Si vede che non era destino di Daniele Petruccioli

Si vede che non era destino

La protagonista di questa storia prima è una bambina e poi una donna. Prima non riesce a comprendere l’enigma della sua gravidanza, poi la stranezza di suo figlio. Una bambina che per amore dei genitori rinuncia alle proprie visioni e una donna che per amore del suo uomo le ritrova. Questa bambina, questa donna, si chiama Maria. Seguendo una prospettiva delicatamente laica e dando voce femminile alla sua scrittura, Daniele Petruccioli riesce ad accostarsi al mistero senza cadere nelle facili suggestioni dell’irrazionale per ripercorrere, in modo inedito, una delle vicende cardinali della cultura occidentale: dall’annunciazione alla crocifissione.

Introduzione

Quante cose si credono da piccoli, poi però come un vento imprevisto arriva la realtà ad attuare la tempesta emotiva e muta tutt’intorno, creando una nuova simbiosi col mondo che sembra aver dimenticato le note della canzone ma in realtà riposa in un cantuccio del cuore in attesa che il corpo e l’anima siano nuovamente propensi ad ascoltare il melodioso canto. Un battito d’ali genera un turbinio di pensieri che si perde nella folgorazione di un ulivo alla perenne ricerca della pace e dell’origine del tutto. Nella convergenza del tempo d’inverno in un moderno focolare si attende la nascita della rigogliosa primavera ma nella consequenzialità dei nudi attimi ci si accorge con stupore e meraviglia che la storia delle storie non ha perso l’antico ardore. Emana ancora uno stupefacente calore, una carezza che lascia marchi indelebili sulla pelle e nell’anima mettendo in risalto l’autenticità del bene dialoga con ogni generazione nell’unico modo possibile con la misteriosa e dolce voce di una madre .

Aneddoti personali

Parto con lo ammettervi la mia iniziale diffidenza a questo testo, perche prima di tutto ho una conoscenza blanda delle Scritture e se mi fosse piaciuto come ve lo avrei recensito? A terrorizzarmi prima d’iniziare era anche il taglio e se fosse stato troppo ecclesiastico? Mi ricordo che nella telefonata che gli feci per gli auguri dell’ uscita del nuovo libro gli dissi : Daniè ma chi facisti ? Tipico costrutto siciliano per esprimere stupore quando qualcuno compie qualcosa d’inaspettato e ho scoperto che è stato un sentimento condiviso . La lettura è stata una vera magia, è un libro veramente adatto a tutti indipendentemente dalla religione. Non vi nascondo che durante la lettura ho pensato che mi piacerebbe che lo leggessero alcune mie amiche come Carmen S. Pina P. Stefania L. V. Francesca S. e tutti quelli che hanno una fede ben più salda della mia per un confronto perché quest’ultimo è costruttivo solo quando ci si trova su posizioni diametralmente opposte. Questo è un testo impregnato di teatro mediante canali introspettivi che incidono immancabilmente sui personaggi ma anche sull’autore stesso. È attraverso questo linguaggio che sia io sia l’autore, conosciamo molto bene che ho ritrovato in qualche modo la via di casa. Sarò legato per sempre a questo libro per due motivi interconnessi. Il primo perché è stato un meraviglioso dono del mio amico Dany e poi perché mi ha permesso di conoscerlo e abbracciarlo tante volte. La possibilità è stata il Saliber Fest di Salemi ringrazio di cuore gli organizzatori, ero molto emozionato non credevo che quello che prima avessi visto negli sceneggiati televisivi e poi grazie alle pubblicazioni diventato amico, fosse a pochi metri da me. Ḕ stato sorprendente scoprire che il mio personaggio preferito del libro, all’inizio non fosse nemmeno previsto. Si vede che era destino però che Elena bussasse alla sua porta e menomale perché ha donato al testo ancora più cuore e puro amore. Adesso è arrivato il momento di immergersi per l’ultima volta e provare a raccontare quindi si alzi il sipario

