scambio dando a quest’azione un significato importante che trova tanto nel concreto quanto nell’astratto la sua vera affermazione. Arena fa completamente suo questo concetto calviniano, non solo ambientando parte della sua storia a Palmira ma donandogli una nuova veste armonica. Nei ventiquattro capitoli l’autore racconta la traversata emotiva che i protagonisti compiono per rivedersi almeno un’ultima volta. Ogni confine geografico che si chiami Cile Basilicata o Napoli è universalmente marchiato dall’autorità fascista. Come Pollicino la strada di Gregorio è cosparso di briciole di pane per tenere vivo l’aroma della memoria. Berto Macaluso è un fornaio mentre Gregorio Zafarone è un minatore. Nell’analisi della condizione operaia del primo Novecento, l’autore inserisce una sfumatura in più. I due protagonisti rispetto al resto della popolazione sono istruiti, sanno leggere e scrivere. La letteratura ancora una volta diventa l’emblema attraverso cui secondo vox populi e l’eticità del tempo, l’eccessiva lussuria si tramuta in atto. Infatti, così come Paolo e Francesca vivono incessantemente in una bufera, il contrappasso di Gregorio e Berto è rappresentato dall’eterna fatica. Leggendo in chiave verghiana il personaggio di Gregorio si può dire che egli è descritto come un moderno Rosso Malpelo. Con quest’ultimo condivide il lavoro, il colore dei capelli e l’infanzia difficile, per questo lo scrittore decide che nell’oscurità delle caverne il giovane trovi sempre accesa la luce della speranza. Il romanzo è intriso di realismo magico perfettamente raffigurato attraverso le due figure femminili principali Assunta e Serafina rispettivamente suocera e moglie di Berto. Le due donne sono conosciute in paese come maciare in più Serafina è un’esperta ninnanannara, cioè culla anime in pena, oppure risveglia istinti troppo a lungo sopiti. Il personaggio può vivere solo di notte come la Gioiella grassiana e attraverso essa il lettore apprende il complesso linguaggio dell’attesa costituito da melodie ancestrali che si alternano a profondi silenzi. Il canto melodioso della sirena Serafina paradossalmente prende più vigore quando uno sciame di mosche invade la città. Esso è visto dalla gente come gli untori manzoniani, rappresenta il presagio di una sciagura che si sta per abbattere sulla popolazione Lettori e personaggi per comprendere e sfuggire a questa maledizione diventano anime di un circo itinerante dove aleggia indisturbato un verso di Cocciante, il diavolo fa meno paura perché è anche lui un attore che narra la miseria umana tra eccessi, vizi e virtù. Un romanzo che colpisce per uno stile intenso e poetico, una lunga ed emozionante fiaba senza tempo che ci ricorda che nessun essere vivente è nato per restare solo, c’è bisogno di una voce calda che risponda ai perché, una carezza che asciughi le lacrime che guidi nell’immenso tetto di stelle e che insegni a perdersi e ritrovarsi seguendo la musica del vento .

Conclusioni

Un libro che consiglio veramente a tutti perché di queste letture emozionanti c’è tanto bisogno

Voto

5/5

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