I giorni del mare di Pierre Adrian

I giorni del mare

È agosto, in Bretagna. Dopo molti anni, un giovane uomo torna nella grande casa di famiglia per passarvi l’estate. Nulla, in apparenza, sembra cambiato. Gli stessi sono i volti dei cugini e degli zii che ogni anno si ritrovano stretti intorno all’anziana nonna, stessi sono i giochi dei bambini più piccoli, stesso il mare impetuoso e irresistibile che lambisce gli asciugamani stesi al sole. Eppure qualcosa brilla nelle cose e nelle persone, la malinconia cristallina e dolce delle cose passate, la dolcezza delle cose familiari che si mischia al tempo imprevedibile del cielo di Brest, coprendo tutto di un significato nuovo. Tra pomeriggi in spiaggia, feste al porto, amori estivi e l’amicizia di un cugino più piccolo in cui il narratore si rivede, il tempo sta cambiando anche per lui. Con la fine dell’estate, verrà il momento di crescere e di diventare, dolorosamente, adulto.
I giorni del mare è un romanzo di intensità assoluta e profonda maturità stilistica, in cui la nostalgia per le cose perdute trascolora nella speranza di quello che verrà e nella rivelazione inaspettata di ciò che significa amare e appartenere.

Introduzione

Arriva sempre un momento in cui l’esistenza diventa eccessivamente caotica ed è implicitamente in quel prezioso istante che essa chiede di fermarsi. Nella fissità dell’istante la mente partorisce pensieri cervellotici e ingarbugliati che si raggruppano in una crepa sul tetto o un quadro sul muro per far comprendere che i dettagli salveranno l’uomo dall’imminente deriva ancora una volta. Le ramificazioni del cuore nascono da quel sussurro chiamato legame come un’eco di una voce familiare e lontana che oltrepassando il divario della distanza determina con uno sguardo la sfumatura di una’ emozione e la poeticità del ritorno.

Aneddoti personali

Ho conosciuto quest’autore grazie alla casa editrice che a Natale mi ha donato la copia. Ancora una volta la famiglia Atlantide punta su una voce giovane ma che sa toccare le corde del cuore con grande intensità. Mi sento altresì di ringraziare la mia amica Margherita Loy per le informazioni aggiuntive sull’autore che mi hanno aiutato ulteriormente a comprenderne la grandezza. Ḕ stata una lettura veloce ma molto emozionante. Parlo di dono perché mi ha colpito per lo stile maturo, una vera coccola per l’anima per questo spero un giorno di poterlo incontrare e abbracciarlo per tutte le emozioni che mi ha trasmesso .

Recensione

Attraversare la famosa terra di mezzo è proprio un faticoso mestiere che si perde nel riecheggiamento di un tempo ormai lontano. Nella sfumatura dei volti che subiscono un loro inevitabile mutamento, s’intrecciano anche la potenza rievocativa degli oggetti e la forza vivida dei ricordi annidandosi in una trama che guarda in cielo le nuvole cariche di pioggia e dipinge su di esse l’ingenuo ma spensierato sorriso di un bambino e così cangiando nuovamente la forma prova a curare il personale squarcio di solitudine. Un giovane senza nome in preda a una desertificazione emotiva racconta quella che probabilmente sarà la sua ultima estate in Bretagna. Il suo paesaggio emotivo è la perfetta descrizione di una canzone dei Righeira che esce dalle radio e non fatica a tramutarsi in parola, infatti, è il solito rituale in spiaggia di ombrelloni non ce ne sono più, l’estate sta finendo, sto diventando grande lo sai che non mi va. Il protagonista cerca altresì di godersi ogni attimo secondo le direttive edoniste di Lorenzo il Magnifico ma la trappola della fuggevolezza del tempo è sempre in agguato e così ogni sensazione d’umana allegrezza è intrisa di una non troppo velata malinconia. Un susseguirsi di personaggi affronta questo senso d’inquietudine opprimente a loro modo, forse la casa al mare non si potrà salvare ma le apparenze vanno salvaguardate sempre perché talvolta esse non sono una bugia ma un’autentica salvezza. Non è una precauzione nei confronti della morte perché quella si beffa sempre dell’uomo a volte, ritarda altre ancora arrivano e colpisce inaspettatamente, ma nei confronti degli affetti. Si ha la convinzione che ci penserà il destino a impartire dolore quindi si cerca di lenire la sofferenza. Per fronteggiare il male di vivere attuano l’affettuoso incantesimo della discrezione delle foglie d’autunno. Quest’aspetto percettivo nella sua vivida intensità impregna lo stile. L’uso della parola è articolato e poetico. Tutti questi elementi sono perfettamente mantenuti nella magistrale traduzione di Maria Sole Iommi. L’autore descrive paesaggi, persone ed emozioni con pennellate di toccante lirismo come un quadro che racchiude la raffigurazione di un’epoca. Un’abitazione estiva che nella sua fatiscenza ma anche solidità accoglie le molteplici generazioni di una famiglia. I membri sono perlopiù presentati dall’autore con il ruolo socio affettivo che ricoprono all’interno di questo microcosmo. In alcuni casi però l’autore per rilevare maggiormente un aspetto della personalità di un personaggio gli dona un nome. Ci sono un nonno marinaio che per tutta la vita si è vestito perennemente elegante, una nonna bambina nel corpo di donna, zio François il tuttofare, la pungente ma riflessiva zia Catherine e tantissimi altri zii e cugini tra cui spicca Jean. Il piccolo saggio che è la controparte del narratore. La voce s’incrina quando parla di Jean perché il protagonista è irrimediabilmente colpito dalla sua saggezza, ma ha anche paura per il vuoto nei suoi occhi in cui non smette di riconoscersi mentre tenta di essere un cugino divertente qualcosa d’inimmaginabile lo continua a tormentare. La costruzione in venti capitoli ricorda l’emblematico incipit di Nizan. Un romanzo famigliare che culmina in un commovente finale, mentre il mondo ferisce con la sua ciclicità perché un’altra estate è giunta, ma non è più la stessa e non è soltanto per le lacerazioni del cuore ma anche perché nel frattempo è mutato lo sguardo verso un altro implacabile orizzonte .

Conclusioni

Un libro magico che tocca abilmente e delicatamente le corde del cuore suscitando indescrivibili emozioni .

Voto

5/5

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