Recensione

Cantami o Diva del pelide Achille l’ira funesta e così si va anche tra queste pagine alla ricerca di trepidanti res gestae ma ci si accorge che la più grande delle imprese si annida all’interno della semplice quotidianità. Con il solo plot in qualche modo l’opera confuta il pensiero di Dalby. Non è centralizzante la sessualità di Omero ma diventa un exemplum pertinente nel momento in cui lo studioso britannico ha affermato che solo una donna avrebbe potuto tratteggiare così bene i personaggi femminili. Petruccioli in questo libro compie un’operazione maestosa dal punto di vista testuale riesce a intrecciare magistralmente, infatti, filologia e vita tracciando ai lettori una personale e innovativa esegesi delle emozioni. Addentra immediatamente i lettori all’interno della cultura ebraica del tempo non solo mantenendo intatte talune terminologie ma spiegando le tradizioni partendo dal nucleo fondante di una società cioè la famiglia. In una società di stampo patriarcale il matrimonio era una trattativa in cui l’uomo si trovava indubbiamente in una posizione vantaggiosa rispetto alla donna poiché per quest’ultima era soltanto un cambiamento di padrone cui essere sottomessa. L’autore però mantiene vigenti queste leggi fuori dalle mura domestiche della famiglia protagonista. Fin dall’inizio si manifesta, infatti, la volontà d’incentrarsi sulla diversità non come un marchio indelebile ma come una possibilità di riscatto non solo per i membri costituenti ma soprattutto per quelli che erano ciechi, inteso qui non come incapaci ma come chi non conosceva altro modo di vedere se non quello indottrinato. L’atipicità rappresentata da Maria, Giuseppe e Ieshua è vissuta come un morbus che ha però la forza di mutarsi in verbum e lasciare traccia del suo passaggio sulla roccia delle grotte e delle montagne. La parola in questo libro è ricamata sulla potenza del silenzio e sull’analisi fisiognomica. Il volto dei protagonisti è uno schermo che traduce ininterrottamente creando per loro un inaspettato canale comunicativo. Questo è un romanzo ricco di scosse, modalità in cui si acuiscono le crisi sia individuali sia collettive. Che cosa c’entrano i greci riecheggiati all’inizio della recensione? Entrano nella storia attraverso Elena . Una donna di origine greca che racconta le storie mitologiche ed epiche ammaliando non solo il giovane Ieshua ma anche Maria e i pastori. Cerca di far dialogare due culture diametralmente opposte sfruttando l’umana credenza. In questo testo i personaggi sembrano scendere dal cielo, diminuisce ma non si azzera la loro caratteristica divina, acquisiscono una maggiore carnalità e resta inalterata la loro grandezza. Così epica, vicende bibliche e romanzate s’intrecciano con De Andrè . quando nel 1970 quasi come fosse, una buona novella cantava: Non intendo cantare la gloria né invocare la grazia e il perdono di chi penso sia solo un uomo. Il Cristo delineato dall’autore è di stampo deandreiano, ne emerge, infatti, una personalità spiccatamente rivoluzionaria, tale aspetto non si basa sul divino ma sulle azioni compiute in mezzo al popolo. Nelle pagine il rapporto tra madre e figlio trasuda di commovente contemporaneità. Il romanzo è un ulivo non solo per il cantautore genovese ma anche per Cohen. Questo è, infatti, un testo polivalente abbraccia totalmente il percorso interiore svolto dal cantautore canadese nel 1984 tracciando una mappa emotiva che potesse far esprimere non solo le religioni ma anche la filosofia e l’animismo. Con questo libro nella sua visione laica è come se molti aspetti tornassero al proprio posto. Le donne acquisiscono una voce e un diritto d’esistenza e sia Elisabetta sia Maria Maddalena si confrontano diverse volte con Maria. La struttura tripartita del testo non richiama soltanto la matematica e la Trinità ma anche il ciclo vitale ed emerge il significato etimologico del tradurre. Tutti i personaggi coinvolti si confrontano con i loro sentimenti. Per Maria il romanzo rappresenta un viaggio alla scoperta della sua femminilità e maternità come un volo di donna nel cuore di bimba. Giuseppe è nella storia l’emblema dell’amore incondizionato, grazie alla forza dei suoi sentimenti riesce a vedere oltre la riva del fiume cosa c’è, rinuncia ad avere un figlio biologicamente suo ed è ripagato da un affetto appagante e celestiale. Con i loro discorsi e gesti è come se i genitori stessero scrivendo una lunga lettera al figlio in cui gli spiegano come funziona il mondo . Ḕ in questo magico filone che s’inserisce Elena. Un personaggio di fantasia che si prende il suo spazio spiegando al giovane Ieshua le mille sfumature dell’amore, lei che nel suo animo custodisce tutti i colori dell’arcobaleno e del buio. Lo fa attraverso un lungo monologo o parabola del dolore cicatrizzato in cui si cela tutta la teatralità e drammaticità del vivere. Nomadismo – Mercificazione del corpo – Levatrice in un climax struggente d’amore per un uomo, una figlia, l’atto del donare e tutto questo per dire che l’astrattismo del dolore e della perdita è una concreta bugia. Un processo teatrale che coinvolge anche l’autore. Fasi di estraniamento- annullamento e nuova immedesimazione che fanno emergere con pennellate delicate e poetiche la sua parte materna, permettendo di regalare ai lettori un romanzo commovente che come una nenia oltrepassa le pieghe del tempo.

Conclusioni

La storia della storia descritta con un taglio inedito e coinvolgente che emozionerà ogni lettore .

Voto

5/5

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