Il tormentato passo della neve.   Il De profundis di Jacques  Fersen nell’abisso di labbra d’amante

L’essenziale è invisibile agli occhi di chi guarda se non si riesce a riconoscere lo stesso dolore che tormenta segretamente. Voragine di urla e pianti che non hanno fine ma nemmeno un inizio. Perché l’origine del tormento nasce col sé, senza un vero perché. Si dice che quelle anime che continuano incessantemente a porsi domande siano le più gentili e profonde che lambiscono questo suolo chiamato mondo. Eppure baratterebbero anche un’ ora soltanto della loro esistenza per far spegnere quella voce dilaniante con un pizzico di fatata leggerezza. Lo scavo interiore fa sempre molto male perché fuoriescono spettri che s’immaginavano sepolti tra le pieghe del tempo. Non esiste peso più grande del sentirsi uno sbaglio condannando aspramente anche l’atto procreativo che ha permesso di nascere. Un canto di dolore, preghiera inascoltata di un uomo che inizia a pensare che il male di vivere abbia il suo volto. In ogni epoca c’è sempre qualcuno che si ritrova una lettera scarlatta sulla pelle come marchio di diversità. Un essere che non ha chiesto di entrare in una gabbia, non voleva una prova, bensì godere come tutti dell’alito di vita intrisa di gioie e speranza, ma ormai sono sepolte pure quelle, ora che i nudi piedi stanno raggiungendo l’anticamera della morte. Ḕ un passo, uno soltanto, lo ultimo il più difficile, il tormentato passo della neve. Essa cade come fiocchi plasmanti sul corpo nudo, vestito solo di fragilità. Confonde fino a barcollare ed è così che per evitare l’ennesimo sguardo, a testa bassa e flebile voce s’inizia a raccontare. Si riavvolge il nastro di una’esistenza. Le ultime ventiquattr’ore di Jacques Fersen. Un uomo i cui occhi hanno perso colore eppure attraversa il più pericoloso degli inferni: il suo. Non ci sono guide ne cerchi concentrici né fuoco tutto è spento, ma svolazzano leggiadre le anime di alcuni personaggi che hanno incontrato Jacques e animato le pagine della nostra Storia. La droga sembra giocare il suo ultimo tiro al più fedele dei clienti, prima che vada in porta, prima che accada l’irreparabile. L’autrice attraverso pennellate di raffinato classicismo come Dante fa parlare le anime e conosciamo i loro drammi quello delle signorine Wolcott- Perry, di Luisa Casati Stampa e, altri, ma Jacques è un moderno Enea, non sembrano ascoltare perché il suo anima cova qualcosa di più grande. Per lui una sentenza. Un nero abisso abitato da corvi. L’autrice analizza la fisiognomica dei corpi, traccia perfettamente la psicologia di questo complesso personaggio, con uno stile sorprendentemente poetico, onirico, intenso . a servizio di una magistrale biografia che si fa scrittura di vita e si perde nell’infinito oltre le stelle. Salvare un’anima dall’oblio della dimenticanza e dell’invisibilità, questo è il concepimento dell’opera che si dimostra ancora una volta di una disarmante attualità. Poco importa che Fersen e Kanakis si avventurino a Parigi, a Capri perché la geografia che ne emerge è quella interiore e il sentimento del bigottismo purtroppo coinvolge ogni luogo ancora oggi. L’isola di Capri è una contrastante metafora d’inclusioni ed esclusione. A volte come ci ricorda Conoscenti in un suo celebre scritto, basta perdere un aliscafo per sentirsi prigioniero, un esule senza patria che sprofonda nei cardini della solitudine. Un canto straziante di sirena che si perde nelle onde, in attesa che un’anima pia si fermi ad ascoltare. Jacques sembra aver perso il suo traghetto, una tormentata esistenza segnata dal canone del piacere e della bellezza tra vizi e virtù. L’autrice racconta la storia del barone Jacques Fersen, e la sua lotta per vivere un puro amore, una figura controversa della storia novecentesca, narra la triste e commovente parabola di un uomo omosessuale e cocainomane che accusato di pederastia e di aver organizzato feste orgiastiche, dopo aver scontato la pena, sta per tornare a casa. Un avvincente doppio sogno con gli uomini che ha amato di più. Un moderno Satyricon che tra efebi e cene succulente rappresenta l’emblema del desiderio. Eros e Tanatos giocano i dadi del destino mentre le tenere e accoglienti labbra d’amante si bagnano di champagne come fosse rugiada, impassibili, sospese, in attesa di una nuova alba che tarda ad arrivare .